Un ricordo d’infanzia può diventare una parte importante di un’opera d’arte? A quanto pare per l’artista sudcoreano classe 1944 che vive e lavora a Seul, Chun Kwang Young, tra i più interessanti e quotati del momento, la risposta è più che affermativa. Nel suo caso il ricordo d’infanzia è rappresentato dalla carta Mulberry che, tinta col tè o con altri pigmenti naturali, gli consente di unire pittura e scultura in superfici animate da miriadi di pacchettini di questa carta di gelso coreana. Quello che a prima vista si percepisce guardando un’opera di Kwang Chun sono grandi e complesse sculture generate dalla tessitura di migliaia di minuscoli pacchetti triangolari colorati che ricordano le immagini della superficie lunare, come se l’arte di Kwang Chun fosse un qualcosa che ancora pochissimi hanno scoperto, capito e apprezzato.
L’universo dell’artista sudcoreano mette in scena fattori opposti (ricchi e poveri, oriente e occidente, tradizione e modernità) che lottano per il predominio fino a ricomporsi in un’armonia cosmica che diviene anche storica e sociale. L’assemblaggio espressionista di Chun Kwang Young, che si ispira ad artisti come Pollock, Beuys, Rothko e altri, è intriso di riferimenti alla cultura sudcoreana e alla filosofia del Confucianesimo, la quale prevede la sacralizzazione del secolare, aspetto che emerge dalle opere che si fanno mondo per raffigurare organicamente le relazioni intra-umane, espressioni del trascendente e di conseguenza della natura morale dell’uomo.
Grazie all’abilità di Chun di integrare i materiali tradizionali e soprattutto il confucianesimo nel contesto contemporaneo internazionale, questo artista che vede armonia anche in questo mondo così frenetico, è presente con le sue opere-evento in numerose collezioni pubbliche, tra cui The Rockefeller Foundation e le Nazioni Unite (New York), il Woodrow Wilson International Center for Scholars (Washington, D.C.), il Philadelphia Society Building (Pennsylvania), il Museo Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea (Seoul) e il Museo d’Arte di Seoul, la National Gallery of Australia, (Canberra), il Victoria and Albert Museum e il British Museum di Londra e il Museo Nazionale delle Belle Arti di Malta, in collezioni di prestigiose università americane come la Yale University Art Gallery e la Columbia University of Law.
Annalina Grasso: Come e quando hai iniziato a interessarti all’arte?
Chun Kwang Young: Mentre studiavo negli Stati Uniti tra i 20 e i 30 anni nel 1970-82 e mi sono integrato in quella società, ho sentito un senso di differenza in quasi tutto, inclusa la mia cultura, le mie esperienze e il valore della vita. Quindi, piuttosto che fare un nuovo lavoro creativo, ho capito che se non parlavo di qualcosa di mio, non avrebbe avuto senso e volli tornare in Corea e condividere i miei pensieri. Penso che la mia sia un’arte vera e non importa se tutti lo capiscano, io comprendo il valore della mia esistenza quando mi dicono che faccio qualcosa di “unico”.
A. G.: Come definirebbe artisticamente il momento storico che stiamo vivendo?
K. Y.: Un’epoca piena di caos. Prima di discutere di arte in questo modo, abbiamo la sensazione di essere fuori dalla categoria in cui dobbiamo preoccuparci. L’arte dovrebbe sedurci, essere stimolante, irritante e persino infantile.
A. G.: Quali artisti hanno influenzato di più la sua produzione creativa?
K. Y.: Joseph Beuys, Jackson Pollock, Gerhard Richter, Nam June Paik, Mark Rothko.
A. G.: Com’è lo stato di salute dell’arte sudcoreana?
K. Y.: Anche se eravamo un paese piccolo e povero circa 100 anni fa, c’erano opere d’arte che sono oggi ammirate nei musei d’arte di tutto il mondo per la loro straordinaria cultura, permeata di pensieri confuciani e spirito accademico. Durante il periodo coloniale e la devastante guerra che ne seguì, i valori di questa cultura sono stati distrutti e di conseguenza la cultura e le arti sono state a lungo trascurate, mentre l’economia si è sviluppata notevolmente. Ci sarebbe piaciuto avere il mecenatismo dei Medici. Tuttavia, sono grato e orgoglioso che una manciata di artisti che stimo stia ancora ricevendo attenzione in tutto il mondo, e credo che il futuro sarà luminoso.
A. G.: Cosa ne pensa dell’arte europea e in particolare dell’arte italiana?
K. Y.: Ci sono stati numerosi artisti meravigliosi soprattutto grazie allo sviluppo del Cristianesimo e alle commissioni religiose, e come prova di questo, ci sono molte tracce d’arte che il mondo oggi invidia; adesso che la forma e il metodo sono cambiati, io vorrei proseguire un nuovo valore della bellezza.
A.G.: Cosa disprezza o la infastidisce di più dell’arte contemporanea?
K. Y.: “Ascesa e caduta”. Ogni volta che c’è un momento di prosperità, come un periodo di declino, ognuno si vanta dell’arte del passato. Il passato è passato e ora viviamo in un mondo caotico e in un’epoca di declino. La dignità del valore originario dell’arte scompare, dovrebbe essere sensazionale e stimolante far vedere le nostre condotte malsane, il nostro brutto sulla scena dell’arte, giustificandolo schermando il tempo del cambiamento come se fosse la cosa giusta, e renderlo un argomento di discussione. Come artista, mi sento scettico riguardo la mia vita selettiva.
A. G.: Il mondo è per lei una sorta di collisione di informazioni che crea confusione e instabilità?
K. Y.: Lavoro nella speranza di poter trasmettere i miei pensieri che rimarranno in conflitto anche nel futuro, in quanto posso andare per la mia strada senza essere spazzato via dalla situazione attuale anche se le mie azioni non dovessero ricevere attenzione.
A. G.: Sente un senso di pace quando rappresenta il caos sulle sue tele o forse il caos non esiste?
K. Y.: Cerco di non lasciare tracce di confusione nel mio lavoro. Pertanto, sono sempre felice quando lavoro per la mia arte. Pertanto, mi sento libero e in pace mentre lavoro, e sono grato e felice che Dio mi abbia sempre dato un mondo di espressioni uniche nelle mie opere.
A. G.: Perché ha scelto l’espressionismo astratto per i suoi lavori?
K. Y.: Sono nato nel mondo, e non sento il bisogno di metterlo su tela in un oggetto che avrebbe le stesse qualità di tutti oggetti naturali del mondo. Chiunque può godersi la natura aprendo la finestra, così lascio tracce dei miei pensieri nelle mie forme. Proprio come uno chef cucina meravigliosamente piante naturali colte dal campo e le mette sul tavolo, io registro il mio mondo raffinando tutti i pensieri che avevo sperimentato e pensato a modo mio.
A. G.: Per essere un grande artista, pensa che si debba sempre indagare oltre i confini del conosciuto?
K. Y.: Non credo che sia così. Sono interessato a com’è il mondo di un bambino perché in me vedo le tracce delle sensibilità di un bambino di 6 o 7 anni. L’artista deve avere un modo chiaro di spiegare il proprio mondo agli altri ed essere fedele alle proprie visioni.
A. G.: La mostra più bella che ricorda?
K. Y.: Le mie mostre del cuore sono: una personale all’Aldrich Contemporary Art Museum (Connecticut, USA) quella al Brooklyn Museum (New York, USA) e, naturalmente, ci sono state molte altre belle mostre che mi hanno toccato il cuore, tra cui ricordo in particolare quelle dedicate a Joseph Beuys, Jean Michel Basquiat e Mark Rothko, Egon Schiele, Vincent van Gogh. Penso che gli artisti che ho menzionato abbiano trasmesso la loro arte in modo unico.
A. G.: Prossimi impegni?
K. Y.: Sono ancora in buona forma, quindi continuerò sempre a lavorare su nuove opere con gioia e felicità come ho sempre fatto.
Info:
Portrait of Chun Kwang Young, photo © Gallery & Studio Magazine, December 2014
Chun Kwang Young, Aggregation 06-JN028, 2012, photo © Arts Observer
Chun Kwang Young, Aggregation 12-AU042, detail photo © Arts Observe
Chun Kwang Young, Aggregation 5 MA016, 2015. Mixed media with Korean mulberry paper, ph courtesy Pearl Lam Galleries
Chun Kwang Young, Aggregation 14-NV054 (Dream 19), 2014. Mixed media with Korean mulberry paper, ph courtesy Pearl Lam Galleries
Giornalista, blogger e social media editor campana. Laureata in lettere e filologia, master in arte e organizzazione di eventi culturali. Amo il cinema, l’arte, la musica, la letteratura, in particolare quella russa, francese e italiana. Leggo molto, sia narrativa che saggistica. Condivido il pensiero di Picasso sull’arte: “L’arte ci aiuta a riconoscere la verità”.
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