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Adelisa Selimbašić e Sara Lorusso. Fu desiderio ch...

Adelisa Selimbašić e Sara Lorusso. Fu desiderio che infine prende forma in un corpo

Che fine ha fatto la carnalità dei corpi nell’era dei filtri di Instagram e come si costruisce l’identità dell’individuo nell’epoca del desiderio standardizzato? Esiste (è mai esistita?) una rappresentazione della corporeità libera da standard estetici, sociali e culturali? Suggerisce questi interrogativi la mostra “Fu desiderio che infine prende forma in un corpo”, visitabile ancora per pochi giorni a Bologna negli spazi di Adiacenze, che mette in scena un riuscito dialogo tra due giovani artiste, la pittrice Adelisa Selimbašić (1996, Malsch Karlsruhe, Germania) e la fotografa Sara Lorusso (1995, Bologna), le cui rispettive poetiche sono accomunate da un’analoga ricerca di “verità” della fisicità femminile, che per entrambe è inscindibile dalla componente affettiva, emotiva e sensuale.

L’allestimento, molto scenografico soprattutto nello spazio sotterraneo dove le immagini pittoriche e fotografiche a grandezza naturale sembrano fluttuare nella penombra, asseconda il dialogo con accostamenti che enfatizzano specificità e differenze nei due diversi approcci, che risultano reciprocamente potenziati da questa sinergia. Il titolo della mostra, un verso tratto dal poemetto Non sempre ricordano di Patrizia Vicinelli, il cui mantra ricorrente era “vita uguale opera”, istituisce un parallelismo inverso tra l’attitudine della poetessa e performer bolognese a incorporare nelle proprie tragiche psicomachìe le istanze più autodistruttive della generazione perduta che attraversò dolorosamente il versante tra anni Settanta e Ottanta e la propensione delle due artiste a recepire tale necessità di incorporazione come costruttiva opposizione all’omologazione estetica dominante.

La pittura di Adelisa Selimbašić indaga la presenza fisica femminile per restituire alla normalità gli scollamenti da un canone culturale prestabilito in base al quale tali specificità, come cicatrici, smagliature o altre imperfezioni epidermiche, vengono generalmente considerate difetti. Le donne da lei ritratte combattono «l’illusione di una identità di genere fissa e determinata, e del corpo come medium passivo segnato da essa[1]» e si fanno portavoce di una lotta di liberazione di tutti i corpi e generi dalle discriminazioni che assume un valore etico e contro-culturale. Le protagoniste dei suoi dipinti sono donne reali le cui sembianze sono tratte da ricomposizioni mentali di immagini fotografiche da lei scattate, oppure trovate nel web, in cui i segni del corpo e l’indeterminatezza di certi dettagli evocano emozioni e storie. Spesso i volti eccedono dalla superficie pittorica oppure sono appena accennati da pennellate sommarie che abbozzano più uno stato d’animo che una connotazione e anche il corpo è prevalentemente alluso per frammenti, che incoraggiano l’osservatore a immaginare l’insieme, inteso non nella sua coerenza figurativa, ma come nesso simbiotico tra esteriorità e intimità. Le stesure di colore (fluide, sfumate, visionarie) assolvono sia la funzione strutturale del disegno e sia manifestano il piacere dell’artista nel rilevare la costitutiva mutevolezza di una forma sempre viva e appassionata che si proietta nel campo visivo di chi guarda con una plasticità quasi tattile.

Le fotografie di Sara Lorusso, che apre il percorso espositivo con una tenda-diaframma attraversabile su cui campeggia l’iconico bacio di una giovane coppia, mettono in atto un’esplorazione della dimensione più privata dei soggetti ritratti, in cui la volontà di mostrare senza filtri e inibizioni anche ciò che normalmente viene considerato tabù (come l’amore LGBTQ+ o la sessualità femminile) si coniuga con un approccio di rara delicatezza. Anche nel suo caso la rappresentazione del corpo è strettamente connessa all’affermazione di un’identità che, come tale, non deve essere mai limitata o mortificata e per questo va mostrata senza imposizioni estetiche di stampo culturale. Le immagini esposte mostrano coppie omosessuali, reclutate dall’artista tramite una call nel corso del progetto Love is Love (che ha debuttato a Milano in occasione della Pride Week 2019), scambiarsi effusioni nel contesto della loro quotidianità e dettagli di corpi femminili le cui peculiarità vengono impreziosite da elementi sovrapposti, come merletti, fiori o altri oggetti caricati di valenza simbolica. L’atmosfera soffusa che avvolge allo stesso modo le carni e gli oggetti, uniformandone la texture superficiale, sembra voler erigere una barriera protettiva che impedisce allo sguardo giudicante di penetrare, suggerendo come nell’intimità degli altri occorre sempre affacciarsi con rispetto e discrezione. Lo sguardo amorevole dell’artista fa dischiudere i suoi soggetti come se fossero petali di fiore rinvigoriti dalla pioggia e riesce a mettere a nudo con disarmante sincerità il loro io più profondo.

[1]http://www.arte.it/calendario-arte/milano/mostra-adelisa-selimba-i-non-ci-incontreremo-mai

Info:

Adelisa Selimbašić e Sara Lorusso. Fu desiderio che infine prende forma in un corpo
22/09-27/10/2022
A cura di: Laura Rositani e Adiacenze
Adiacenze
Vicolo Spirito Santo 1/B, Bologna
ORARI: mar-sab, 16.00-20.00 (mattina su appuntamento)
www.adiacenze.it

For all the images: Adelisa Selimbašić e Sara Lorusso. Fu desiderio che infine prende forma in un corpo, installation view at Adiacenze, courtesy the artists and Adiacenze


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