Zeitz Museum of Contemporary Art Africa (Zeitz MOCAA) è un’istituzione pubblica senza scopo di lucro che raccoglie, conserva, ricerca ed espone opere di artisti africani o della diaspora; progetta e ospita mostre internazionali; sviluppa programmi educativi e di arricchimento; incoraggia la comprensione interculturale e si adopera per la promozione culturale anche grazie ai laboratori e ai progetti di residenza per gli artisti che vivono a Città del Capo. Il progetto When We See Us, A Century of Black Figuration in Painting, inaugurato il 20 novembre del 2022, con il sostegno della Maison Gucci, è molto complesso e articolato, visto che presenta duecento opere di ben centocinquantaquattro artisti. L’apertura della mostra è stata preceduta da una serata di gala per una raccolta fondi a sostegno dell’attività promozionale ed educativa del MOCAA. La mostra è del tutto incentrata sulla pittura, in particolare su opere prodotte da autori a partire dagli anni Venti del secolo scorso.
Dobbiamo subito dire che non tutte le opere (e quindi non tutti gli autori) raggiungono un livello di maturità o di qualità che possa permettere un dialogo o un confronto con tantissime altre realtà di respiro internazionale, ma quello che conta, ovviamente, è lo sforzo che sta alla base della definizione di questo affresco monumentale composto da voci plurime. Certo, da questa lunga lista, pochi sono gli autori che sono già approdati sul mercato occidentale e che si riconoscono a colpo d’occhio (tra tutti ricordiamo i nomi di Willie Bester, Chris Ofili, Chéri Samba), ma tanti altri sono degni di nota o, perlomeno, hanno diritto di poter affermare la loro poetica oltre che il loro impegno ideologico. Come afferma Koyo Kouoh, direttore esecutivo e curatore capo di Zeitz MOCAA, “nell’ultimo decennio, la pittura figurativa di artisti neri ha avuto molti riscontri nell’arte contemporanea”, ecco perché un progetto che fonda le sue radici nella storia con l’intento di collegare più generazioni sulle varie nozioni di Blackness e Africanity cade proprio in un momento del tutto adeguato.
Il progetto parte da una mostra molto complessa, che si sviluppa in un catalogo (Thames & Hudson editori in cooperazione con Zeitz MOCAA) altrettanto ricco di informazioni e di approfondimenti, per poi collegarsi a una serie di incontri e dialoghi pubblici che esploreranno l’autorappresentazione nera, le soggettività nere globali e la coscienza nera da prospettive panafricane e pandiasporiche (dialoghi e approfondimenti che verranno tutti archiviati sul canale YouTube del Museo). Inoltre, il progetto non solo ha voluto riunire opere d’arte degli ultimi cento anni, di artisti neri che lavorano a livello globale, ma ha voluto metterle in dialogo con i principali pensatori, scrittori e poeti neri che sono attivi oggi.
Inoltre, la mostra celebra il modo in cui gli artisti africani hanno immaginato, commemorato e affermato esperienze africane e di discendenza africana, contribuendo peraltro al discorso critico sulla liberazione africana e nera, e sui movimenti intellettuali e filosofici che operano sullo sfondo. Il titolo della mostra è ispirato a When They See Us, una miniserie televisiva di solo quattro puntate, datata 2019, firmata dalla regista e sceneggiatrice Ava Marie DuVernay, nella quale si faceva il punto sulla storia vera di cinque adolescenti del quartiere di Harlem (New York) ingiustamente accusati di stupro e percosse nei confronti di una donna bianca. La mostra, spostando l’attenzione dal “loro” (gli altri, intesi genericamente come gli uomini di potere, i prevaricatori, i manipolatori della storia e della verità) al “noi” (i popoli del riscatto, in questo caso i popoli neri, siano questi residenti in Africa oppure siano discendenti della diaspora o siano semplicemente emigrati in altri paesi) celebra la resilienza, l’essenza e la carica politica della gioia nera, delle sue radici e dei suoi valori, il tutto nella visione di un riscatto e nella consapevolezza che il continente africano nel corso di questo secolo quasi quadruplicherà la sua popolazione. La mostra è organizzata attorno a sei temi o sezioni: The Everyday, Joy and Revelry, Repose, Sensuality, Spirituality, Triumph and Emancipation.
Tandazani Dhlakama, co-curatore della mostra e assistente curatore presso Zeitz MOCAA, ci ha rilasciato questa dichiarazione: “When We See Us: A Century of Black Figuration in Painting, un’esplorazione completa dell’autorappresentazione nera attraverso la ritrattistica e la pittura figurativa, si basa su un quadro teorico e storico approfondito. La mostra è preceduta da una serie di seminari critici con i maggiori specialisti della materia. La pittura figurativa di artisti neri è salita a una nuova importanza nel campo dell’arte contemporanea nell’ultimo decennio. Questa mostra collega queste pratiche e rivela i contesti e le reti storiche più profonde di una genealogia complessa e sottorappresentata derivante dalle modernità africane e nere. La mostra celebra la soggettività nera e la coscienza nera da prospettive inclusive panafricane e pandiasporiche in opere d’arte prodotte dagli anni Venti a oggi, mettendo in primo piano il modo in cui gli artisti africani e della sua diaspora si sono immaginati, posizionati, commemorati e affermati. Dimostra come artisti di svariate generazioni si siano impegnati in modo critico nel progettare molteplici nozioni di Blackness e Africanity. Abbiamo lavorato a un catalogo poetico con copertina rigida, curato da Koyo Kouoh. È riccamente illustrato con tutte le opere selezionate per la mostra e include un mio saggio, oltre a quattro testi appositamente commissionati ad acclamate scrittrici Ken Bugul (Senegal), Maaza Mengiste (Etiopia), Robin Coste Lewis (Stati Uniti) e Bill Kouelany (Repubblica del Congo). Il catalogo contiene anche brevi biografie di ogni artista. Non solo nel mentre la mostra è ancora in corso di svolgimento, ma anche quando questa sarà chiusa, l’intento è quello di promuovere un coinvolgimento più profondo attorno alle opere esposte e ai temi proposti. Un modo in cui lo stiamo facendo è attraverso When We See Us: Webinar Series; si tratta di un programma discorsivo parallelo che fornisce inquadrature teoriche del progetto e viene presentato come una serie di webinar della durata di un anno, ed è concepito in collaborazione con l’Institute for Humanities in Africa (HUMA) presso l’Università di Cape Town (UCT)”.
In fine, per non fare torto a nessuno, riportiamo la lista completa degli autori invitati: Nina Chanel Abney, Olusegun Adejumo, Tunji Adeniyi-Jones, Njideka Akunyili Crosby, Maxwell Alexandre, Tiffany Alfonseca, Benny Andrews, Anjel (BorisAnje), Cornelius Annor, Gideon Appah, Michael Armitage, Johnny Arts, Malang Badji, Firelei Báez, Romare Bearden, Tizta Berhanu, Willie Bester, Gerard Bhengu, Wilson Bigaud, John Thomas Biggers, Amoako Boafo, Kwesi Botchway, Marcus Brutus, Margaret Taylor Burroughs, Dominic Chambers, Chéri Chérin, Kudzanai Chiurai, Peter Clarke, Eldzier Cortor, Somaya Critchlow, Beauford Delaney, Elladj Lincy Deloumeaux, Aboubacar Diané, Aaron Douglas, Gervais Emmanuel Ducasse, Edouard Duval-Carrié, Ibrahim El-Salahi, Ben Enwonwu, Esiri Erheriene-Essi, Patrick Eugène, Scherezade García, Ablade Glover, Gherdai Hassell, Barkley L. Hendricks, Lubaina Himid, Albert Huie, Clementine Hunter, Kudzanai-Violet Hwami, Gavin Jantjes, William H. Johnson, Charles Kamangwana, Kangudia, Ibrahima Kébé, Amon Kotei, Joy Labinjo, Wifredo Lam, YoYo Lander, Akinola Lasekan, Jacob Lawrence, Petson Lombe, Sahara Longe, Zemba Luzamba, Danielle McKinney, Mustafa Maluka, Marvelous Mangena, Armando Mariño, Arjan Martins, No Martins, Wangari Mathenge, Neo Matloga, Raphael Adjetey Adjei Mayne, George Mbugua, Kivuthi Mbuno, Zachariah Mbutha, Luis Meque, Roméo Mivekannin, Sungi Mlengeya, Sphephelo Mnguni, Moké, Meleko Mokgosi, Archibald J. Motley Jr., Richard Mudariki, Geoffrey Mukasa, Cinthia Sifa Mulanga, Theresa Mungure, Lavar Munroe, Ian Mwesiga, Cassi Namoda, Eric Ndlovu, Chemu Ng’ok, Malangatana Valente Ngwenya, Nicholous Njau, Thenjiwe Niki Nkosi, Eria Nsubuga ‘Sane’, Nestor Vuza Ntoko, Boris Nzebo, Antonio Obá, Antoine Obin, Philomé Obin, Télémaque Obin, Abe Odedina, Toyin Ojih Odutola, Fred Oduya, Chris Ofili, Augustin Okoye, Kambui Olujimi, Eniwaye Oluwaseyi, Bruce Onobrakpeya, Richard Onyango, Marc Padeu, Zéh Palito, Emma Pap’, Karl Parboosingh, George Pemba, Thebe Phetogo, Naudline Pierre, Prosper Pierre-Louis, Horace Pippin, María Magdalena Campos Pons, Otis Kwame Kye Quaicoe, Robert Saidi, Chéri Samba, Kingsley Sambo, Cinga Samson, Mmapula Mmakgabo Helen Sebidi, Gerard Sekoto, Tschabalala Self, Amy Sherald, Devan Shimoyama, Monsengo Shula, Alexander Shyngle, Sthembiso Sibisi, Ancent Soi, Olivier Souffrant, Moustapha Souley, Pamela Phatsimo Sunstrum, Nirit Takele, Matundu Tanda, Henry Taylor, Alfred Thoba, Mickalene Thomas, Bob Thompson, Edward Saidi Tingatinga, Katlego Tlabela, Cyprien Tokoudagba, Mose Tolliver, Zandile Tshabalala, Didier Viodé, Sane Wadu, Charles White, Kehinde Wiley, Richard Witikani, Lynette Yiadom-Boakye, Daniela Yohannes.
Roberto Vidali
Info:
AA.VV., When We See Us
20/11/2022 – 3/09/2023
Zeitz MOCAA
Cape Town, Sud Africa
zeitzmocaa.museum
V&A Waterfront Silo District
S Arm Rd, Waterfront
Cape Town, Sud Africa
È direttore editoriale di Juliet art magazine.
Carolina Franza
14 Dicembre
Molto interessante.