A Bologna, dal 3 al 5 febbraio 2023, con preview il 2 febbraio ritorna Arte Fiera, 46° edizione. La grande novità è che quest’anno la fiera si riappropria della propria sede storica: i padiglioni 25 e 26, con comodo percorso pedonale da Piazza Costituzione. Il marchio JULIET vi partecipa nello spazio editoria: padiglione 26, stand A16bis. Unitamente a migliaia di copie della rivista Juliet che verranno diffuse a titolo promozionale nei giorni della manifestazione fieristica, allo stand Juliet saranno reperibili due prodotti editoriali di recente pubblicazione: “Tre bacche di rovo”, extra issue firmato da Roberto Vidali, e “Poligoni platonici” catalogo dedicato al lavoro di Carlo Fontana e corredato da testo critico di Gabriele Perretta.
Il fascicolo firmato da Roberto Vidali è l’ennesima testimonianza della “proteo-scrittura” che l’autore pratica fin dal 1980, alla ricerca di una terra dove ancorarsi, il che non va letto come motivo di immaturità o di evoluzione, ma di ricerca e di attenzione alla diversità. Questo testo mette insieme più modalità: una presunta tipologia da manuale di storia dell’arte (scorrevole e con analisi precise e puntuali dei fatti) con istanze da mente critica che conduce a paragoni tra situazioni simili e ad affioramenti nella contemporaneità, dove si trovano idee personalissime e riscontri soggettivi. Gli intrecci e i rimandi sono molteplici ed è sì questa una pratica diffusa all’interno della critica contemporanea, ma forse non praticata con una modalità così variegata, nel senso che il magma che affiora da questa narrazione indica dei pensieri ossessivi, sebbene non sempre gli esempi offerti o i punti di meditazione siano messi sulla carta per dare la certezza della risposta.
Uno dei temi ricorrenti dell’intero sviluppo narrativo, è quello della “classicità” ovvero di una possibile istanza classica presente nel mondo contemporaneo, un mondo che è stato costruito sui palazzi abbattuti dalle avanguardie storiche e di cui noi viviamo l’eredità. E quali sono le radici di queste avanguardie? Quali le radici della poetica di Duchamp e del successivo lavoro concettuale di Kosuth? Ecco, l’autore ci sottopone quattro nomi: Seurat, van Gogh, Gauguin, Cézanne. E approfondisce la loro importanza con la lettura di una singola opera. L’aspetto insolito di questo testo sono le note, una specie di racconto parallelo e di lunghezza pari a un quinto dei tredici capitoli in cui è suddiviso il libro. Le note non sono stilate in maniera accademica (con gli op.cit. e gli ibidem e il rinvio alle pagine specifiche), perché bisogna domandarsi: quanti sono quelli che nel leggere un saggio sentono veramente il bisogno di andare a cercare il confronto col testo a cui rinvia la nota?
Meglio, allora, una nota che aiuta ad approfondire o rinvia a un ulteriore collegamento invece di trovarsi alla sterile informazione di un titolo, di una pagina, di un anno di pubblicazione. Perciò, molte sono le domande che vengono poste e poche sono le risposte che vengono date, proprio per lasciare la possibilità a ogni lettore di cercare di proseguire con i propri piedi un percorso di approfondimento. Tutto ciò può essere utile, senza pretendere che il metodo sia democratico o partecipativo, perché ogni testo è, innanzitutto, una testimonianza del proprio pensiero, e questo testo firmato da Roberto Vidali non è da meno. Questa pubblicazione, con solo sette immagini che ne illustrano il percorso narrativo, dedica la copertina al lavoro di Antonio Sofianopulo, come modello ed esempio di una pittura che si fa punto interrogativo della contemporaneità.
“Poligoni platonici” è invece la quinta pubblicazione che Juliet Editrice dedica al lavoro di Carlo Fontana, con immagini commentate e testo critico di Gabriele Perretta. La prima testimonianza, prodotta da Juliet Editrice, ancora nel lontano 1999, fu un libro d’artista di formato quadrato, con copertina rossa e con testo introduttivo firmato da Roberto Vidali. Lì si parlava della natura figurativa dell’opera di Carlo Fontana, dell’uso quasi matissiano del colore, della scomposizione dell’immagine che era in debito con la poetica cubista della prima ora, ma ci soffermava anche a dare una giustificazione storica di un lavoro che di primo acchito poteva sembrare povero d’intenti e di idee, mentre dietro c’era tutto un percorso storico, una linea continua che procedeva dalle prime esperienze operate nel sociale e sul territorio, assieme al gruppo degli Ambulanti, nel corso degli anni Settanta. In questo caso, il catalogo, a parte un excursus storico di immagini (tutte spiegate ed analizzate con testi lapidari), propone solo un insieme di opere che dobbiamo prosaicamente definire astratto-geometriche e che fanno parte della più recente produzione dell’autore.
Gabriele Perretta, nel ricostruire il percorso di questo autore, parte dalla prima performance/azione conosciuta di Carlo Fontana: siamo nel 1974, nella caserma di Bolzano dove Fontana è costretto al servizio di leva e dove opera una denuncia in sintonia con il clima dell’epoca e di cui il titolo ne dimostra gli intenti: “Fate l’amore non la guerra”, dove solo la sottrazione di una virgola distingue questo titolo dallo slogan in voga negli anni Settanta e che si rifaceva alle guerre di liberazione del Terzo Mondo in secundis e alla guerra del Vietnam in primis, una guerra rovinosa che si concluderà appena l’anno successivo con il caotico ritiro dell’esercito degli Stati Uniti.
L’aggancio, sottolineato da Perretta, va poi, al 1975, con le prime azioni sul territorio di Napoli, progettate assieme al gruppo degli Ambulanti, dove le tessere di mosaico che l’autore distribuiva alle persone che lo avvicinavano, sono già anticipazione di quelle macchie di colore che oggi ritroviamo nei suoi quadri. Ora che la figura che Carlo Fontana interpreta (nelle sfilate del Quartiere Bagnoli di Napoli o di Piazza San Marco a Venezia) fosse quella dell’acquaiolo (di napoletana memoria) o fosse quella afro-napulitana di un povero portatore d’acqua, quello che conta è che il colore era testimonianza già presente e fondante fin da quei lontani anni Settanta, quando nell’arte internazionale il dominio maggiore era quello del bianco e nero (si pensi alle foto di Gilbert & George, di Bernd & Hilla Becher, di Urs Lüthi, di Joseph Beuys e così via). Insomma, visto che le novità all’orizzonte sono scarse, almeno due prodotti editoriali che suggeriamo come regali per le prossime festività pasquali.
Fabio Fabris
Info:
Roberto Vidali, Tre bacche di rovo
Juliet Editrice, dicembre 2022
extra issue Juliet n 210 / dicembre
progetto grafico di Piero Scheriani
Carlo Fontana, Poligoni platonici
testo critico di Gabriele Perretta
Juliet Editrice, gennaio 2023
progetto grafico di Piero Scheriani
is a contemporary art magazine since 1980
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