Lo sappiamo: c’è la pandemia. Mostre, fiere e premi hanno traslocato sul web. Le modalità di fruizione si sono adattate. Che ne è, dunque, di Sprint 2020? Il salone dell’editoria indipendente e dei libri d’artista meneghino ha dovuto spostare, a fronte degli ultimi DPCM, parte della propria programmazione online. Tra i partecipanti che hanno accolto questa sfida virtuale c’è anche BRACE BRACE, l’artist run space di Francesca Finotti, Francesco Paleari e Cecilia Mentasti. Inizialmente nato come studio di artisti, fin da subito si è trasformato in spazio espositivo indipendente (e irriverente), luogo d’incontri e convivenze, la cui volontà è quella di instaurare discorsi condivisi tra ospiti e artisti ospitati. Tutte le mostre, dunque, sono organizzate come progetti site-specific strutturati nel tempo della collaborazione e del dialogo e il gruppo curatoriale partecipa a ogni aspetto della realizzazione. Non una galleria, non un semplice project space, BRACE BRACE è un covo di artisti per artisti, che esce dalle logiche di mercato per entrare in quelle di una ricerca libera e caparbia e realizzare progetti altrove non voluti o impossibili.
Verrebbe da chiedersi che cosa ci faccia uno spazio simile al salone dell’editoria. La spiegazione risiede nell’approccio adottato dal team curatoriale, formato da personalità che provengono da ambiti e discipline differenti. Tale interdisciplinarietà lo porta a farsi ponte per possibilità di contaminazioni. Ogni esposizione, dunque, ha un approdo cartaceo, che non è mai un semplice corollario, ma un arricchimento dotato di una propria identità. Questi contributi sono possibili grazie alla collaborazione di Simone S. Melis, graphic designer, co-fondatore di Hund Studio, che si occupa della grafica del gruppo di via Termopili.
Dunque BRACE BRACE partecipa a Sprint 2020. Come? Con la sua prima collettiva: il 28 novembre ha inaugurato virtualmente A political statement visibile sul sito dell’artist run space fino al 13 dicembre. Si tratta di una mostra web site – specific progettata da Ernesto Bellei, web designer e co-fondatore a sua volta di Hund Studio. L’esposizione occupa la pagina, trasformandola in uno spazio espositivo e obbligando chiunque vi si trovi a visitarla. Non si può entrare altrimenti: una volta dentro si deve andare fino in fondo; una volta arrivati alla fine non si può tornare indietro. Gentili ospiti o malcapitati ostaggi ci si scopre intrappolati in un’esperienza estremamente connotante e connotata: 3 minuti e 34 secondi, 2 video-opere.
Rondini di Ginevra Dolcemare (Milano, 1994) è girato sul belvedere di una città inizialmente senza nome. Più che un corto è una poesia in capitoli, dove gesti, suoni e sguardi si impadroniscono dei versi. Si fa sera, qualcuno danza, qualcuno dorme, un bambino lancia in aria una manciata di petali. Uno stormo di rondini attraversa il cielo. Il tempo pare sostare su una panchina: ogni istante ha la potenza di un big bang. Le azioni più piccole, quelle frazioni di istanti celate in un battito di ciglia, valgono più di mille parole. Ciò che conta è saper osservare, saper cogliere ciò che l’esistenza custodisce nelle relazioni.
Più schietto ma altrettanto d’impatto è This political statement is a suggestion of how a political statement should now be di Guildor (Milano 1983), che riflette sul luogo e il ruolo dell’assertività individuale nello spazio pubblico e virtuale. Come deve essere oggi una dichiarazione politica? A chi deve essere rivolta? Tutto il video è giocato sullo iato tra presenza fisica e fruizione da remoto, aspettativa e risultati inattesi, tentativi di decifrare e negare qualsiasi risposta certa. Il pubblico è chiamato in causa in prima persona: attore e destinatario di una pièce che tocca a lui scrivere.
Compare poi l’immagine digitale di un comunicato stampa accartocciato. Cliccandoci sopra viene scaricato in automatico un pdf che contiene due elenchi bibliografici. Il contributo critico del team consiste in una bibliografia strutturata insieme a ciascun artista e offerta in dono al visitatore, come apertura a una lettura a tutto tondo delle opere. Anche sul web, anche nella solitudine dei musei chiusi e delle gallerie vuote, BRACE BRACE si fa promotore di modalità alternative di resistenza. A political statement indaga il concetto di politica come scelta etica consapevole, come possibilità del singolo di avere attrito sulla realtà, di prendere posizione. Compito dell’arte è uscire dalla corrente obbligata, scardinare con la forza della ricerca qualsiasi verità unidirezionale, per aprire nuove strade e indicare nuove vie. Progetti impossibili, azioni di resistenza, dichiarazioni politiche per spiriti liberi: vi può essere sempre il rischio che ogni scelta individuale venga riassorbita dal sistema, ma vi è altresì la consapevolezza che niente è più politico di fermarsi a guardare le rondini, scriversi addosso le proprie idee o dare consigli di lettura. Non c’è nessuna rivoluzione! La rivoluzione siamo noi (come diceva Joseph Beuys)!
Marta Orsola Sironi
Info:
“A political statement”, BRACE BRACE per Sprint Milano 2020, copertina del progetto
Ginevra Dolcemare,“Rondini”, still da video, 2020
Guildor, “This political statement is a suggestion on how political statement should now be”, still da video, 2020
“A political statement”, BRACE BRACE per Sprint Milano 2020, bibliografia a cura di BRACE BRACE, progetto grafico di Simone S. Melis (Hund Studio)
Marta Orsola Sironi è una critica e curatrice indipendente di base a Milano. La sua pratica curatoriale parte dal concetto di archivio, suo principale oggetto di studio, che viene esteso a una riflessione sulla trasmigrazione delle forme all’interno della cultura contemporanea. È tra i fondatori del project space co_atto, del quale è curatrice. Collabora come contributor con diverse riviste scrivendo di artisti emergenti e spazi indipendenti. Ha studiato con Martina Corgnati presso l’Accademia di Belle Arti di Brera e lavora come storica dell’arte e archivista, focalizzandosi soprattutto sugli anni Cinquanta – Settanta del Novecento.
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