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Christian Boltanski. Anime. Di Luogo in Luogo

Christian Boltanski. Anime. Di Luogo in Luogo

Da vent’anni Christian Boltanski (Parigi, 1944) ha un rapporto privilegiato con Bologna: nel 1997 la città ha ospitato la sua prima grande personale italiana in cui venne presentata l’opera Les Regards, ispirata alle fotografie di partigiani fucilati che i parenti collocarono in un angolo di piazza Nettuno dopo la Liberazione, mentre dal 2007 nel Museo per la Memoria di Ustica i resti del DC9 esploso in volo sono accompagnati da una sua installazione permanente che commemora le 81 vittime dell’incidente aereo con una costellazione di specchi neri e lumi intermittenti che trasformano la sede espositiva in un sacrario laico.

Nato a ridosso della seconda guerra mondiale da padre ebreo di origine ucraina e madre cattolica di famiglia corsa, Boltanski ha sempre incentrato la propria ricerca su tematiche universali, come l’elaborazione della tragedia della storia, la fragilità della memoria individuale e collettiva, l’ineluttabilità della sorte, il potere dell’inconscio, il senso di perdita e assenza generato dalla morte e la transitorietà della vita umana. Convinto che ancora oggi l’arte debba svolgere un ruolo di testimonianza civile nella nostra società e che la conservazione e comprensione del passato siano indispensabili per costruire il futuro, nel corso della sua lunga carriera ha elaborato uno sfaccettato linguaggio multimediale fondato sulla meticolosa accumulazione di tracce di ciò che è andato perduto e sul loro successivo assemblaggio in opere che coniugano potenza evocativa e rara delicatezza. Dagli anni Sessanta a oggi le domande che l’artista si pone sono sempre le stesse, ma è cambiato il modo di affrontarle e suscitarle; il suo nuovo articolato progetto espositivo che coinvolge vari luoghi di Bologna ripercorre le tappe salienti della sua produzione creativa (dagli anni ‘80 alla maturità) attraversando tutti i suoi principali linguaggi in riuscita simbiosi con lo spazio urbano.

Il fulcro di tutto è una mostra antologica (ancora una volta, la più ampia organizzata in Italia) nella Sala delle Ciminiere del MAMbo, che l’artista interpreta come un’imponente cattedrale della memoria avvolta nella penombra dove i suoi lavori, rischiarati da tenui fonti luminose, immergono lo spettatore in un’atmosfera densa di suggestioni, presentimenti, sussurri e fuggevoli apparizioni. Il filo conduttore dell’esposizione è una sorta di biografia intima ed esistenziale dell’artista che, in età avanzata, si interroga sul senso della propria vita e sul concetto di tempo come inesorabile avvicinamento a un termine che insidia la sua lotta contro l’ineluttabilità dell’oblio. Se la vita di ciascuno di noi è un limbo sospeso tra le ferite profondamente umane del presente e la vulnerabilità di una memoria affidata ai posteri, lo spettatore è chiamato a porsi come soggetto attivo ed empatico di una narrazione che attraverso il valore simbolico di oggetti comuni ed effimeri vuole riattivare il valore fondante della memoria.

Il percorso inizia con l’installazione Coeur in cui l’anticamera della mostra si trasforma in cassa di risonanza della registrazione amplificata del battito del cuore di Boltanski, il cui ritmo è assecondato dalle l’intermittenza di una lampadina: il suo battito vitale sussume idealmente le migliaia di pulsazioni cardiache raccolte in tutto il mondo che l’artista ha archiviato sull’isola di Teshima in Giappone. L’idea di preservare l’unicità nella moltitudine ritorna nelle pareti tappezzate di specchi neri in cui il visitatore può intravedere la riflessione moltiplicata e frammentata della propria immagine che lo predispone a identificarsi con il video Entre temps in cui il volto dell’artista si modifica nel passaggio dall’età infantile a quella adulta. Attraversando la cortina su cui è proiettato il video si accede allo spazio espositivo principale, trasformato in un fluttuante labirinto di tessuti trasparenti appesi a cavi d’acciaio che recano impresse le immagini ingrandite di sguardi e volti anonimi tratti dall’immenso archivio fotografico raccolto negli anni da Boltanski. Sospese tra la vita e la morte in liquido ondeggiamento, queste presenze diafane trattengono l’aura evanescente di una collettività sfocata ma consegnata all’eternità dalla sua, seppur labile, traccia fotografica.

Al centro della sala domina Volver, imponente struttura piramidale che sfiora il soffitto realizzata con un accumulo di coperte isotermiche metallizzate: se da lontano la montagna svetta come un luccicante miraggio di bellezza e lusso, vista a distanza ravvicinata incarna la sofferenza dei migranti richiamando le drammatiche immagini dei primi soccorsi prestati a chi, privato di individualità e di averi, sopravvive al naufragio del viaggio della speranza. La fotografia come mezzo di indagine del ricordo e come strumento di identificazione che permette di intrecciare memoria individuale e collettiva ritorna in una serie di opere (Autel Lycée Chases, Le grand mur de Suisses Mort, Monuments, Veroniques) che combinano immagini fotografiche a oggetti comuni, come lampadine elettriche, scatole di latta o leggii. Dislocate all’interno di nicchie ricavate nelle sale espositive laterali in modo da rammentare le cappelle dedicate al culto dei santi, queste sculture si offrono come altari e monumenti antiretorici che restituiscono la dignità del ricordo a centinaia di persone anonime e ordinarie inghiottite dal corso del tempo e della storia.

La sommessa polifonia visiva che lambisce lo spettatore durante la visita/attraversamento della mostra sfocia in un luogo calmo e candido che ne conclude idealmente il percorso: nell’ultima sala, contrassegnata dalla scritta neon luminosa Arrivee, il video Animitas (blanc) documenta un’emozionante installazione formata da centinaia di paletti metallici a cui sono legati campanelli che tintinnano al vento piantati in un campo ricoperto di neve sull’isola di Orleans in Québec. L’opera, esposta agli agenti atmosferici e destinata ad una naturale distruzione come la maggior parte dei lavori ambientali di Boltanski, riproduce sulla terra la mappa celeste relativa al giorno della sua nascita trasfigurandola in uno spartito musicale che sembra voler affidare a un tempo cosmico e infinito la voce delle piccole anime che l’artista ha amorevolmente ascoltato per tutta la vita.

Christian Boltanski. Anime. Di Luogo in Luogo.
a cura di Danilo Eccher
26 giugno – 12 novembre 2017
MAMbo, Via Don Minzoni 14, Bologna

Christian Boltanski, Animitas (blanc), 2017, video with sound, 16/9, HD, © C. Boltanski

Christian Boltanski, Anime. Di luogo in luogo, installation view at MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, 2017 Photo credit Matteo Monti Courtesy Istituzione Bologna Musei

Christian Boltanski, Anime. Di luogo in luogo, installation view at MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, 2017 Photo credit Matteo Monti Courtesy Istituzione Bologna Musei

Christian Boltanski, Anime. Di luogo in luogo, veduta di allestimento presso / installation view at MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, 2017 Photo credit Matteo Monti Courtesy Istituzione Bologna Musei

Christian Boltanski, Le grand mur des Suisses morts, 1990 metal sheet boxes, lightbulbs, 200 x 485 x 23 cm, © Christian Boltanski

Christian Boltanski, Volver, scaffolding, survival blankets, industrial lamp, 7 x 7 m, exhibition view at Museo de Art Contemporánea de Monterrey, 2015, © C. Boltanski


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