Nel racconto intitolato Il diavolo del campanile, scritto da uno degli autori più affascinanti e grotteschi dell’Ottocento, si narra la venuta improvvisa di una strana creatura che trovò rifugio nella torre campanaria del villaggio Vondervotteimittiss[1]. Solo dopo, considerando la reazione dei pendoli che si attaccarono inspiegabilmente alle code dei gatti e dei maiali del paese, si scoprì che tale essere era un mostro demolitore di antichi ordini. Proprio con la stessa dose di temeraria, visionaria e stregata follia, la curatrice Marta Pellerini affronta il tema del mostruoso con il progetto You were kept awake all through the night, allestito presso la British School at Rome sino al 21 giugno 2024, dove sono esposte le opere di Dario Carratta, Ginevra Collini, Aaron Ford, Eloise Fornieles, Kerstin Kartscher e Tura Oliveira. Inoltre, con l’intento dell’istituzione di stabilire un dialogo ricco e costruttivo, fungendo altresì da catalizzatore di progetti artistico culturali, nell’ambito espositivo sono presenti interessanti partecipazioni di collaborazioni esterne e artisti legati a percorsi di studi presso lo stesso istituto.
In tale contesto si è certi che il tema del mostruoso è affrontato con una forte lucidità critica da Pellerini che, alla pari del personaggio del racconto, è capace di scardinare i normali ordini, abbandonandosi a una pratica progettuale sognante e allucinata. In particolare, nella capacità di trovare un equilibrio d’indagine e il corretto tema di ricerca, il progetto risulta essere apparentemente scarno per la manifesta semplicità, schiudendo invece in maniera inaspettata singolari spunti critici. Così, proponendo accostamenti visivamente ruvidi con opere davvero dissimili, la curatrice inverte con ingegnosità l’attività di una normale pratica curatoriale, lavorando per dissociazioni e non per forzate relazioni. Così gli artisti in mostra devono essere analizzati uno per uno, altrimenti per contrasto, poiché le opere esposte sono prima di tutto esemplificative e identitarie delle loro personali ricerche.
Ciò è quanto avviene con Dario Carratta, il quale attraverso la raffigurazione di situazioni inspiegabili e apparentemente trascurabili si dedica a trattare il tema misterioso, piuttosto che quello del mostruoso. Per l’artista la pittura è il linguaggio più naturale con cui esprimersi, vissuto come una sfida per esteriorizzare quanto normalmente il lessico non permette di formulare; ogni pittura riecheggia frangenti di grottesca surrealtà di certo derivanti da un sottosuolo onirico. È da tale terreno che sgorgano cromie allucinate, toni aciduli e cangianti. Sebbene le opere siano scarne di particolari sono necessari tempi di lettura dilatati che spingono a chiederci dove trovino origine le sue visioni. Diversamente Aaron Ford risulta influenzato dall’aspetto percettivo. L’artista tratta la pittura nel perimetro di uno schermo visuale deformando e schiacciando i soggetti: la memoria che lo ispira altro non è che un serbatoio di visioni, in cui forma e colore descrivono spazi per impressioni. Si tratta, in altri termini, di un approccio fortemente equilibrato, dove l’immaginario fantastico, grottesco e il reale si confondono. Di particolare interesse tra le opere esposte, molto fedele al tema della mostra, è quella con il supporto in vetro, in cui l’ombra di un’anima all’apparenza dannata, sembra tracciata da lacerti di fumo.
Tura Oliveira affronta la tematica del mostruoso in maniera del tutto sperimentale, utilizzando materiali di recupero e giocando con tecniche disegnative su tessuti per individuare il delicato equilibrio tra il potere dell’iconografia della Maddalena del Seicento italiano e la sua trasgressione. Risultano così tracciate linee severe e secche, mentre l’assenza di sfondo e orizzonte enfatizza l’immobilità della figura, conducendoci a immaginare una narrazione assurda e agghiacciante. Ginevra Collini, in modo del tutto singolare, presenta una bizzarra scultura frutto di un surreale esercizio d’inquadratura ed equilibrio di distorte geometrie. L’opera adagiata a terra, come se fosse un insetto strisciante o altrimenti un succedersi di case in marcia, traccia il percorso di una scultura che è oggetto e anche luogo. Inoltre, spicca tra tutte le proposte in mostra per l’assenza di colori, giocando con la trasparenza. Sondando e ibridando diversi linguaggi, Collini sfiora al contempo la questione della narrazione e della plastica, intesa come manufatto creato in simultanea con un’azione performativa.
Anche Kerstin Kartscher presenta un’installazione di forte visionarietà, sia per non porsi alcun limite circa i materiali utilizzati, sia per intrecciare studi svolti sul tema dell’abitazione e dall’appartenenza. Ne consegue un’opera caratterizzata da un meticciato allestitivo, fusione di stendini, carta e tende da sole che manifestano una identità plurale e fluida, indagante il senso di adesione a un luogo. Difatti, Kartscher intende raccontare con un linguaggio irrazionale per bizzarra e genuina semplicità la storia di un territorio e il periodo di un suo soggiorno nella capitale. Le trame dell’abitudine si infrangono, caricandosi di nuovi significati, anche con Eloise Fornieles, che presenta un video in cui si narra la storia di una voce perduta, miscellanea di simboli, misteri e frammenti di memoria. Quella dell’artista altro non è che un frutto di un’arte combinatoria in cui vengono raccolte sperimentazioni sulla propria identità caleidoscopica e dissacrante con un dizionario visivo di intimi comportamenti.
Nel suo insieme, quanto proposto dà spazio all’irreale piuttosto che al mostruoso, infatti ogni opera esposta è frutto di una curatela visionaria, certamente scardinatrice dei classici ordini: la stessa ispirazione che fece impazzire gli orologi nel villaggio di Vondervotteimittiss, laddove la cura delle cose era affidata ad uno spirito ribelle.
Maria Vittoria Pinotti
[1] Edgar Allan Poe, Il diavolo del campanile, in Racconti, La biblioteca di Repubblica, 2003, pp. 78-79
Info:
Dario Carratta, Ginevra Collini, Aaron Ford, Eloise Fornieles, Kerstin Kartscher, Tura Oliveira. You were kept awake all through the night
A cura di Marta Pellerini
British School at Rome, Via Antonio Gramsci, 61, 00197 Roma
17/05/2024 – 21/06/ 2024
Dal lunedì al venerdì dalle 15:00 – 19:00
https://bsr.ac.uk/
Maria Vittoria Pinotti (1986, San Benedetto del Tronto) è storica dell’arte, autrice e critica indipendente. Attualmente è coordinatrice dell’Archivio fotografico di Claudio Abate e Manager presso lo Studio di Elena Bellantoni. Dal 2016 al 2023 ha rivestito il ruolo di Gallery Manager in una galleria nel centro storico di Roma. Ha lavorato con uffici ministeriali, quali il Segretariato Generale del Ministero della Cultura e l’Archivio Centrale dello Stato. Attualmente collabora con riviste del settore culturale concentrandosi su approfondimenti tematici dedicati all’arte moderna e contemporanea.
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