Sono le due sale del primo piano del Castello di Rivoli a fare da inimitabile palcoscenico a “Agnieszka Kurant. Crowd Crystal”, solo-show dell’artista concettuale polacca Agnieszka Kurant (Lódz, 1978). Come suggerito dal titolo, lo scheletro della mostra viene costruito attorno al concetto di “crowd crystal” (cristallo di massa), introdotto da Elias Canetti nella sua “Massa e potere” (1960), all’interno della quale, nel lasso di tempo di una vita (38 anni), l’autore si cimenta in un’analisi anticonvenzionale e metaforica dei concetti di massa e potere tra le più variegate forme e culture. Ecco dunque che, tra la molteplicità di tipologie descritte, si fa spazio quello di “cristallo di massa”, identificato come quella particolare categoria costituita da una moltitudine di individui ognuno dei quali con una propria attribuita attività. Il cristallo di massa trova dunque il suo limite in “estensione” non tanto in termini spaziali quanto negli stessi membri che lo compongono.
Sulla base di una simile teorizzazione Agnieszka Kurant riesce a strutturare una narrazione complessa e ramificata volta, in generale, a puntare i riflettori sulla costante interazione e compenetrazione dei livelli micro e macro, non limitando la sua ricerca sulla base di categorizzazioni stantie ma facendo risaltare le sue opere come il risultato della commistione tra le molteplici sfere costituenti il creato, dal regno umano, animale, batteriologico fino al digitale. Ed è proprio questa complessità inarrestabile di interazioni tra livelli differenti a rappresentare un punto chiave della sua cifra stilistica e di cui le opere presentate si pongono come un’esemplificazione lampante. A tal proposito, uno dei primi lavori con cui ci si interfaccia è proprio “Chemical Garden”, un concentrato di sodio, silicato, rame, nichel, cobalto, cromo, manganese, ferro e sali di zinco, capace di riprovare come dalla compenetrazione e continuo scambio di elementi inorganici si possa dar vita a materiale, invece, vitale e organico dalle sembianze vegetali.
Quello che Kurant riesce abilmente a mettere in luce tramite questa variopinta gamma di ramificazioni è proprio una messa in discussione dell’interpretazione neo-liberale del concetto di crescita basato sul lineare, continuo e frenetico processo di sfruttamento umano di risorse, evidenziando quanto una simile costruzione sia inappropriata nel rappresentare quelle dinamiche evolutive che vengono invece colte dall’artista sulla base di sistemi di crescita del tutto multidirezionali. Kurant sembra dunque voler porre l’accento sull’esistenza e messa in pratica di modelli di coesistenza tra sfere del creato differenti, rallentati e meno totalizzanti rispetto al paradigma dominante.
Un’altra tematica centrale nella pratica concettuale dell’artista polacca è da ricercarsi, oltre che nel concetto di sistema, nella propensione della collettività umana a lasciare una propria traccia. Un qualcosa che emerge in maniera e con forza differente nelle altre opere presenti in mostra, quali anzitutto le due sculture della serie “Post-Fordite”. Queste sono state realizzate mediante l’accumulo di quel tipo di vernice automobilistica nota come Fordite, prelevata da una moltitudine di fabbriche abbandonate e presentandosi agli occhi dell’osservatore come materializzazione delle impronte lasciate nel corso del tempo dalla massa indistinta di lavoratori. Ma ecco che appoggiata alle pareti si colloca la serie di sculture “Adjacent Possible”, capaci di emanare, sia per connotazioni estetiche e sia per ricerche teoriche sottostanti, un’aurea dal sapore primordiale, nonché di stabilire un dialogo – a tratti sia di fluida omogeneità e sia di violenta interruzione – con i delicati motivi decoranti lo spazio circostante. Le sculture in pietra di Luserna sono state elaborate sulla base di una riflessione condotta sulla scoperta di 32 segni risalenti al Paleolitico da parte della paleoantropologa Genevieve von Petzinger. Collaborando dunque con gli scienziati sociali computazionali LeRon Shults e Justin Lane, l’artista ha applicato una rete di intelligenza artificiale neurale a un archivio fotografico contenente una moltitudine di combinazioni dei sopracitati simboli per andare dunque a generare un vero e proprio insieme alternativo di segni. Questi sono stati riportati su pietra mediante l’impiego di pigmenti di colore contenenti batteri mutati con geni di coralli, meduse, muffe e così via. Pigmenti dunque quasi animati, in grado di determinare con la compartecipazione tecnologica l’esito della forma segnica finale.
Sorvolando, per quanto possibile, sulla complessità del processo creativo nonché sull’abilità di saper conciliare ed estendere la propria pratica artistica con un’ampia varietà di competenze, solo in apparenza lontane, non si può che restare ipnotizzati dinnanzi ai lavori. Quello che viene elaborato e proposto è infatti un autentico interrogarsi su quali avrebbero pututo essere i percorsi di evoluzione alternativi della civiltà umana se, come base di partenza, ci fosse stato un sistema di simboli e comunicazione differente. Di nuovo, un riflettere sulle potenzialità di sviluppi non lineari e alternativi nonché sulle tracce lasciate della collettività all’interno di un sistema, il tutto compresso in un nucleo di opere dalla forza travolgente. Su questa stessa linea si pongono infine “Conversions”, dipinti a cristalli liquidi realizzati mediante l’impiego di tecnologie di data mining con cui Kurant si è cimentata in un processo di raccolta dei più eterogenei sentimenti – quali gioia, rabbia, dolore – espressi sui social media dalle masse di protestanti. Con il mutare delle emozioni (mediate digitalmente) di quelli si ha dunque il conseguente cambiamento fisico delle opere in una metafora esemplificante come ad ogni azione corrisponda un’alterazione concreta nel mondo reale. “Conversions” si inserisce inoltre in quel corpus di opere con cui Kurant non si limita semplicemente a puntare il dito sui limiti dell’attuale paradigma neo-liberale, ma cerca invece di offrire potenziali alternative non solo sul piano ideologico quanto invece anche pragmatico. I profitti derivanti dalla vendita delle opere sono infatti redistribuiti in quella stessa reta “sfruttata” dall’artista in un netto capovolgimento delle odierne dinamiche capitalistiche di estrapolazione e vendita dei dati online.
Quella di Agnieszka Kurant è dunque una pratica dalla complessità concettuale e manuale difficilmente ascrivibile entro rigide categorizzazioni. Quello che mette in mostra è invece una più assoluta disinvoltura nel creare dialoghi e narrazioni attingendo alle molteplici sfere di espressione dell’intelletto umano, aiutandoci nel comprendere come l’esistente si costituisca di una stratificazione, ramificazione e contingenza più assoluta. Un qualcosa che, ci mette in guardia, non può e non deve essere banalizzato come una semplice linea retta.
Gabriele Medaglini
Info:
Agnieszka Kurant. Crowd Crystal
4/11/2021 – 27/02/2022
Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea
Piazzale Mafalda di Savoia, 10098 Rivoli TO
Agnieszka Kurant. Crowd Crystal. Veduta dell’allestimento della mostra al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino (4 novembre 2021 – 27 febbraio 2022). Foto © Sebastiano Pellion di Persano. Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino
Agnieszka Kurant, Adjacent Possible (Possibile adiacente), 2021. Batteri geneticamente modificati, funghi, licheni, vernice ocra di 20.000 anni su pietra di Luserna. 70 x 100 cm ciascuna pietra. Courtesy l’artista e Tanya Bonakdar Gallery, New York/Los Angeles
Agnieszka Kurant, Chemical Garden (Giardino Chimico), 2021. Sodium silicate, copper, nickel, cobalt, chromium, manganese, iron, zinc salts; collaboration: dr Magdalena Osial, Warsaw University. Courtesy l’artista e Tanya Bonakdar Gallery, New York/Los Angeles
Agnieszka Kurant, Post-Fordite 2, Post-Fordite 5, 2019-2020. Vernice fossile per auto, resina epossidica, polvere di pietra, acciaio. Courtesy l’artista e Tanya Bonakdar Gallery, New York/Los Angeles
Con una laurea specialistica in Economia e Gestione dei Beni Culturali e appassionato all’ambito dell’arte Contemporanea, alla sua dimensione economica e, più in generale, alle dinamiche caratterizzanti il mercato dell’arte, Gabriele ha maturato nel corso del tempo esperienze in contesti quali gallerie d’arte contemporanea, start-ups ed Art Advisory. Attualmente lavora nella casa d’aste Art-Rite come assistente di dipartimento di arte Moderna e Contemporanea.
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