Il Museo Fernando García Ponce di Mérida, Yucatán, presenta un interessante evento espositivo dedicato alla ricerca creativa di Alberto Bañuelos Fournier (Burgos, 1946) intitolato La liturgia de las piedras.
Materiale antico, dal carattere inflessibile e dalla forma resistente, imperscrutabile, la pietra convive da sempre con la presenza antropica, fungendo da archivio resiliente della storia collettiva. Alla pietra, Alberto Bañuelos dedica da anni una ricerca solitaria e costante, che trova nelle teorie di Jacques Derrida e negli studi di semiotica alcuni dei suoi fondamenti teorici. La sua terra d’origine è la Spagna, la sua città natale, Burgos, un luogo che ospita uno dei capolavori architettonici del gotico europeo, la catedral, un esempio di edilizia costruttiva equilibrata e svettante, in cui la pietra dialoga costantemente con la luce, tra vuoti e pieni. La pietra, appunto, è per Bañuelos entità materica e segno linguistico. La pietra, in altre parole, è il mezzo per l’espressione di una poetica che fa della decostruzione la via privilegiata per accedere a una visione rinnovata della realtà.
Entrando negli spazi del MACAY, ubicato nel centro storico della città messicana, e accanto un’altra grande cattedrale, quella di San Idelfonso, si ha la sensazione di trovarsi di fronte a una liturgia corale di possibili configurazioni di elementi, di stati della materia, solenni nella loro essenzialità, nati da una decodifica profonda del reale. L’intervento dell’artista apre fenditure nel tessuto lapideo, scomponendone la sintassi iniziale, portandone in superficie l’essenza, sottoponendola a infinite variazioni, raggiungendo un perfetto stato di equilibrio. Qui, in questa musicalità visiva, il silenzio, accanto allo spazio tra un frammento e l’altro, è semeia materiale e semeia visuale, minima unità semantica. La luce si infiltra nei tagli della superficie, interagendo con essa, rimodellando gli assetti tra le parti.
Da essere forma apparentemente conclusa, la pietra si apre, accoglie fratture, si lascia attraversare dalla manipolazione estetica, diventando emblema primitivo delle mille, infinite possibilità di trasformazione del reale. È un viaggio all’interno delle cose per conoscerne la linfa essenziale, il morfema vitale, come se nelle ferite si nascondesse il segreto della presenza.
Di questo operazione, sono meravigliosi testimoni anche i lavori bidimensionali in carta, dove le incisioni sono frutto della razionalità di uno spirito inquieto e profondamente in contatto con l’anima delle cose. Ci riportano alla mente le atmosfere di Salvador Elizondo, descritte in Farabeuf, dove l’occhio razionale dello scrittore scava, incide il tessuto degli eventi, decodificando e codificando costantemente ciò che accade, ricomponendo attraverso segni linguistici la visione finale dell’osservatore.
L’evento fa parte del programma espositivo in corso promosso dalla Fondazione Macay, unico museo della penisola dedicato all’arte contemporanea. Oltre alla Liturgia de las pietras di Alberto Bañuelos, sarà possibile visitare sino al prossimo agosto, la mostra di Gabriel Ramírez, Gabriel Ramírez, hoy, e quella di Francisco Barajas, intitolata La forma del caos. Fino al prossimo luglio, invece, nella sala Esay del museo, sarà possibile esplorare l’installazione Aproximaciones, Mérida desde la mirada infraordinaria, della studentessa di arti visive Andrea Boettiger, un evento nato dalla consolidata collaborazione tra la Esay (Escuela Superior de Artes de Yucatán) e il Museo Fernando García Ponce.
Giuliana Schiavone
Installation view, Alberto Bañuelos. La liturgia de las piedras, Museo Macay, 2018 Photo: Julio César Beltrán Chávez
Alberto Bañuelos. La liturgia de las piedras, Museo Macay, 2018 Photo: Julio César Beltrán Chávez
Alberto Bañuelos. La liturgia de las piedras, Museo Macay, 2018 Photo: Julio César Beltrán Chávez
Storico dell’arte, critico e curatrice indipendente. Lavora attivamente in progetti dedicati alle arti visive occupandosi in particolare di scrittura critica e comunicazione. Attualmente vive in Messico dove lavora come docente universitario di Gestione delle Arti Visive. Parallelamente al suo percorso di studi in Storia dell’arte, archeologia e curatela di eventi culturali, si é diplomata in canto jazz presso il Conservatorio di Bari N. Piccinni. Al centro dei suoi interessi si incontrano le manifestazioni artistiche connesse alla relazione tra musica, voce e suoi aspetti rituali e iconografici.
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