La CAR Gallery di Bologna ha di recente presentato la nuova mostra di Alessandro Roma (Milano, 1977). Formatosi presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, l’artista ha sempre lavorato con la pittura e con il collage, spingendosi poi verso la sperimentazione di tecniche più affini al campo della scultura e delle arti applicate: si pensi alla lavorazione della ceramica, unita poi all’applicazione di smalti.
Varcando l’ingresso della galleria si è subito trasportati nel mondo vegetale animato che Roma immagina e reinterpreta, donando allo spettatore la visione di un universo pulviscolare che risiede al di là, oltre una cortina che l’artista ci invita a oltrepassare. Egli è inoltre intervenuto su alcune pareti dello spazio espositivo, come a voler preparare un ambiente atto ad accogliere le sue opere, e poi – certo – lo spettatore stesso. Il tutto per non traballare troppo si compone di quattro grandi tele verticali di valore introduttivo ed esemplificativo della visione del mondo di Alessandro Roma: alcuni dati aneddotici – una foglia o un pavone, animale simbolo di resurrezione e di vita eterna – fungono da guida ideale, da traghettatori in un mondo interiore dove regno animale e vegetale si fondono in un abbraccio d’insieme.
Non è la natura nella sua essenza ctonia, brutale e sotterranea la protagonista di questi dipinti; è semmai una natura benigna, fertile e rigogliosa, promettente e accogliente. Affacciandoci a questi dipinti, la forza luminosa e brillante delle campiture di Roma – certo consapevole della lezione cromatica del gruppo Nabis e di Henri Matisse – è un invito alla vita, alla libera espressività. È però una natura artificiale, laddove il dato aneddotico è inghiottito dall’inseguirsi di forme sinuose e ondeggianti, frutto del lavoro immaginativo dell’artista. Se si vuole, la prospettiva che Roma dona allo spettatore, riguarda anche il rapporto tra l’Uomo e l’alterità-natura.
Il dialogo continua su un livello di confronto, laddove il suo operato squarcia la bidimensionalità delle tele – significativamente arpionate alla parete da articolazioni arboree in ceramica – per raggiungere la forma scultorea. Di fronte a Mask (2021) – scultura in ceramica che segna il passaggio da una sala all’altra della galleria – i filari vegetali trattenuti nel linearismo pittorico, spesso vicino a certi assunti dell’Art Nouveau, esplodono qui nella forma scultorea: nell’intersecata trama di questa ramificazione interiore, tra pieni e vuoti, Roma ci porta qui di fronte a un mondo interiore più caotico e disordinato di quello raffigurato nelle sue tele. Nella grande Thresold (2021-2022) – in un continuo dialogo con il tema dell’accesso, del discoprimento di un mondo altro, dell’attraversamento di una soglia – è ancora più evidente il contatto con lo stile floreale del mondo artistico di fine Ottocento: la formalizzazione della natura, il rapimento dell’organico e la sua rinascita nelle arti applicate, come qui ci mostra The eyes of the moons (2023), a riprova dell’ampio novero di sperimentalità praticata da Roma.
L’impatto più brutale e travolgente avviene paradossalmente con l’opera meno imponente quanto a dimensioni, ma non per questo meno significativa: è In the world of the moon (2022), una piccola tavoletta di ceramica smaltata. L’urgenza conoscitiva dell’artista trova libera espressione in una nuova tecnica artistica: così come Roma, anche la natura infuocata di questo paesaggio lunare si svincola dalla forma lineare, esplodendo nella policromia brillante propria dello smalto. È il nucleo di un mondo inafferrabile e in perpetuo mutamento.
Daria Ortolani
Info:
Alessandro Roma, Il tutto per non traballare troppo
23/09/2023 – 4/11/2023
CAR Gallery
Via Azzo Gardino, 14/a – Bologna
https://www.cardrde.com/exhibitions/il-tutto-per-non-traballare-troppo
Laureata in storia dell’arte medievale presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna, collabora con la rivista scrivendo di arte contemporanea, con uno sguardo attento alla scultura e alla fotografia.
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