Milano-Torino, mostra personale dell’artista Andrea Barzaghi (Monza, 1988) curata da Stefania Margiacchi, si articola in due luoghi contemporaneamente: a Torino presso Societè Interludio e a Milano presso la sede della redazione di Forme Uniche per il progetto Emporio Centrale di Giuseppe Amedeo Arnesano. Se Milano rappresenta idealmente la stazione di partenza della riflessione pittorica con opere site specific, Torino (che ospita la seconda parte della mostra) diventa la stazione di arrivo ma anche il luogo dove il pensiero e il lavoro si dilatano. La pittura espansa di Barzaghi collega le due città con il moto perpetuo dei corpi.
Ljuba Ciaramella: Vorrei iniziare chiedendoti di raccontarmi il tuo percorso, sia formativo sia artistico, che ha portato poi alla formulazione della tua attuale processualità creativa.
Andrea Barzaghi: Il mio percorso di studi inizia all’Accademia di Urbino nella sezione pittura; successivamente ho trascorso dieci anni in Germania, otto a Norimberga e gli ultimi due a Lipsia. Questa esperienza è stata fondamentale per la mia processualità: ho ritrovato una libertà che a Urbino non ho percepito, sicuramente c’entra il fatto che sono andato in Germania poco più che ventenne; sono rimasto incantato da un’energia che non avevo mai sperimentato. In Germania ho incontrato non solo tanti studenti, ma anche professori, tra i quali ricordo in particolare Thomas Hartmann, che è stata una figura fondamentate nel mio sviluppo artistico. Sentivo che c’era qualcosa di importante, ed è questa sensazione che mi ha fatto decidere di rimanere.
L’esposizione Milano-Torino è un progetto pensato e sviluppato in due luoghi e in due tempi, in quanto ha inaugurato l’8 aprile 2021 a Milano nella sede della redazione di Forme Uniche nell’ambito del progetto Emporio Centrale di Giuseppe Amedeo Arnesano e poi a Torino negli spazi di Société Interludio. Da dove nasce la necessità di progettare una traiettoria immaginifica tra le due città?
È stato tutto molto naturale: sono stato coinvolto dalla curatrice Stefania Margiacchi che è stata a sua volta invitata da Giuseppe Amedeo a fa parte del progetto Emporio Centrale. Da lì abbiamo pensato che fosse possibile creare un ponte fra due città molto importanti per l’arte contemporanea italiana, e che hanno influenzato il mio fare artistico. Mi sono trasferito a Milano due anni fa e con Société Interludio collaboro dal 2018, quindi ho sempre fatto la spola fra Milano-Torino. Mi piaceva anche l’idea di un progetto specifico che si espandesse in tante direzioni che non erano state prese in considerazione all’inizio. Abbiamo chiamato “andata” la mostra a Milano perché è stata la prima e “ritorno” quella a Torino, ma credo che in realtà le due direzioni siano interscambiabili.
Quali sono le differenze e le assonanze tra queste due esposizioni circolari e interconnesse?
A Milano è stato un intervento site specific, in linea con il taglio che Giuseppe voleva dare al suo progetto, pensato per dialogare con quello di Torino: in entrambe le sedi ritornano questi elementi corporei, queste braccia che rappresentano il collegamento fra le due città. Tutti questi lavori in Italia erano inediti, qualcuno li ha definiti come “pittura espansa” perché non è né un’installazione né una scultura, ma una pittura che si amplifica nello spazio.
Nel suo testo critico, Giuseppe Amedeo Arnesano, definisce la tua pittura come un’immagine che coincide con un movimento corporeo, una “risonanza emozionale” elaborata dalla mente e trasferita sulle sagome. In che modo le gestualità non verbali delle silhouette dei corpi da te raffigurati rappresentano moti interiori?
È una rappresentazione diretta. Le braccia sono un simbolo del fare, un mezzo con cui noi conosciamo il mondo: con le mani noi tocchiamo, accarezziamo, tiriamo i pugni e afferriamo. afferriamo. É un simbolo di movimento, un omaggio alla ricerca e al non stare fermi, al tendere verso qualcosa, anche se non sai cos’è, basta non stagnare. C’è stato un momento della mia vita in cui la tela mi sembrava una prigione e soffrivo il limite dei quattro lati: da lì ho iniziato ad aggiungere dei pezzi alla tela per poi espandermi nello spazio. Se le prime opere create con queste addizioni erano pittoriche, perché dipingevo sulla superficie, ora invece la superficie è lo spazio, la stanza è la mia tela. Anziché sfondare i lati del dipinto ci sono entrato; il lavoro è composto da elementi nati per modificarsi a seconda dello spazio e dei miei bisogni.
Il corpo ha una centralità fondante nella tua opera e spesso viene rappresentato sotto forma di frammenti o silhouette. Qual è la definizione che daresti dei tuoi corpi e come mai proprio quel modo di rappresentarli all’interno della narrazione che crei?
Il corpo è una cosa strana, perché prima di tutto è il nostro mezzo per percepire la realtà. Sia il corpo, sia la superficie pittorica sono forma, ma come tutte le forme sono portatrici di contenuto. Io non vedo il corpo solo come un mezzo, perché cambia in base a quello che sento, di conseguenza anche quello che dipingo cambia. Nel corso del tempo ho notato un mutamento nei corpi che rappresento, perché nulla è statico, sarei quasi spaventato nel vedere il corpo non mutare.
Quali sono i tuoi riferimenti artistici e teorici?
Come tutti i riferimenti anche i miei mutano, però il mio grande amore è sempre stato Matthew Barney, anche se non è un pittore ha influenzato molto la mia pratica. Anche per esempio l’artista svedese Mamma Andersson e suo marito, Jockum Nordström. Mi ha molto colpito il lavoro di Anne Imhof alla Biennale di Venezia. Spesso le opere degli altri artisti mi colpiscono come delle epifanie, tanti piccoli dettagli che si uniscono. Per quanto riguarda i riferimenti teorici mi vene in mente Le pitture concrete di Kandinskij di Alexandre Kojève: la sua pittura è concreta perché crea mondi attraverso l’astrazione della realtà, aprendo un discorso su che cosa sia la rappresentazione e quindi i contenuti e le forme delle immagini. Mi viene in mente in questo momento la canzone dei Blu Vertigo Altre F.D.V. dove nel testo dicono: “Se non esistessero i fiori riusciresti a immaginarli? Se non esistessero i pesci riusciresti a immaginarli?”, ecco la pittura astratta di Kandinskij è così; se riesci a immaginarla esiste da qualche parte. Con questa prospettiva ritorna sempre il dibattito fra naturale e artificiale, perché quello che crei di artificiale ha sempre una base naturale.
Per concludere, quali sono le tue considerazioni a seguito di questo doppio progetto espositivo, viste le sue particolarità?
Mi ha colpito il fatto che la mostra sia stata definita coraggiosa. È stato interessante, mi ha dato uno spunto di riflessione, perché non avevo percepito questi lavori come tali. Mi ha fatto piacere inoltre che diversi pittori siano venuti a vederla e l’abbiano apprezzata. Le mie opere hanno funzionato sia a Milano e sia a Torino: Milano era site specific e Torino è stato un adattamento in un ambiente non propriamente artistico, anche se ha a che fare con l’arte (la redazione di Forme Uniche). Vorrei che la mia arte arrivasse più spesso anche ai non addetti ai lavori. Bisogna rischiare, essere in movimento, come le braccia.
Info:
Société Interludio
Milano-Torino | Andrea Barzaghi
dal 7 maggio 2021 all’8 agosto 2021
Piazza Vittorio Veneto 14 – Torino
Sabato e domenica su appuntamento
Per info e appuntamenti: societeinterludio@gmail.com
Forme Uniche
Milano-Torino | Andrea Barzaghi
08 aprile – 08 maggio 2021
La Redazione – Via Bronzetti 8, Milano
Per info e appuntamenti: forme.uniche@hotmail.com
Andrea Barzaghi, Pittore con autoritratto, legno e truciolato dipinto, 120 x 210 cm, 2017, ph Stefano Mattea, courtesy l’artista e Société Interludio
Andrea Barzaghi, Milano- Torino, installation view at Société Interludio, Torino, ph Stefano Mattea, courtesy l’artista e Société Interludio
Andrea Barzaghi, Nascita, legno e truciolato dipinto, 205 x 122cm, 2019, ph Stefano Mattea, courtesy l’artista e Société Interludio
Andrea Barzaghi, Braccia, legno e truciolato dipinto, 293 x 332cm, 2019, ph Stefano Mattea, courtesy l’artista e Société Interludio
Mi sono laureata alla triennale presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze in Pittura, con una tesi sul ruolo del corpo nell’arte unendolo alla mia ricerca artistico visiva. Frequento attualmente il secondo anno del biennio di Visual Cultures e Pratiche Curatoriali presso l’Accademia di Belle Arti di Brera. Ho intenzione di ampliare i miei studi frequentando un dottorato di ricerca in arti visive, approfondendo così la mia ricerca critico-artistica.
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