L’irriverente ricerca artistica di Ann Hirsch (1985, Baltimora, vive e lavora a Los Angeles) esplora il ruolo ricoperto dalle donne nello spazio on line e le tacite convenzioni che vincolano l’espressione della sessualità femminile. Cresciuta in una famiglia molto conservatrice, scopre giovanissima il mondo delle AOL chatroom che, al termine degli studi accademici, ispira i suoi intensi esperimenti performativi mediatici. Uno dei suoi primi progetti è stata la creazione del canale You Tube Scandalicious, in cui l’artista interpretava il ruolo di una Hipster che si esibiva in danze provocanti e ironiche di fronte alla webcam suscitando i commenti, spesso irrispettosi e dozzinali, delle migliaia di utenti che la seguivano. Affascinata dal modo in cui la TV rafforza facili stereotipi di genere solitamente associati alle giovani donne, nel 2009 partecipa a un reality show americano stravolgendone dall’interno le dinamiche per stigmatizzare gli ideali negativi sottesi al successo di standard autorappresentativi che sacrificano l’identità della persona in nome dell’agognata ed effimera fama mediatica. Offrendo il proprio corpo e la propria immagine in situazioni ambigue e scomode, Hirsch indaga l’influenza della tecnologia sulla sessualità e sulle questioni di genere segnalando contraddizioni e complessità della condizione femminile nei nuovi media.
Submarine Society , prima personale italiana dell’artista statunitense e nuovo inquietante capitolo della sua catalogazione di morbosità e manie contemporanee, è un’immersione in apnea nelle profondità dell’inconscio individuale e collettivo, concepito come una regione liminare in cui si acquattano sogni rimossi, desideri inconfessati e piccole perversioni quotidiane. Il titolo della mostra è ispirato alla nota analogia Freudiana: “la mente è come un iceberg, galleggia con un settimo della sua massa al di sopra dell’acqua” e proprio l’Iceberg è il motivo ricorrente di una serie grafica con cui l’artista scandaglia e mette a nudo le proprie fantasie più intime. L’automatismo del disegno genera una surreale galleria di personaggi nudi impegnati in occupazioni illogiche con l’ausilio o sotto la sorveglianza di oggetti improbabili, inabissati nello stesso liquido cerebrale e amniotico (l’interno dell’iceberg) che nutre e avvolge la scena. La grafia discontinua e beffardamente insistente di Hirsch sembra compiacersi della stralunata banalità del proprio inconscio e attribuire misteriose allusioni erotiche a situazioni di per sé innocenti. A questo modo un assolo di pianoforte ha come unico spettatore un compiaciuto maialino nel prato, una partita a scacchi diventa pratica di dominazione feticista e un ranocchio assiste impassibile all’impiccagione della principessa strozzata dalla leggerezza delle sue aspirazioni. Queste narrazioni grottesche rimescolano fragilità e crudeltà private per restituirle come interruzioni di senso che fanno emergere la semplicità degli istinti umani più basici, ormai inestricabilmente connessi a un immaginario geneticamente modificato dall’intrusione di rizomi di cultura mainstream alla deriva.
Gli Iceberg sono l’anticamera del nucleo più conturbante della mostra, una stanza vietata ai minori di 18 anni che ospita i video della serie Cuts, nati dalla rielaborazione di filmati a luci rosse scaricati dai principali siti internet dedicati. Per l’artista, secondo la quale ogni forma di esposizione del corpo su internet è pornografica, l’hard-core, che costituisce una percentuale enorme del traffico internet, è il gigantesco rimosso dell’inconscio collettivo odierno e per questo viene tendenzialmente ignorato dagli studi sociologici e anche dalla produzione artistica. La globalità della sua diffusione, accompagnata da un’altrettanto universale omissione di presa di coscienza critica, convince Hirsch a considerare questo fenomeno come punto d’osservazione privilegiato per il suo esame critico sulla sessualità umana e sulle correlate questioni comportamentali e sociali che influiscono sulla sua codificazione culturale. Ciascun video è associato al logo del sito web di riferimento, si concentra su una specifica categoria pornografica, come “teen”, “anal”, “milf” o “interracial”, e deriva dal montaggio di brevi sequenze tratte da svariati filmati su una traccia audio creata dall’artista. L’intento non è quello di sconvolgere o eccitare il fruitore, ma far affiorare i molteplici livelli di significato che si celano nella rappresentazione esasperata e consumistica dell’osceno per cercare di comprendere quali appigli possa trovare nelle eventuali insoddisfazioni e repressioni che lo svolgimento di una normale esistenza sociale implica.
Così un video che mostra il sesso tra adolescenti è abbinato al brano I’m on Fire in cui Bruce Springsteen (secondo l’artista il tipico americano maschio bianco di mezza età) canta l’amore come possesso, mentre in Titty Fucking una voce narrante femminile si addentra in un caotico flusso di coscienza che si interroga sul potenziale erotico della donna-madre di fronte a scene hard interpretate da prosperose donne mature. In The Unbereable Whiteness of Being il soliloquio di Hirsh ripercorre lo stereotipo transculturale del colore bianco come simbolo di purezza, nobiltà spirituale e pacifismo in contrastante sovrapposizione a immagini di sessualità patinata a voyeuristica, mentre in Dancers in the Dark si vedono solitari balli in webcam di ammalianti dive casalinghe sole nelle loro stanze ordinarie ma ciecamente connesse con uno sterminato pubblico di potenziali guardoni protetti dall’anonimato. Questi anomali assemblaggi mediatici mettono a dura prova lo spettatore costringendolo a guardare un’incalzante successione di rapporti sessuali preconfezionati in un luogo pubblico come la galleria, a superare l’imbarazzo di fare apertamente ciò che di solito si fa di nascosto, a confrontarsi con le proprie perversioni e forse a scoprire impensabili mostri molto vicino a sé. Mordace, intelligente e dolorosamente sincera, Ann Hirsch continua ad avere il coraggio di esporsi in prima persona nella sua eterodossa ricerca artistica con l’unico scudo di una spudoratezza che sarebbe riduttivo anestetizzare definendola provocazione.
Info:
Ann Hirsch. Submarine Society.
23 settembre – 11 novembre 2017
GALLLERIAPIÙ
Via del Porto 48 a/b, Bologna
Ann Hirsch, The Cable Guy (Iceberg series), 2017, gouache and colored pencils on paper, courtesy GALLLERIAPIÙ
Ann Hirsch, The Dog (Iceberg series), 2017, gouache and colored pencils on paper, courtesy GALLLERIAPIÙ
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
NO COMMENT