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Alek O. da IUNO: scavalcare il ready-made

Alek O. da IUNO: scavalcare il ready-made

Scultura come merce è il titolo del capitolo che il critico Hal Foster[1] pubblica negli anni Novanta, in cui nota quanto il linguaggio scultoreo abbia continuato a variare con l’avvento del ready-made, sino a inglobare il design e di conseguenza il kitsch. In questa disamina si inserisce la visione secondo cui l’oggetto, sebbene innalzato a forma monumentale, rompa i confini tra arte alta e cultura delle merci, così da trasformare il loro rapporto in una questione prediletta. In tale contesto Alek O. (1981, Buenos Aires) propone per lo spazio romano IUNO il progetto intitolato They didn’t explain much, and no one dared to ask, in programmazione fino al 13 settembre 2024, a cura di Cecilia Canziani e Ilaria Gianni, con un testo critico di Giulia Gaibisso.

Alek O., “They didn’t explain much, and no one dared to ask”, installation view, courtesy IUNO e l’artista, ph. Credit Chiara Cor

La mostra è quanto di più di inaspettato ci si possa aspettare dall’ambiente domestico di IUNO, in quanto unisce le caratteristiche sia di uno spazio espositivo, sia di un luogo di ricerca e residenza d’artista. Così, seppur gli ambienti presentino una forma abitativa, l’artista costruisce un percorso attraversabile, i cui interventi non risultano decontestualizzati, bensì organizzati con metodo. In questo modo Alek O. si è dilettata in riduzioni, rovesciamenti e assemblaggi, utilizzando due materiali in particolare: plafoniere e reti per materassi, nell’intenzione di giocare con il loro aspetto programmatico e fenomenologico, sino ad accentuarne una nuova autonomia estetica.

Alek O., “They didn’t explain much, and no one dared to ask”, installation view, courtesy IUNO e l’artista, ph. Credit Chiara Cor

Tuttavia, l’approccio dell’artista è quello di cambiare in modo radicale le convenzioni della plasticità scultorea, con uno spettro d’inventiva affatto monumentale, concentrandosi invece sul creatore e sull’osservatore, come in un rapporto primordiale di rappresentazione, tralasciando volontariamente l’aspetto esperienziale. A voler sfidare gli assunti tradizionali della scultura, Alek O. spinge la propria ricerca verso il disfacimento delle icone e degli oggetti della vita quotidiana, ponendosi sulla scia di quanto delineato nella mostra del 2007 presso il New Museum di New York, intitolata Non monumentale, tracciante la storia di una scultura capace di descrivere criticamente il presente attraverso accostamenti infiniti tra texture e oggetti. Proprio per tale ragione le opere prospettano un carattere polisemico, in quanto contrastano con l’uso naturale degli oggetti sino a sradicarne le radici funzionali: le reti di materasso sono disequilibrati disegni che assecondano la fantasia visiva, mentre le lampade a terra, montate con istinto giocoso, attraggono per la loro luminosa fisicità. Soprattutto quest’ultimo aspetto ci conferma che le sculture di Alek O. devono essere percepite visivamente, tuttavia tali oggetti-sculture, all’opposto di quanto affermava il citato Hal Foster, non si presentano come inciampo anacronistico né quale trucco estetizzante, né tanto meno rasentano il kitsch. Ecco la loro vera essenza artistica: sono sculture come merce in quanto operazioni in grado di smascherare la finzione dell’immaginario comune verso materiali commerciali, sottraendosi a ogni speculazione, dando voce, di contro, a nuovi riferimenti fisici, spaziali e determinando, allo stesso tempo, termini e codici specifici.

Alek O., “They didn’t explain much, and no one dared to ask”, installation view, courtesy IUNO e l’artista, ph. Credit Chiara Cor

Così, l’artista sviluppa un esercizio non convenzionale che scavalca il ready-made: non sono le opere a raccontare gli spazi, bensì vengono costruite nuove figure attraverso scomposizioni, allitterazioni, frammentazioni e assemblaggi, con l’immediato risultato di creare nuovi corpi e morfologie basate sull’uso preminente di combinazioni e accostamenti bizzarri affatto casuali. Alek O., ponendosi oltre il limite delle tradizionali pretese scultoree, racconta il proprio rapporto con tali utensili strappati al logorio dell’intimità domestica. Quello dell’artista è un lavoro imperniato sulla metamorfosi dell’oggetto, in quanto processo inteso come occasione per ripensare manufatti quotidiani, le cui forme stimolano nuove unioni. Se le maglie da rete montate a muro possono alludere a un rigoroso allestimento da quadreria, le sculture luminose, invece, appoggiandosi su scheletri di ferro, sprigionano un carattere magico e mistico. Eppure, entrambe le opere, sfruttando la radicalità epistemica del ready-made e rimanendo prive di un riferimento metaforico, sfiorano il rapporto con una nuova dimensione che vive per arrangiamento contro ogni normale uso.

Alek O., “They didn’t explain much, and no one dared to ask”, installation view, courtesy IUNO e l’artista, ph. Credit Chiara Cor

Tra l’altro, il titolo del progetto, tratto dal racconto di Lydia David Jury Duty, gioca con un rovesciamento di prospettive, per cui l’atto del domandare è prerogativa del capire e allo stesso modo le sculture attirano un pubblico attento e capace di risposte dialogiche. Così è certo che quanto proposto da IUNO si pone come fattore essenziale nella mediazione tra ambiente e scultura, sì da creare una dimensione di coesione, un percorso fisico e mentale che induce il visitatore a partecipare in maniera attiva alla ricerca di cosa riveli, nella visione dell’artista, la morfologia dei materiali e il loro assemblaggio. L’intenzione è quella di svelare l’immaginaria sicurezza di una separazione tra la sfera del consumo e la distruzione intima quotidiana. Alek O. è, dunque, un’artista faber, creatrice di nuovi regimi scultorei oggettuali, dove nulla è aleatorio, generatore invece, di nuovi principi formali con significati inediti e inaspettati.

Maria Vittoria Pinotti

[1] Hal Foster, Scultura come merce, in Il ritorno del reale, Postemedia Books, Milano, 2006, pp. 113-121

Info:

Alek O., They didn’t explain much, and no one dared to ask
A cura di Ilaria Gianni e Cecilia Canziani
03/05/2024 – 13/09/2024
IUNO
Orario di apertura: lunedì e mercoledì ore 10.30 – 18.00 e su appuntamento
Via Ennio Quirino Visconti, 55, Roma
www.iunoiuno.it


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