Gli spazi di PAGE (NYC) presentano il solo show d’esordio newyorkese di Aneta Kajzer, artista polacca, classe 1989, capace di generare con le “sole” tre tele esposte un ambiente in cui i confini interpretativi ed emotivi perdono qualsiasi tipologia di rigida categorizzazione mediante un connubio tra astratto e figurativo dagli esiti tanto enigmatici quanto spiazzanti.Per l’occasione, ho avuto inoltre il piacere di confrontarmi direttamente con Lucas Page, proprietario di PAGE, nonché tra i direttori della Petzel Gallery, nel tentativo di meglio approfondire la ricerca e pratica di Kajzer.
PAGE nasce nel 2016 nel quartiere di Tribeca come attività espositiva sporadica che, progressivamente, è andata sempre più a strutturarsi con la definizione di un programma incentrato sulla volontà di mettere in risalto il lavoro di artisti focalizzati principalmente su di un linguaggio pittorico. L’intento è quello di introdurre nella nuova scena emergente di New York un dialogo quanto più ampio possibile attorno a questo genere tramite una contaminazione di ricerche e provenienze geografiche differenti, ma anche dedicando agli artisti presentati l’elaborazione di libri e cataloghi (un dettaglio da non dare troppo per scontato vista la giovane età della galleria).
I tre olii su tela di Aneta Kajzer, qui esposti, Splish Splash (2022), Floating Away (2021) e GRIN (2020), risultano estremamente esemplificativi di una ricerca dai tratti peculiari e per cui l’elemento chiave si può identificare in questa continua propensione alla conciliazione di linguaggi soltanto in apparenza agli antipodi – quello astratto e quello figurativo – e alla capacità di veicolare il flusso emotivo dell’osservatore tramite personaggi ricorrenti e dai tratti indefinibili. La tela diviene lo spazio ospitante di figure evanescenti, figlie delle ampie pennellate a cui si vanno semplicemente ad aggiungere punti e linee. Ecco dunque l’emergere di fisionomie soltanto accennate ma capaci, tuttavia, di esprimere una forza e nettezza emotiva di una solidità e impeto il cui esito quasi stupisce se relazionato a questa fluttuante leggerezza.
L’approccio di Aneta Kajzer alla composizione possiede dei tratti dalle accezioni quasi performative e in cui il processo di stratificazione si fa preponderante. I lavori vengono concepiti e realizzati in simultanea e, soprattutto per quelli di dimensioni maggiori, implicando un intervento da parte dell’artista da angolazioni e prospettive diversificate, bypassano la più classica e impostata relazione frontale con la tela. Nonostante dunque tutte le differenze del caso, le opere sono sempre in qualche modo legate le une con le altre nella creazione di un nuovo vocabolario su cui Aneta Kajzer si muove e che vede nel reiterarsi di queste “creature-non-creature” – giocose, profonde o in tensione – le lettere costituenti il suo alfabeto visivo. Procedendo per strati sulla tela, l’artista lascia che emergano con tutta questa loro abilità di trasmettere un continuo senso di sovrapposizione emotiva. Inoltre, nonostante l’opera, nel suo complesso, derivi da pennellate istintive e gestuali, riesce a far coesistere al suo interno un senso di dinamismo, intimità, delicatezza e armonia in cui chi guarda molto semplicemente abbandona il proprio bagaglio emotivo. Un altro elemento centrale è dunque da ricercarsi nell’abilità di Kajzer nel saper indirizzare l’interiorità individuale mediante lavori che non vengono sovraccaricati in maniera retorica da rimandi e significati relativi al vissuto dell’artista, quanto invece a partire da figure criptiche che sfuggono da qualsiasi intento interpretativo o di stucchevole e strumentale impiego della propria esperienza personale. La forza dei lavori presentati viene per di più accentuata anche dal modo in cui vanno a interagire con lo spazio circostante. Le dimensioni contenute della galleria permettono infatti di incrementare quel senso di “concentrazione”, anche grazie al modo in cui sono disposte sulle pareti.
Ciò che conta è che l’autrice sappia smuovere gli animi mediante composizioni emotive che sferzano colpi senza essere neanche in grado di definire che cosa stia manovrando le corde più interne del nostro io. Si può solamente guardare come queste entità appaiono e scompaiano nei gas vaporosi della tela. Come alle volte ci osservino quasi con astio, con distaccata curiosità o pacata dolcezza, evitando qualsiasi intenzione di fornire risposte definitive quanto invece andando a puntare il dito su quei torrenti emotivi al cui mistero, pare dicano, ci si debba abbandonare.
Info:
Aneta Kajzer, It Must Be Bunnies
19/02/2022 – 03/04/2022
www.anetakajzer.de
PAGE – 368 Broadway #511, New York
www.page-nyc.com
Aneta Kajzer, It Must Be Bunnies, installation view, PAGE, 2022. Courtesy l’artista e PAGE, New York City
Aneta Kajzer, Splish Splash, 2022, olio su tela, cm 189,87 x 139,7. Courtesy l’artista e PAGE, New York City
Aneta Kajzer, GRIN, 2020, olio su tela, cm 59,7 x 45,1. Courtesy l’artista e PAGE, New York City
Con una laurea specialistica in Economia e Gestione dei Beni Culturali e appassionato all’ambito dell’arte Contemporanea, alla sua dimensione economica e, più in generale, alle dinamiche caratterizzanti il mercato dell’arte, Gabriele ha maturato nel corso del tempo esperienze in contesti quali gallerie d’arte contemporanea, start-ups ed Art Advisory. Attualmente lavora nella casa d’aste Art-Rite come assistente di dipartimento di arte Moderna e Contemporanea.
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