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Andres Serrano, uno sguardo ineccepibile

Andres Serrano, uno sguardo ineccepibile

A Praga, dove prima c’era un complesso industriale datato 1901, Leoš Válka e Robert Aafjes, alcuni anni fa hanno avuto l’incredibile sogno di far sorgere DOX, un centro per l’arte contemporanea. Siccome i capitali per poter portare a compimento questo progetto erano insufficienti i due partner hanno coinvolto altri sostenitori finanziari: Václav Dejčmar, Libor Winkler e Karel Janeček, che attualmente sono da considerarsi tra i maggiori patrocinatori dell’arte contemporanea nella Repubblica Ceca. In questo modo, basandosi sulla sola iniziativa privata, lo spazio multifunzionale di DOX ha visto la luce nel 2008 come una realtà non governativa e non-profit.

Vista esterna di DOX: in evidenza il cosiddetto Gulliver Airship, a firma di Peter Cook e Colin Fournier. Foto Jan Slavik, © DOX, Praga

Lo spazio disponibile supera i 3mila mq, e il progetto di ristrutturazione è stato firmato dall’architetto Ivan Kroupa. Poi, nel 2016, da una collaborazione tra Leoš Válka e l’architetto Martin Rajniš, c’è stata l’aggiunta di una specie di “zeppelin” chiamato “Gulliver Airship”, e che a dire il vero sembra evocare l’architettura futuribile della Kunsthaus di Graz, firmata da Peter Cook e Colin Fournier. La programmazione attuale di questo centro culturale interseca arte visiva, letteratura, teatro, cinema e musica, nel tentativo di offrire un modello unico di educazione permanente: uno vero e proprio scambio di idee e di contributi alla sospensione del nostro abituale modo di guardare alla realtà. Il nome di questo centro deriva dalla parola greca doxa che nella filosofia classica era usata per designare il grado di conoscenza inferiore, basata sui sensi, e dialetticamente contrapposto allo stadio della verità assoluta (epistḗmē). Per questo motivo possiamo pensare a DOX come un centro che scaturisce dal basso, collegandosi agli umori del nostro tempo e al pensiero delle persone comuni. In questo modo DOX si lega al contingente e non a una visione escatologica delle cose, per diventare un centro d’arte nel senso più pragmatico della parola.

Vista parziale della mostra “Infamous Beauty” di Andres Serrano al DOX di Praga. Ph. Jan Slavík, © DOX, Praga

Sull’onda dello spirito dove la dialettica e le contraddizioni possono ben essere messe in evidenza, DOX, a firma di Otto M. Urban, propone, fino al 7 gennaio del prossimo anno, una incredibile mostra di Andres Serrano (New York, 1950, vive a New York), uno dei più discussi e controversi fotografi del nostro tempo. Si tratta di un percorso cronologico sviluppato con più di 120 fotografie che partono dagli anni Ottanta (Body Fluids, 1986-1990; Immersions, 1987-1990; Nomads, 1990; Clan, 1990; Morgue, 1992; Objects of Desire, 1992; America, 2001-2004; Holy Works, 2011; Torture, 2015; Made in China, 2017; fino ad approdare al ciclo più recente, Robots del 2022). Inoltre la serie di Infamous (2019), che offre il verso al titolo della mostra, è presentata nel mezzanino.

Vista parziale della mostra “Infamous Beauty” di Andres Serrano al DOX di Praga. Ph. Jan Slavík, © DOX, Praga

Quando approda in Italia per la prima volta, all’interno della strepitosa collettiva presentata al Castello di Rivoli (Lo sguardo di Medusa, 5 lug – 27 set 1991, a cura di Ida Giannelli), Serrano aveva già conquistato una certa notorietà dato che il pubblico dei benpensanti aveva avuto modo di scandalizzarsi con la presentazione in spazi pubblici dei suoi primi cicli fotografici (The Unknown Christ, Museum of Contemporary Hispanic Art, New York, 1986; The Seibu Museum of Art, Tokyo, 1990; Nomads, Denver Museum of Art, e Saatchi Museum, London, 1991; oltre alla mostra sul tema della morte esposta da Paula Cooper, New York, 1993, con il ciclo The Morgue). Quindi, nel 1991, l’autore aveva già dato scandalo per i temi trattati, senza remore e senza alcuna riserva. Il tutto però in maniera impeccabile, con pose che ricordavano la grandezza di Richard Avedon, tanto che sorgevano le domande e i dubbi su come e dove dovesse essere collocato il suo lavoro. Ma il mondo piccino della fotografia (quel mondo un po’ tradizionale della critica “fotografica-fotografica” che ancora faceva difficoltà ad accettare, all’interno di un corretto orizzonte teorico, il lavoro di autori della statura Gilbert & George che usavano la macchina fotografica non solo per produrre “immagini” ma soprattutto per esprimere un mondo interiore e la grandezza di essere poeti anche per mezzo di una posa fotografica) aveva ancora dei seri dubbi. Insomma, il giudizio era sospeso, dal momento che pareva impensabile che alcuni autori potessero essere così famosi (e costosi), mentre altri come Mario Cresci e Bernd & Hilla Becher, che pure erano stati inglobati nel mondo della “fotografia-fotografia”, potessero essere non ancora del tutto valorizzati o non valorizzati nella maniera adeguata.

Vista parziale della mostra “Infamous Beauty” di Andres Serrano al DOX di Praga. Ph. Jan Slavík, © DOX, Praga

L’astro nascente di Serrano faceva quindi pensare e poneva dei dubbi. Tuttavia, questi dubbi svanirono, quando l’autore, parlando con il pubblico, a Rivoli, si soffermò non sui soggetti “scandalosi” che caratterizzavano i suoi cicli tematici, bensì sugli obiettivi da 50 mm, sulle pellicole, sull’inquadratura, sulla luce, su tutti quegli aspetti e dettagli che erano tenuti in gran considerazione da coloro che si reputavano dei tecnici della fotografia e avevano sempre il sospetto che le varie flessioni extra fotografiche potessero produrre usi impropri. Certo, questo modo di vedere, in un’ottica davvero storica fa un po’ sorridere, visto che ben avevamo assistito a quell’insieme di vocaboli confusi che le avanguardie storiche avevano prodotto, dalla fotografia in stile Bauhaus alle rayografie di Man Ray. Senza voler soffermarsi sulle nuvole fotografate da Stieglitz. Nuvole? Ma possono davvero essere reputate un plausibile soggetto fotografico? E allora anche i nativi americani o gli homeless possono essere ritenuti dei plausibili soggetti fotografici, e non c’è altro da aggiungere.

Vista parziale della mostra “Infamous Beauty” di Andres Serrano al DOX di Praga. Ph. Jan Slavík, © DOX, Praga

Comunque, alla fine, tutti hanno dovuto convenire che Andres Serrano è un grande autore. Ecco perché la sua opera non va vista solo per i soggetti trattati e per la repulsa che alcuni di questi possono dare (dai ritratti dei nativi americani agli adepti del Ku Klux Klan, dai temi religiosi alla celebrazione della nazione americana), ma soprattutto per l’aspetto formale che caratterizza ogni singolo scatto, per l’impeccabilità dell’inquadratura e per la perfezione che caratterizza tutto il suo lavoro, sempre basato su una grande progettualità e mai su una post-produzione. Certo, questa sequenza di lavori possiamo ben dirla che non è in linea con il diktat del politically correct, ma possiamo anche gridarlo a gran voce: per fortuna!

Vista parziale della mostra “Infamous Beauty” di Andres Serrano al DOX di Praga. Ph. Jan Slavík, © DOX, Praga

Concludiamo questa breve presentazione con una dichiarazione di Serrano che meglio ci fa comprendere la sua posizione nei confronti della fotografia, sebbene anche questa non va letta come un’ulteriore irriverenza, ma solo come un allargamento dello sguardo a trecentosessanta gradi: “I’ve never called myself a photographer. I studied painting and sculpture and see myself as an artist with a camera. I learned everything I know about art from Marcel Duchamp who taught me that anything, including a photograph, could be a work of art”. Il che, se si vuole interpretare in maniera corretta, vuol dire questo: la tecnica è sempre sottomessa all’immagine, e ogni immagine appartiene alla storia dell’arte. Un altro modo per dire: Andres Serrano appartiene alla ristretta cerchia dell’oro olimpico.

Info:

Andres Serrano, Infamous Beauty
a cura di Otto M. Urban
8/07/2023 – 7/01/2024
DOX Centre for Contemporary Art
Poupětova 1, Praha 7
infocentrum@dox.cz
dox.cz


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