Incontro Carmine Calvanese, al Caffè Sacher di Trieste. È a Trieste di passaggio per andare a Lubiana a visitare la Cukrarna, un ex zuccherificio trasformato in spazio espositivo per l’arte contemporanea.
Andrea Panfili: Lei è originario di Salerno, perché si è trasferito nel Veneto?
Carmine Calvanese: Sì, sono nato a Salerno, una città ricca di sole e di mare, ma la città è una specie di bomboniera, contornata da un nastrino colorato e dove l’arte contemporanea non ha molto spazio. La sorte (buona o cattiva, chi lo sa?) mi ha portato al Nord, e debbo dire che mi trovo molto bene.
Nello specifico, quali sono i suoi rapporti con Trieste?
Trieste ha varie realtà interessanti: c’è la galleria MLZ che partecipa alle fiere a si occupa di arte a livello internazionale e poi ci vive quel gran pittore e amico Antonio Sofianopulo. Inoltre la città si sta rinnovando, dopo anni di sonnolenza.
Parliamo ora del suo lavoro artistico. Il suo linguaggio è molto particolare; ha un qualche rapporto con l’architettura?
Più che con l’architettura direi che ha un rapporto con la chiave di volta: una parte giocosa in cui è possibile effettuare giri come sulle montagne russe. Mi spiego meglio: il mio linguaggio non crea l’opera ferma per essere consumata, bensì per essere cancellata, per poi riapparire sotto un’altra forma; sono lavori riciclabili. Questa operazione si sposa bene con la mia anima giocosa e con il modo di pensare odierno. Insomma, riscontro che c’è tanto bisogno di felicità e spensieratezza, e oggi, il linguaggio artistico appare spesso monotono, dato che non ha la capacità di coinvolgere vasti strati della popolazione. Ma la storia insegna che quello che rimane lo si vede sulle lunghe distanze.
Come sgorgano le idee per le sue creazioni?
Nel mio caso non si tratta di idee, direi piuttosto che è un fatto congenito, creatosi anni addietro. Tutti sappiamo che ogni persona cresce per migliorare l’Io da situazioni accadute prima e durante l’infanzia. Personalmente ho dovuto colmare una parte di me non soddisfatta al gioco, cioè nel senso proprio di divertirsi con i giocattoli. Sinceramente ho trovato questo sfogo da adulto e direi che è esploso a tal punto da confondere una persona viva per un burattino. Non a caso il mio maestro preferito è Antonio De Curtis, meglio conosciuto come Totò. Quindi le creazioni non partono dal di fuori, ma dal di dentro o, meglio, da una simbiosi; in questo modo accetto tutto ciò che la mia anima mi propone al vaglio, tenendo chiaramente in considerazione tutta la cultura del passato. Le immagini, nel mio caso, arrivano ironiche, giocose e concettuali perché le forme si cancellano slittando in altre immagini, o si accartocciano per preservare al loro interno il contenuto e il mistero. Il mio percorso artistico è stato inquadrato da Edoardo Di Mauro come “Concettualismo Ironico Italiano” sviluppatosi con mostre e dibattiti, ai primi degli anni ‘90. Oggi il mio lavoro artistico, si è aperto ad altre possibilità espressive: utilizzo l’intelligenza artificiale e vari software per realizzare dipinti digitali e brevi video.
Lei, a Revine Lago, ha aperto uno spazio dove fa attività espositiva, incontri, serate musicali, poesia e conferenze; ci dice qualche parola a riguardo delle motivazioni che l’hanno spinta a questo passo?
Circondarsi di amici che si esprimono in tutti gli ambiti artistici è un arricchimento, tuttavia questa seconda attività c’è sempre stata nella mia vita. Infatti, anni addietro, a Conegliano, avevo aperto lo Spazio Biblo. Ecco perché questo nuovo spazio a Revine Lago, in provincia di Treviso, che si chiama Viavai, è in qualche maniera, un proseguimento dell’altro. La differenza sta nel fatto che quest’ultimo nasce come serate all’aperto sono le stelle. Solo a volte, lo Spazio Viavai, migra in ambienti chiusi a causa della pioggia e del freddo. Gli eventi, si svolgono fino a tarda notte. Serate intense, con buon cibo e vino, con interviste e servizio fotografico agli artisti, e poi il tutto viene documentato su Instagram, YouTube, FB. Questo è possibile grazie a una squadra di collaboratori che mi sostiene. Per la comunicazione, fotografia/video e interviste Ulisse De Martin con Antonella Fava, per le presentazioni Luciano Paronetto.
Come chiusura le chiedo quali sono stati gli ultimi appuntamenti dello spazio Viavai e che cosa ha in programma per il futuro…
Gli ultimi appuntamenti hanno coinvolto artisti come Ernesto Jannini, il gruppo dei piombinesi (Pino Modica, Stefano Fontana, Salvatore Falci e Cesare Pietroiusti) intervenuti con le loro opere grazie all’artista Nello Teodori direttore del Museo del Somaro a Gualdo Tadino. Poi ho ospitato Maurizio Cannavacciuolo, Claudio Massini, la collezione di Giuly Lavina, Annamaria Iodice, Carlo Fontana, i poeti Mirko Ongaro, Francesca Cursi, Wulf Stefano, Lancerotto Massimiliano, Rosanna Boraso, Andrea De Rocco. I musicisti Vanni Benatelli, Mattia Gardenal, Pino Accotto, Nicola Vallefuoco, Marco Dianese e Barbara Gogan. Poi ho coinvolto il Teatro Instabile di Valdobbiadene con Maurizio Ruggiero, altre associazioni e spazi diversificati sul territorio come La Porte Fucsia, lo Spazio D’Argine, Officinapoesia, Associazione Zeneda, Rotonda di Villa Papadopoli e Vittorio Eventi. Con il progetto “Census” (una specie di appuntamento annuale) mi rivolgo al territorio, coinvolgendo giovani e vecchi talenti. In questo modo ho ospitato Massimiliana Sonego, Stefano Bernardi, Alessandro Cadamuro, Ampelio Zappalorto e tanti altri. A breve ci sarà l’appuntamento con Ennio Bianco con mostra e conferenza sull’AI che coinvolgerà l’artista Igor Imhof. Poi ci sarà lo storico e critico d’arte Gabriele Perretta che presenterà il suo ultimo libro. Sono in trattativa per avere amici artisti come Davide Coltro, Silvano Tessarollo, Walter Bortolossi. Sto pensando a un’esposizione del “Gruppo di Piombino”, mentre tanti altri progetti sono in via di definizione.
Andrea Panfili
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