Spesso il mondo della moda ha incontrato quello dell’arte, tanto che, in alcuni casi, è difficile individuarne la linea di confine. Molti artisti si sono cimentati col disegno e la fotografia di moda (ad esempio Thayaht, nel primo caso, ed E. Steichen, H. Newton, W. Klein nel secondo) e se pensiamo all’Art Nouveau non possiamo dimenticare l’enorme influenza che ha esercitato sullo stile dell’epoca. Se dovessimo, invece, pensare ad un nome che racchiude entrambe le anime, di certo quello di Antonio Lopez (Utuado, 1943) rientrerebbe tra questi. La personale organizzata alla Fondazione Sozzani di Milano curata da Anne Morin, direttrice di diChroma Photography di Madrid, fornisce, a tal proposito, uno spaccato esaustivo della sua poliedrica attività.
Antonio Lopez, drawings and photographs, inaugurata il 12 gennaio 2020 e aperta fino al 13 aprile 2020, non raccoglie soltanto oltre duecento disegni originali, ma anche fotografie e collage, a testimonianza del grande estro creativo di uno degli illustratori più rivoluzionari della storia. Lopez, infatti, pur avendo collaborato con i più prestigiosi marchi di moda – Armani, Missoni, Versace – ha conservato una certa coerenza in fatto di ricerca, restando sempre fedele alla propria concezione di moda e disegno. “Quando arrivai nel mondo della moda, l’illustrazione era un’arte morta […] Io le feci una trasfusione”, affermò in un’intervista del 1982, e, in effetti, a partire dagli anni Sessanta Lopez elaborò un nuovo modo di interpretare gli abiti e il corpo. I lavori apparsi sul New York Times nel 1963 stabilirono che, da quel momento in poi, i figurini non avrebbero più dovuto avere forme piatte e scarne, ma che anzi avrebbero dovuto colorarsi della vivacità intrinseca del mondo della moda, e assumere forme sinuose e sgargianti. La libertà creativa di Lopez porterà poi a sperimentazioni sempre più ardue e visionarie: nel lavoro per lo stilista Roberto Capucci, apparso su Vanity nel 1983, gli abiti, ad esempio, prendono vita assumendo delle conformazioni fitomorfe, mentre nel bozzetto Shoe Metamorphosis, sempre dello stesso anno, l’abito e la modella si fondono in un corpo solo trasformandosi, come preannuncia lo stesso titolo, in una scarpa – soluzione, questa, dal chiaro sapore surrealista.
Oltre alle illustrazioni, Antonio Lopez si servì, come detto prima, anche dello strumento fotografico. Sia per le escursioni mondane, che per quelle lavorative, ricorse molto spesso all’utilizzo della Kodak Instamatic, producendo un gran numero di istantanee: probabilmente questa scelta è stata influenzata dall’essere entrato in contatto con Andy Warhol intorno alla metà degli anni Settanta, quando Lopez collaborò per il suo periodico Interview.
Gli scatti di Lopez proiettano lo spettatore nella più effervescente vita mondana di quegli anni, dove feste, cocktails ed eventi glamour la facevano da padrone durante le serate newyorkesi. È facile, dunque, scorgere volti noti nelle sue fotografie: oltre a Juan Ramos, suo collaboratore e compagno di vita, si scorgono infatti le figure di Andy Warhol, Salvador Dalì, Karl Lagerfeld, David Bailey; accanto a icone della moda come Pat Cleveland e Jerry Hall, si riconoscono poi i volti di Jessica Lange, Grace Jones e Paloma Picasso, allora giovani modelle e attrici spesso scoperte dallo stesso Lopez. Il mezzo fotografico viene quindi impiegato con approccio professionale – famosa la serie Blue Water del 1975 –, ma anche in maniera più distesa e giocosa: nel primo caso l’attenzione di Lopez non solo si sposta su volti esotici, abbastanza rari per le copertine dell’epoca, ma si concentra anche sull’utilizzo di nuove soluzioni da adottare durante i set, più libere e meno legate agli standard del tempo; nel secondo caso l’intento ludico lo porta, invece, a inscenare quasi delle performance che spesso coinvolgevano anche amici e colleghi – il photo booth del 1974 richiama ad esempio alla mente i primi esperimenti di René Magritte degli anni Venti –.
Con Antonio Lopez moda e arte si fondono in un continuo di ricerche che non riguardano soltanto i lavori su carta, ma che finiscono per investire l’intera sua vita. Un po’ come Warhol, Lopez non smise mai di vestire i panni dello sperimentatore, e, come un moderno bohémien, trasferì costantemente il suo modo visionario di intendere il glamour anche nella sfera privata. Inoltre, come afferma il regista James Crump, autore del documentario Antonio Lopez 1970: Sex Fashion & Disco presente in mostra, la figura di Lopez risultò fondamentale per contribuire a sdoganare alcuni tabù come quelli della sessualità e dell’etnicità, essendo stato tra i primi a tramutarli in fonti di ispirazione e a elevarli a valori aggiunti nei suoi lavori. Come disse Pat Cleveland, “Antonio viveva nel futuro” e, pertanto, rappresentò uno spartiacque nella storia della cultura visiva di moda tra quello che successe prima e quello che accadde dopo il suo contributo.
Antongiulio Vergine
Info:
Antonio Lopez, drawings and photographs
A cura di Anne Morin
12 gennaio 2020 – 13 aprile 2020
Fondazione Sozzani, Corso Como 10, Milano
press@fondazionesozzani.org
www.fondazionesozzani.org
Antonio Lopez, Pat Cleveland and Grace Jones, Blue Water Series, Paris, 1975, © The Estate of Antonio Lopez and Juan Ramos
Antonio Lopez, Capucci, Vanity, model unknown, 1983, © The Estate of Antonio Lopez and Juan Ramos
Antonio Lopez, Shoe Metamorphosis, Jane Thorvaldson, 1983, © The Estate of Antonio Lopez and Juan Ramos
Antonio Lopez, Photo Booth Series, Paris, 1974, © The Estate of Antonio Lopez and Juan Ramos
Nato a Campi Salentina (LE). Dopo la facoltà triennale di Tecnologie per la Conservazione e il Restauro dei Beni Culturali presso l’Università del Salento, frequento il Corso di Laurea Magistrale in Arti Visive presso l’Università di Bologna. Ho collaborato con la Galleria d’Arte Maggiore g.a.m. di Bologna e con il MUMA – Museo del Mare Antico di Nardò (LE). Mi interessano le vicende riguardanti l’arte contemporanea, in particolare quelle legate alle pratiche video-fotografiche e performative. Scrivo per ATPdiary e Juliet Art Magazine.
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