A volte le sorprese si manifestano nei luoghi più impensati e l’arte contemporanea, che in Italia fatica a trovare adeguati spazi di valorizzazione e diffusione, trova accoglienza in territori apparentemente periferici al sistema dell’arte, che grazie alla sinergia di appassionati e competenti promotori, diventano centri propulsivi della ricerca artistica e del dibattito critico. Un esempio virtuoso di questo genere di convergenze è la collettiva Ceramica Contemporanea Nuovi Maestri al Castello di Levizzano Rangone che riunisce 36 artisti, di diverse generazioni e background creativi, invitati a cimentarsi con la ceramica e la terracotta, materiali antichissimi la cui tradizione è ancora oggi fortemente radicata nella provincia modenese. L’obiettivo della mostra è presentare una sensibile ricognizione degli esiti più aggiornati della creatività contemporanea che per scelta o per sfida ha deciso di confrontarsi con questo medium duttile e affascinante, perpetrandone la vitalità con incursioni e sconfinamenti nel campo dell’arte e del design. Le opere abitano quattro stanze del piano nobiliare del castello, restaurato da una decina d’anni per recuperarne la funzionalità e riportare alla luce le decorazioni affrescate e i soffitti lignei, e instaurano un dialogo avvincente con i pavimenti in cotto degli interni e le accidentate pareti in mattoni e pietra intrecciandone la storia con nuove ipotesi di narrazione.
Ad accogliere i visitatori all’ingresso, sorvegliato nel corridoio esterno da un guerriero-matrice in terracotta e ferro di Matteo Lucca, troviamo una coppia di busti raffiguranti i fratelli Isabella e Alfonso d’Este realizzati all’inizio del secolo scorso dalla Manifattura Minghetti, illustri epigoni delle maioliche rinascimentali che resero gli artigiani italiani ricercati nelle corti di tutta Europa. Le due figure nell’ambito della mostra condensano la sapienza artigianale dei secoli passati che, poco prima di essere surclassata dalla filiera industriale nella produzione di suppellettili di lusso, affidò la propria sopravvivenza agli artisti, che a partire dalla seconda metà del Novecento hanno riletto tecniche e materiali in chiave estetica e concettuale svincolando gli oggetti dall’originaria destinazione d’uso per ammantarli di incanti postmoderni.
Alcune delle opere esposte giocano a vari livelli con la tradizione, come la scultura di Amaaro, composizione monocroma a metà tra il trionfo da tavola e la vanitas, o la carrozza di Cecilia Coppola, che riprende in chiave fiabesca motivi e stilemi della piccola scultura rococò enfatizzandone la leggerezza con una sorridente intonazione kitsch. Il tema del banchetto e della tavola imbandita, storicamente occasioni di sfoggio della preziosità degli arredi domestici delle dimore nobiliari, riecheggia nell’aringa di Fabrizio Bussotti, pietanza pop di ceramica raku adagiata su un letto di vera polenta sopra un piatto toscano, nell’elegantissimo vassoio bianco di Li Zhuwei, oggetto metamorfico in procinto di generare una misteriosa barriera corallina o nel desco in ceramica dipinto a olio da Simone Fazio, che sembra raffigurare un inquietante volto di Medusa accecata.
Non poteva mancare una rassegna di interpretazioni della forma classica del vaso, da sempre oggetto per eccellenza collegato all’arte della ceramica: si va quindi dall’eleganza d’ispirazione orientale del monumentale pezzo di Giuliano Della Casa, alla coppa-testa di Andrea Capucci concepito come scultura-ecosistema, alle sottilissime coppe di Elysia Athanatos che fondono raffinatezze materiche e cromatiche all’essenzialità di una forma autoportante generata da un movimento a vortice. Alberto Gianfreda destruttura l’identità del vaso cinese restituendolo come aggregato mobile di cocci collegati da catene metalliche per interrogarsi sulla resistenza delle icone e sull’irriducibilità della pratica scultorea, mentre Gaetano Di Gregorio trasforma un grande vaso, anch’esso di produzione cinese, in un voyeuristico dispositivo di visualizzazione che stravolge l’abituale relazione estetica tra interno-esterno del contenitore enfatizzando la sua funzione di recipiente del desiderio.
Alcuni artisti si lasciano affascinare dalle possibilità mimetiche del materiale ceramico, come Giorgio Di Palma che lo utilizza per riprodurre oggetti pleonastici di gusto retrò, Federica Poletti che riflette sulla caducità del corpo umano immortalandone le vestigia anatomiche o il duo Bertozzi & Casoni, che sin dall’inizio della loro carriera hanno trovato la loro cifra distintiva nel virtuosismo iperrealistico inteso come contemplazione del presente che indaga la conturbante bellezza dei rifiuti della società contemporanea. Matteo Manfrini si avvale delle possibilità imitative della pasta ceramica per creare un’illusoria familiarità con soggetti antropomorfi e figurativi che intrappolano lo spettatore in enigmatiche mise en abyme concettuali il cui significato è affidato alle suggestioni simboliche e percettive dei materiali, mentre il duo Hackatao forza la versatilità del medium con campiture super-flat in acrilico che ne nascondono l’origine naturale per omologarlo visivamente ai materiali della produzione di massa.
Altri autori esplorano invece le autonome possibilità espressive della ceramica e degli smalti che ne rivestono la superficie, come Giulia Bonora che espone astratti paesaggi di forme tubolari scomponibili ambiguamente in bilico tra la crescita organica e la moltiplicazione seriale, nelle cui cavità si nascondono gioielli e segrete tensioni spaziali. Caterina Mancuso indaga invece le variazioni compositive di semplici forme centripete animate da luccicanti stratificazioni cromatiche, mentre Daniele Gagliardi realizza poetici assemblaggi di materiali inerziali in precario equilibrio in cui piccoli frammenti ceramici si confondono in mezzo ad altri malinconici relitti di quotidianità resi irriconoscibili dal logorio del tempo.
Info:
Ceramica Contemporanea Nuovi Maestri
a cura di Federico Sala, Andrea Barillaro, Alessandro Mescoli
testo critico di Ilaria Dall’Olio
10 novembre – 16 dicembre 2018
Castello di Levizzano Rangone
Orari di apertura: sabato 15.30 – 19.30; domenica 9.30 – 12.30 15.30 – 19.30
Matteo Lucca, Figura di pane, 2016 e Matrice, 2015
Fabrizio Bussotti, Aringa Affumicata (merce non deperibile), ceramica raku, 2016
Li Zhuwei, Senza Titolo, 2017, piatto, terra, gesso
Elysia Athanatos, Terra, Oro, Pneuma, 2018, gres con oro (terzo fuoco) fatto sul tornio
Alberto Gianfreda, Nothing as it seems #2, 2017, vasi cinesi in ceramica e catena in alluminio
Giorgio Di Palma, Bilancia, 2018, tecnica ceramica, ingobbi, decal
Giulia Bonora, Passaggio VTR 102; Torre blu/ SE 20; Torre blu 2451, 2018, gres, smalto
Caterina Mancuso, Le Caterine, 2017-2018, colaggio, smalto, engobbio ed elementi naturali
Manifattura Minghetti, coppia di busti raffiguranti i fratelli Isabella e Alfonso d’Este, maiolica policroma, primi anni del XX sec.
Amaarao, Centrotavola #5, terra bianca smaltata, 2018
Simone Fazio, Sospesi nel vuoto bruceremo in un attimo e il cerchio sarà chiuso, 2018, olio su ceramica
Andrea Capucci, Io sono nessuno, 2003, terracotta smaltata
Gaetano di Gregorio, Lo spazio del vaso, 2018, porcellana biscuit
Gaetano di Gregorio, Lo spazio del vaso (partic.), 2018, porcellana biscuit
Matteo Manfrini, Fecunditas Egestatis, 2018, ceramica, oggetti reali
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
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