Classe 1907, nazionalità greca e carattere istrionico, Alexander Iolas fu uno dei più importanti mercanti e galleristi del XX secolo e contribuì a plasmare il gusto e il panorama del suo tempo. Era amico dei più importanti artisti dell’epoca, impersonificando una cultura galleristica basata su relazioni personali di fiducia e stima, e fu tra i primi a fondare un sistema internazionale di gallerie satelliti. Negli anni Settanta acquistò ad Atene, nel quartiere popolare di Aghia Paraskevi, Villa Iolas, 700 metri quadrati interamente ricoperti di marmo bianco, dove la sua collezione di opere moderne trovava posto accanto ad antichità greche, egiziane, romane, bizantine e ottomane. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1987, a causa di controverse vicende di successione la dimora fu saccheggiata e i beni in essa conservati dispersi. Da allora Iolas fu inesorabilmente dimenticato.
Almeno dimenticato lo era fino al settembre scorso, quando Tommaso Calabro lo ha salvato dall’oblio e gli ha ridato il giusto valore. La mostra “Casa Iolas. Citofonare Vezzoli”, inaugurata il 24 settembre e visitabile fino al 16 gennaio 2021, costituisce il secondo appuntamento di un iter espositivo di riscoperta dei galleristi più importanti del nostro passato prossimo, iniziato nel 2018 con un capitolo dedicato a Carlo Cardazzo. Attraverso un’approfondita ricerca sull’attività espositiva del mercante greco si è voluto omaggiare la sua memoria e la sua personalità, proponendo artisti che aveva supportato e ricreando l’atmosfera della sua leggendaria abitazione ateniese. Accanto a mobili antichi e tappeti pregiati sono allestite oltre sessanta opere di autori quali, solo per citarne alcuni, Victor Brauner, ritenuto da Iolas un innovatore della pittura del suo tempo, Giorgio De Chirico, cui è dedicata un’intera sala, Eliseo Mattiacci, che accoglie il visitatore sulla scalinata d’ingresso con la scenografica installazione “Roma” (1980-81), Pino Pascali, con tre “Bachi da Setola” al tempo acquistati dal gallerista, e ancora Niki de Saint-Phalle, Max Ernst, Lucio Fontana, Paul Klee, Yves Klein, Ed Ruscha, Takis, René Magritte, Man Ray e Fausta Squatriti.
La mostra è stata preceduta tra il 31 agosto e il 15 settembre 2020 da “Anticamera Iolas. Materiali d’archivio”, esposizione di cinquanta cataloghi e trenta poster originali stampati dalla Iolas Gallery in occasione delle proprie iniziative. Tali materiali documentavano la passione del mercante per l’editoria e il vastissimo numero di personaggi con cui collaborò nel corso della propria carriera. A complemento della rassegna è in via di pubblicazione un catalogo interamente illustrato, pubblicato da Electa, con un testo di Luca Massimo Barbero. Quello presentato dalla galleria Tommaso Calabro nel complesso si configura come un robusto progetto espositivo, con opere eccezionali e una vocazione alla ricostruzione storica di tutto rispetto.
Ci si potrebbe ritenere soddisfatti così, ma bisogna ricordare che nel titolo vi è un invito a “citofonare Vezzoli”. La curatela è infatti a firma di Francesco Vezzoli, che ha incluso negli spazi di Piazza San Sepolcro alcuni suoi lavori, instaurando un dialogo tra moderno e contemporaneo, tra memoria e rievocazione. Il suo intento è stato quello di attualizzare la figura di Iolas nella sua complessità di esteta, personaggio istrionico e animatore del palcoscenico della sua epoca. L’intervento dell’artista italiano si inserisce in modo intimo e organico nel percorso espositivo, ispirandosi all’eclettismo delle scelte del gallerista. Così come quest’ultimo aveva accostato in modo audace e senza remore nella propria villa pezzi antichi a opere recenti, allo stesso modo Vezzoli fonde modelli diametralmente opposti, prelevandoli indiscriminatamente dalla cultura alta e da quella popolare, dal mondo antico e dalla società dello spettacolo attuale, per remixarli tra loro e dare vita a un cosmo eclettico eppure compiutamente plausibile. Anfitrione senza macchia e senza paura, si pone allo stesso livello dei maestri della nostra recente storia dell’arte, presentando ai visitatori la propria narrazione di Alexander Iolas. L’allestimento progettato da Filippo Bisagni procede di pari passo, amalgamando la ricerca d’archivio all’autorialità di Vezzoli. La luce soffusa e gli sfarzosi complementi d’arredo concorrono alla creazione di un’ambiente totale, nel rispetto dell’idea di Iolas di galleria come “teatro assoluto”. Unica pecca, forse, la Sala degli Specchi, sottotono rispetto alle altre.
La mostra proposta da Tommaso Calabro unisce scientificità e teatralità, permettendo al pubblico di immergersi in un racconto a tutto tondo. Ci riserviamo, però, un piccolo appunto. Alexander Iolas si riteneva fortunato del fatto che la sua vita fosse popolata da artisti. Molti di loro al tempo non erano ancora i grandi nomi universalmente riconosciuti dei giorni nostri e il loro successo è stato anche possibile grazie al suo supporto e alla sua promozione. Tommaso Calabro ha tutte le carte in regola per tenere testa a una simile figura, come a quella di Carlo Cardazzo o altri come loro. Dunque, perché non mostrare lo stesso coraggio nel dare sostegno e spazio alla sperimentazione emergente? Senza nulla togliere a Francesco Vezzoli, che ci intriga e ci appassiona come solo lui sa fare, il nostro vorrebbe essere un invito a rispolverare quella cultura di mecenatismo virtuoso e scommessa sul presente, della quale oggi si avverte la mancanza.
Marta Orsola Sironi
Info:
“Casa Iolas. Citofonare Vezzoli”, sala 3 © Riccardo Gasperoni
Eliseo Mattiacci, “Roma”, 1980-81, Veduta dell’installazione, Casa di Alexandre Iolas, Atene. Photo courtesy Studio Eliseo Mattiacci
Francesco Vezzoli, “God is a woman (After Constantin Brâncuși)”, 2019, Photo: Riccardo Gasperoni
Marta Orsola Sironi è una critica e curatrice indipendente di base a Milano. La sua pratica curatoriale parte dal concetto di archivio, suo principale oggetto di studio, che viene esteso a una riflessione sulla trasmigrazione delle forme all’interno della cultura contemporanea. È tra i fondatori del project space co_atto, del quale è curatrice. Collabora come contributor con diverse riviste scrivendo di artisti emergenti e spazi indipendenti. Ha studiato con Martina Corgnati presso l’Accademia di Belle Arti di Brera e lavora come storica dell’arte e archivista, focalizzandosi soprattutto sugli anni Cinquanta – Settanta del Novecento.
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