Un viaggio attraverso il concetto stesso di materia, spazio e soprattutto colore. Vedere dentro, personale di Chiara Gambirasio, aperta al pubblico dal 21 giugno presso gli spazi milanesi di Glenda Cinquegrana Art Consulting, si pone, sotto un certo punto di vista, come continuum della precedente Istruzioni di volo, mostra personale dell’artista presso il Museo del Novecento di Firenze, a cura di Sergio Risaliti. Gambirasio, artista classe 1996, ha realizzato, in occasione della presente mostra, diverse opere inedite, tra cui la serie Cosmo in vaso, installazioni di forme naturali e inaspettate, che svolgono il ruolo di vere e proprie lenti, filtri che introducono una dimensione unica, a sé stante, caratterizzata da un proprio spazio e colore irriproducibile. La mostra, a cura di Gabi Scardi, si presenta come un ulteriore approfondimento delle riflessioni di Gambirasio, artista sorprendente con la quale ho avuto il piacere di affrontare un ampio dialogo…
Edoardo Durante: Un aspetto fondamentale della tua produzione artistica è il tentativo di rappresentare il mondo, la dimensione in cui viviamo, attraverso i colori; una ricerca che sviluppi da tempo e che ti ha portata a coniare il termine “kenoscromia”. Ti andrebbe di approfondire questo concetto?
Chiara Gambirasio: È un termine che ho introdotto nel momento in cui ho cercato di chiudere il discorso che stavo affrontando da tempo. Quando parliamo di vuoto (kenos) ci riferiamo alla condizione più distante dal concetto di colore, il vuoto è il non-colore per eccellenza. Al contrario, questo lemma racchiude una condizione di vuoto interiore, che consente di vedere qualcosa di esterno tramite il colore; codificare la realtà attraverso il colore capendo qualcosa di nuovo della natura, di ciò che vediamo. C’è chi affronta questo processo con i numeri, misurando lo spazio, pesandolo o guardandolo in relazione al contesto. Io lo faccio attraverso il colore; il rapporto cromatico di una composizione è il mio modo di vedere il mondo.
Quindi rappresenti il mondo attraverso i colori…
Non esattamente, il termine rappresentare non è così vicino alla mia prassi. Preferisco togliere il prefisso “rap” dal termine rappresentazione, facendo così riferimento alla rivoluzione duchampiana della presentazione. Apportando uno scarto ulteriore, rimango con il termine sentazione, con cui mi riferisco all’atto del pensare attraverso il sentire. Tengo unite due realtà diverse; la mia è una pratica, non una teoria.
In che modo hai declinato il tentativo di lettura della realtà attraverso i colori con la mostra Istruzioni di voloa Firenze? Ho trovato estremamente interessante la ricontestualizzazione di una sorta di bestiario medioevale e di tutti i connotati magici e misterici che questo oggetto rappresenta…
Reduce dal programma di residenza fiorentina presso Manifattura Tabacchi, avevo appena iniziato una serie di lavori che vedevano la presenza costante del gesso. È stato un lavoro che si è svolto a stretto contatto con lo spazio, la fase di allestimento in particolare ha rappresentato una tappa fondamentale del “progetto” (non amo il termine “progetto” per descrivere il mio modus operandi). Alcune opere erano esposte lungo le scale, in spazi inusuali, come se sfidassero in qualche modo l’attenzione del pubblico.
Ora mi piacerebbe sapere come è nato il titolo della mostra.
Ho lavorato a stretto contatto con Cristina Muccioli, critica con cui ho notato la presenza di un elemento costante nelle mie opere: la ricerca di una mediazione tra gli elementi della terra e del cielo. Proprio per questo motivo, all’interno dello spazio rappresentativo, spesso sono presenti elementi alati; io li chiamo mercuriali. Mercurio è una figura che mi ha sempre affascinato dal momento che è in costante oscillazione tra la dimensione celeste e quella terrena, senza però appartenere a nessuna delle due. Istruzioni di volo non parla: è una mostra silenziosa che si sviluppa attraverso un lento camminare, un lento movimento dal basso verso l’alto.
Abbiamo parlato molto di colore e di pittura, ma le tue opere spesso si sviluppano attraverso una forma installativa e il concetto di spazio è sicuramente fondamentale; mi hai mostrato alcune opere che presentano fratture, altre esposte a terra. Quanto è importante l’aspetto materico e quanto invece è importante il concetto di spazio?
Il rapporto tra materia e colore è fondamentale perché non ritengo sia possibile considerarli concetti separati l’uno dall’altro. Per me un colore esiste in quanto legato a quel materiale particolare. Se quel dato colore dovesse essere applicato a un altro contesto, non si può certo pensare che il risultato sarà il medesimo. Questo rappresenta per me il punto di interazione tra pittura e scultura, tra il mondo pittorico e l’aspetto più strettamente installativo e spaziale: gli elementi “rotti” trattengono dentro la materia qualcosa di un tempo che ormai è passato o che si è fermato, come in una sorta di dimensione statica.
Edoardo Durante
Info:
Chiara Gambirasio, Vedere dentro
21/06/2022 – 17/09/2022
Glenda Cinquegrana Art Consulting
Via Settembrini 17, 20124 Milano
Chiara Gambirasio, ritratto. Ph. Phalanvita Madhyala, courtesy l’artista
Chiara Gambirasio, Cosmo in vaso, 2022. Courtesy l’artista
Chiara Gambirasio, Cosmo in vaso, 2022. Courtesy l’artista
Chiara Gambirasio, Cosmo in vaso, 2022. Courtesy l’artista
Edoardo Durante è un giovane curatore attento al panorama artistico contemporaneo, che ha sviluppato un particolare interesse nei confronti della video e digital art e delle pratiche che intrecciano scienza, arte e tecnologia. È laureato in Conservazione dei Beni Culturali e specializzato in Visual Cultures e Pratiche Curatoriali presso l’Accademia di Belle Arti di Brera.
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