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Artissima 2017: suggerimenti per la visita

Artissima 2017: suggerimenti per la visita

Inaugura oggi a Torino, dopo la preview su invito di giovedì, la 24a edizione della più importante fiera d’arte contemporanea italiana sotto la direzione di Ilaria Bonacossa, subentrata lo scorso dicembre a Sarah Cosulich che aveva condotto la manifestazione per 5 anni consecutivi. Artissima si svolgerà dal 3 al 5 novembre all’Oval, Padiglione di vetro costruito per i Giochi Olimpici Invernali, e riunirà 206 gallerie che presenteranno le opere di 700 artisti di 32 Nazionalità diverse con l’obiettivo di mettere a confronto realtà affermate ed emergenti accomunate da un’analoga vocazione curatoriale in linea con l’identità sperimentale che da sempre ha caratterizzato la fiera. Oltre alle quattro consuete sezioni, ovvero Main Section, dedicata alle gallerie più consolidate della scena internazionale, Dialogue, riservata a gallerie emergenti o gallerie con un approccio sperimentale che presentano uno stand monografico o i lavori di 2-3 artisti in dialogo tra loro, New Entries, per gallerie attive da meno di cinque anni per la prima volta a Torino e Art Editions, per gallerie specializzate in edizioni e multipli d’artista, se ne aggiungono altre tre.  Present Future valorizza talenti emergenti selezionati da una commissione di giovani curatori internazionali, Back to the Future analizza gli aspetti pionieristici della scena artistica storica che per quest’edizione si concentra sugli anni ’80; Disegni si concentra sulle peculiarità di questa forma espressiva in bilico tra idea e opera finita. Nella sfaccettata e multiforme offerta espositiva presentata dalle gallerie abbiamo provato a individuare alcuni elementi paradigmatici delle tendenze artistiche più diffuse nel panorama contemporaneo, che riportiamo qui di seguito senza alcuna pretesa di esaustività assieme ad alcune indicazioni su ciò che, secondo noi, merita di essere visto.

Uno dei primi aspetti interessanti da notare è l’alta concentrazione di artisti impegnati nel recupero (in prima persona o per delega) di tecniche artigianali un tempo legate a una sfera prettamente femminile e domestica, come ricamo, tessitura e uncinetto, che vengono rielaborate in chiave concettuale, pittorica, commemorativa, documentaria o narrativa. Tra questi ricordiamo i tappeti in lana tratti da rapidi appunti e promemoria con cui Christian Jankowski (Galleria Enrico Astuni) organizza i viaggi della sua vita nomadica, la trapunta-sudario in varie gradazioni vermiglie con cui Abdoulaye Konaté (Galleria Primo Marella) denuncia  le violenze della guerra in Siria o gli elegantissimi arazzi rituali intessuti di foglia oro e pietre magiche di Summer Wheat (Braverman Gallery). Preziosi inserti ricamati trasformano i ritratti di Francesco Vezzoli (Galleria Franco Noero) in icone epocali dall’anima dannata, mentre Maria Arendt (Galerie Iragui) documenta i progetti costruttivisti sovietici degli anni ‘20 su una serie di teli ricamati che confondono monumenti modernisti esistenti e utopie mai realizzate. Per Jöel Andrianomearisoa (Sabrina Amrani) i tessuti possono avere un valore affettivo ed emotivo, quando conservano le tracce di chi li ha posseduti o lavorati, o diventare sostanza cromatica mobile e impalpabile come un transitorio stato d’animo nei tappeti verticali realizzati con scarti di lavorazioni tessili. I manufatti tessili possono diventare materiale artistico anche senza che la loro natura utilitaristica venga modificata da specifici interventi, come accade alle sculture di Simon Callery (Fold Gallery) formate dal ricadere delle pieghe allentate di tessuti rigidi ripiegati su se stessi o alle elusive installazioni in cui Jason Dodge (Galleria Franco Noero) fa tessere a varie persone in tutto il mondo una striscia di panno del colore della notte lunga come la distanza che separa la terra e i fenomeni meteorologici. A metà tra scultura ed enigmatica poesia le sagome floreali che Ian Law (Rodeo Gallery) intaglia nell’imbottitura spugnosa di sedili prelevati dalla sala d’attesa di un ospedale in The wait is over, mentre Paolo Lobato (Bendana|Pinel) trova un’impercettibile e rarefatta fonte d’incanto nella presentazione di strisce di tessuto tradizionale coreano tagliate senza precisione da venditori locali. L’arte, si sa, ha le proprie interne ragioni e unità di misura, ma questo non vuol dire che le sue logiche non siano efficaci nell’aiutarci a comprendere la realtà, come accade nell’ironica installazione di Cristina Garrido (Curro Gallery) che confronta con scientifico empirismo la proporzione tra pagine di testo e pubblicitarie su alcune importanti riviste d’arte contemporanea servendosi di pietre di differenti dimensioni.

Se la modularità ludica e colorata degli oggetti di produzione industriale non smette di intrigare gli artisti in un estremo retaggio di cultura pop, come negli accumuli complementari di Laura Ramis (Galería Rafael Pérez Hernando), la scultura in mostra sembra far emergere un ambiguo rapporto di imitazione e dissimulazione con gli elementi più ordinari della quotidianità. Così il bronzo si finge cartone da smaltire in Against Permanence di Mario Garcìa Torres (Galleria Franco Noero), Giulia Cenci (SpazioA) si avvale delle più sofisticate abilità mimetiche per riprodurre inutili avanzi di immaginarie attività lavorative o relitti pseudo naturali, Belén Uriel (Madragoa) modella con materiali poveri quelli che a prima vista sembrerebbero semplici ready made, mentre Giovanni Termini (Otto Gallery) lavora al confine tra assemblaggio minimale, fluidità formale e contraddizioni logiche. Silenziosamente, alcuni oggetti che vengono presi a modello per le sculture o che ne costituiscono la materia prima sembrano voler reclamare una propria dignità biologica, come accade nelle opere di Martino Genchi (Galleria Michela Rizzo), strutture nude composte da tensioni contrastanti in segreta opposizione all’immobilità della scultura, nelle fusioni porose di Alberto Scodro (CAR drde) pronte a inglobare in sé qualsiasi elemento chimico della realtà circostante o negli ambigui amplessi tra cose e materiali inerti di origine animale di Mimosa Echard (Galerie Sami Abraham).

Anche la pittura, che nelle sue manifestazioni più tradizionali spazia tra visceralità di lontana matrice baconiana, mostruosità alla Bosch rivisitate in chiave cartoon e rassicuranti monocromi che esplorano tutte le possibili gradazioni di texture e pennellata che una superficie può accogliere, sembra voler forzare le sue consolidate specificità per avventurarsi su un terreno insidioso  che conduce all’emulazione/sofisticazione di archetipi visivi solitamente connessi ad altre discipline. Così ad esempio le stratificazioni di Paolo Bini (Alberto Peola Arte Contemporanea) sembrano alludere alla compressione e deframmentazione di  criptici files mentali, mentre le nature morte gestuali di Edwin Burdis (Vitrine) presentano lacune che assomigliano a ingrandimenti di pixel corrotti. Da sempre la pittura tenta di misurarsi con la terza dimensione, ma ora sembra disinteressarsi alla classica illusione di profondità per inseguire un aggetto di impronta scultorea, come accade nei fogli metallici di Pennacchio Argentato (Acappella) che mimano le pieghe e le sfumature di raffinate carte colorate o  nelle sovrapposizioni di piani pittorici, materici e trasparenti operata da Will Stuart (Clima Gallery). Per concludere c’è anche chi, forse in linea con la smaterializzazione della società globale e digitale dei nostri tempi, presenta coraggiosamente il proprio lavoro come intervento minimo al confine con il nulla, come l’installazione residuale di Alvaro Urbano (ChertLüdde) composta da tubi e carte a terra o la volatile scultura di Brookhart Jonquil che nasce da un sottile foglio di carta più volte stropicciato e disteso (Piero Atchugarry).

Info:

Artissima 2017
3 – 5 novembre 2017
Oval, Lingotto Fiere Torino

Simon Callery, Wallspine Green and Black, 2013, canvas, distemper, thread and steel brackets, 88 x 130 x 30 cm, courtesy Fold Gallery

Summer Wheat, Brushing and Snacking, 2016, gold leaf, magic sculpt, resin and acrilyc paint, piece unique, courtesy Braverman Gallery

Laura Ramis, Cromática, 2017, Plastic objects , 300×600 cm, courtesy Galería Rafael Pérez Hernando

Mimosa Echard, Ballard, car light, pterocera, 2015, courtesy Galerie Sami Abraham

Alberto Scodro, Untitled (Sunflower), 2017, Glass, sand, zinc, cooper, iron, pigment, oxid, epoxy, cotton, 37×31 cm, Courtesy The Artist & CAR DRDE Bologna

Cristina Garrido, An Unholy Alliance Series, object- art magazine, glue, courtesy Cristina Garrido & Curro Gallery

Edwin Burdis, Llanwenarth Breast 1, 2017, Plywood Panel, Spraypaint, Oil and Acrylic. Audio. 41x31x5 cm Courtesy VITRINE


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