Monica Bonvicini esplora attraverso la sua pratica artistica le interconnessioni tra architettura, potere, genere e spazio. Le sue opere conducono un’indagine critica sul significato della creazione artistica, sulla complessità e le molteplici interpretazioni del linguaggio, nonché sui limiti e le possibilità connesse alla concezione di libertà. Tra gli artisti più importanti della sua generazione, vanta un percorso costellato di grandi riconoscimenti e collaborazioni di prestigio. Vincitrice, tra gli altri, del Preis der Nationalgalerie für junge Kunst, die Staatliche Museen zu Berlin (2005) e del Leone d’Oro alla Biennale di Venezia (1999). Alcuni dei suoi lavori pubblici sono installati in via permanente al Queen Elizabeth Olympic Park di Londra, sul lungomare di Bjørvika, davanti al Den Norske opera & Ballet House di Oslo, e al Weserburg Museum of Modern Art di Brema. Dal 2017 ha assunto la cattedra di Scultura presso l’Universität der Künste di Berlino.
Abbiamo avuto il piacere di intervistarla in occasione della sua ultima personale “And Rose” alla chiesa sconsacrata di San Carlo a Cremona, visitabile fino al 12 gennaio 2025. Qui, inserite nella volta più alta della chiesa, Bonvicini ha installato tre opere della serie “Chain-Swings”. Queste sculture performative sono realizzate interamente con catene in acciaio galvanizzato e, come vere altalene, sono ancorate alle pareti laterali della navata. Partendo dal basso si sovrappongono una all’altra e sviluppandosi verso l’alto vanno a occupare tutto il volume della volta. Come drappi preziosi si calano sullo spettatore che è invitato a interagire con l’installazione in un rapporto ambiguo tra gioco e sottomissione.
Rita Meschiari: Quali sono state le prime sensazioni nel visitare la chiesa sconsacrata di San Carlo e quali i punti critici (se esistono) nel progettare un’opera site-specific per questo spazio?
Monica Bonvicini: La chiesa sconsacrata di San Carlo ha delle proporzioni perfette e credo questo sia sempre l’elemento più importante in qualsiasi spazio. Indipendentemente dalla sua grandezza, forma e colori, è stata più la storia delle esposizioni in quel luogo, una serie di mostre e di artisti che confermano un programma serio, ricco di elementi concettuali e visivi che mi ha convinto a sviluppare una mostra in tale spazio.
In che modo questa mostra è da considerare come un nuovo step nella ricerca che sta alla base della serie “Chain-Swings”?
“And Rose” è un’installazione site specific. Ero interessata a utilizzare al massimo lo spazio, sia in altezza sia in profondità. Le tre “Chain-Swings” sono state interamente prodotte sul territorio, cosa che ritengo sempre più importante e per la prima volta sono presentate una sopra l’altra, con minime frazioni di allineamento disordinato, creando quasi un totale abbraccio dello spazio. Un abbraccio strutturale, al fine di ottenere le forme desiderate, morbide delle chain swings. Si tratta infatti di una presa dello spazio di circa 280 metri cubi, attraversati dalle catene in tutte le direzioni per fissare i lavori. Per la prima volta le catene sono state cromate in oro, nero e argento. “And Rose” si confronta con un luogo che porta con sé un aspetto simbolico legato al potere, diverso dalla tipologia di dinamiche di potere con cui il mio lavoro si è sempre relazionato; consente la trasformazione di un qualcosa che un tempo era sacro e agisce su di esso in modo sovversivo e dissacrante, pur nel rispetto della sua spiritualità.
Nel tuo lavoro il rapporto tra lo spettatore e l’opera è fondamentale. In che modo questo si sviluppa all’interno della mostra “And Rose”? Come ti aspetti che il pubblico interagirà con le opere?
Per molti dei miei lavori la partecipazione attiva del pubblico è desiderata, nel senso che spesso le mie sculture possono essere utilizzate fisicamente. Esiste anche un rapporto attivo che non include lavori funzionali. Lavorare con installazioni significa anche sviluppare una coreografia all’interno della quale sono gli spettatori i veri protagonisti. Questo vale per “And Rose”. Non è un caso che le sculture siano proprio nella volta più alta, per arrivare alla quale si deve attraversare quasi tutta la chiesa, incontrando prima le catene: c’è un percorso preciso di avvicinamento e pregustazione dell’opera. In più, esiste un rapporto tattile e sonoro, nel senso che le catene si possono toccare e se mosse suonano un leggero tintinnio.
Rita Meschiari
Info:
Monica Bonvicini. “AND ROSE”
05/10/2024 – 12/01/2025
Chiesa San Carlo e San Donnino
Via Stefano Leonida Bissolati, 33, Cremona
Solo su appuntamento: info@sancarlocremona.com
www.sancarlocremona.com
Rita Meschiari (Modena, 1994) si laurea in lingue nel 2019 per poi intraprendere un percorso formativo nel campo della curatela d’arte, con approfondimenti in storia dell’arte contemporanea e scrittura critica. Terminato il corso per curatori ICON 2020, offerto da Fondazione Modena Arti Visive, oggi si occupa dell’organizzazione di progetti inerenti all’arte contemporanea, con particolare attenzione rispetto all’utilizzo di pratiche video-fotografiche. Tra gli altri, ha collaborato con ReA! Art Fair e Centrale Festival.
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