In occasione del finissage della mostra Attraverso, personale di Sabrina Muzi curata da Antongiulio Vergine e promossa dal collettivo Capital Project nell’ambito del programma annuale di residenze artistiche pensate per il contesto del Borgo di Colle Ameno nel comune di Sasso Marconi (BO), abbiamo chiacchierato con l’artista per approfondire la sua poetica e i retroscena del progetto. Il viaggio di Sabrina Muzi nei sotterranei di Villa Davia termina stasera (18 giugno 2021): l’artista dalle 17.00 alle 20.00 rinnova la sua presenza per accompagnare il pubblico attraverso i tre ambienti che compongono il percorso espositivo: il primo, corrispondente al momento della nascita, è caratterizzato da una preminente vena di casualità e raccoglie le tracce della performance da lei eseguita nelle prime due giornate della mostra; il secondo rappresenta la prova, momento in cui affrontare e superare le proprie sofferenze; il terzo, infine, coincide con il riscatto, momento chiave in cui si conquista la liberazione.
Andrea Guerrer: Ci dice qualcosa di più della sua formazione, di quando e come ha iniziato le sue esperienze artistiche?
Sabrina Muzi: Ho iniziato la mia ricerca negli anni novanta e dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti di Macerata ho continuato a lavorare per qualche anno nelle Marche. L’installazione e il disegno sono stati i primi mezzi ai quali mi sono approcciata, passando poi al video, alla fotografia e alla performance. La mia formazione è continuata con una nuova fase di vita e di esperienze artistiche quando mi sono trasferita a Bologna, dove sono venuta in contatto con la scena culturale nel clima stimolante che si godeva in quegli anni nel capoluogo emiliano. Pur non avendo studiato a Bologna, mi sono confrontata attivamente con la ricerca di artisti della mia generazione, lavorando con curatori e critici che lì si erano formati ed esponendo in gallerie e spazi no profit in città e in seguito in vari spazi espositivi in giro per Italia. Ad un certo punto ho sentito l’esigenza di fare altre esperienze, e pur mantenendo la mia base in Italia, ho iniziato a partecipare a programmi di residenze artistiche all’estero, in un periodo in cui nel nostro Paese ancora non esistevano ed era persino difficile spiegare cosa fossero o a cosa “servisse” farle, come spesso mi veniva chiesto. Affascinata dall’Oriente, l’ho scelto come una delle mie mete preferite, e anche alla conoscenza sul campo di questa cultura devo la mia formazione e ricerca artistica.
Nel percorso ideale della sua mostra, che va dalla tema della nascita a quello della prova e infine a quello del riscatto, pare essere presupposta la forza di un destino. Ma è evidente anche la sua passione per il caso, per l’alea, simbolizzati dal classico tiro dei dadi. Ci può dire qualcosa di più a riguardo?
Il destino, la fortuna, il caso, percorrono il senso della mostra, attivata in primo luogo dall’azione performativa nei due giorni di apertura, di cui restano le tracce durante tutta l’esposizione. L’incipit del progetto è un responso ottenuto dall’oracolo deI Ching, antichissimo libro di saggezza e filosofia cinese, da cui traggo il numero degli esagrammi che poi nella performance scrivo sul dorso delle mie mani. Reitero l’azione in forma partecipata nel tiro dei dadi da “giocare” insieme al pubblico in un percorso in cui conduco ciascuno individualmente a “sperimentare” il percorso di mostra. Il mio lavoro si nutre spesso del valore di simboli e segni, sono punti di partenza che rielaboro per costruire un immaginario personale, e in questa mostra a partire dal primo ambiente ci sono vari elementi “significanti. Passando dagli antichi filosofi greci, ai saggi d’oriente e d’occidente, fino ai pensatori contemporanei, il discorso su quanto la nostra vita dipenda da noi, dal caso, o dal destino rimane sempre aperto e pieno di sfaccettature. L’esperienza del tiro dei dadi è però anche quel mettersi in “gioco” del fare l’esperienza, senza timore dei risultati, perché il percorso non è che all’inizio, il momento in cui veniamo al mondo e non sappiamo ancora cosa ci spetterà, cosa riusciremo a ottenere, volere, ricevere o lasciare andare. Questa mostra è un percorso da “attraversare” come cita lo stesso titolo, un’esperienza che riguarda ciascuno di noi, il vissuto personale, le sfide, il riscatto e la consapevolezza.
La scelta della location della sua mostra è molto significativa e suggestiva. Come è avvenuta?
“Attraverso” è un progetto che non può prescindere dal luogo per il quale è stato pensato, i sotterranei di Villa Davia nel borgo di Colle Ameno a Sasso Marconi. La mostra è ospitata e promossa da Capital Project, collettivo di artisti (Marcello Tedesco, Silla Guerrini, Francesco di Tillo) che gestisce il ricco programma di mostre d’arte contemporanea e residenze per giovani artisti in questo bellissimo borgo. Capital Project ha invitato me e il curatore Antongiulio Vergine a pensare un progetto per i sotterranei di Villa Davia, spazi molti suggestivi e carichi di energia. La bellezza della Villa e dei suoi ambienti, il parco, e la comunità che vi risiede, colpisce subito i visitatori, spesso accolti da una gioiosa combriccola di bambini che vivacizzano il luogo, ma questo borgo ha anche una storia intensa e travagliata. Quando ho visitato i sotterranei ho pensato alla storia del luogo, un tempo presidio nazista, e in particolare alle stanze utilizzate per la mostra che sono stati luoghi di detenzione. Mi è sembrata la sede giusta per un progetto che affrontasse un discorso sul destino, pensando a un percorso catartico, diviso simbolicamente in tre tappe, che dopo la stanza iniziale e quella della prova, si conclude con il momento della liberazione, identificato con il disegno del glifo di Chirone, figura mitologica e costellazione astrologica del centauro guaritore.
Nelle sue performance quanto incide il rapporto con il pubblico?
Il coinvolgimento con il pubblico nel lavoro performativo contiene quel margine di imprevedibilità che non può che arricchire il contenuto del lavoro, oltre che la sua rappresentazione estetica. Quando il pubblico è attivo non solo come fruitore che agisce con lo sguardo, ma mette in gioco sé stesso in un’interazione corporea e mentale avviene qualcosa di magico. Nel momento relazionale si verifica uno scambio, le esperienze si sommano e confrontano e quello che ne risulta è un valore aggiunto, la qualità dell’esperienza fatta con l’altro.
Ci può dire qualcosa sui suoi progetti per il futuro?
Sto lavorando ad altri progetti di performance, che probabilmente avrò la possibilità di presentare entro l’anno. Ma sono impegnata anche in una serie di lavori su carta, che includono diverse tecniche, un lavoro iniziato già lo scorso anno in cui proseguo il mio lavoro di ricerca su simboli e archetipi, che mette in relazione cultura occidentale e orientale.
Sabrina Muzi, Attraverso, 2021, performance-installazione, courtesy l’artista
Sabrina Muzi, Attraverso, 2021, performance-installazione, courtesy l’artista
Sabrina Muzi, Attraverso, 2021, performance-installazione, courtesy l’artista
Sabrina Muzi, Attraverso [Chéirōn], 2021, disegno tecnica mista su carta Xuan con spot d’oro, ph credits Marcello Tedesco, courtesy l’artista
Sabrina Muzi, Attraverso, 2021, performance-installazione, ph credits Marcello Tedesco, courtesy l’artista
Attore e performer, ama le arti visive in tutte le loro manifestazioni.
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