Spontaneità intima, riflessi lucenti di sensazioni recondite. Viscerali emozioni in forme simili a coltri. Sinuose, cangianti, ligie al flusso di pensieri reali. L’umana presenza aleggia e annebbia sguardi interrogatori. Mediati vissuti su campi pittorici, drammaturgia estetica di una realtà pura e cruda.
È un’arte dell’incontro, un’arte simbiontica quella di Claudio Coltorti – pittore napoletano classe 1989 – un’arte del dentro e del fuori, del dettaglio e del complessivo, un’arte dell’io e del tu come sistemi di vita. Vita e morte, natura e artificio, saturazione e svuotamento. Come una nuvola passeggera, la pittura è plumbea di vibrazioni, pronta a cadere copiosa sui terreni fecondi dell’esistenza. La rappresentazione della figura è una definizione illusoria: la riproposizione degli elementi è formalità, differenziazione di prospettive e proporzioni. La morbidezza delle linee contrasta con la dismisura delle mani e degli intuibili volti, creando una sinfonia specchiante. Per Coltorti la pittura è personale interpretazione della realtà, assenza di canoni e pura voluttà. Andare liberi senza ripensamenti o strutture sottostanti, sentire la carne porosa della tela che assorbe colori sensibili all’animo, è un flirt platonico, elettivo e selettivo. Do ut des, bilanciamento tra animato e inanimato, tra essenza e trascendenza.
Non di meno la tavolozza cromatica esula da questo boudoir estetico. Sfumature di arancioni sono il segno prediletto dell’artista e ogni gradazione conduce a nuovi sensitivi piani. Il colore è steso in velature, che nella loro sottigliezza sembrano piene, e si mescolano contrastanti ai verdi, ai viola, ai blu, ricordando le campiture astratte di Mark Rothko. Ogni porzione di colore si distingue nonostante l’assenza di linee di contorno delle figure che dettano lo sguardo. La sottrazione continua di elementi pittorici, rende la grassezza del colore a olio di una consistenza quasi vaporosa. C’è un bilanciamento nel lavoro di Claudio Coltorti che fa gradare l’esperienza stessa, ripensare alla quotidianità tra dolcezza e sensualità, amarezza e precarietà, in un dialogo continuo.
L’artista partenopeo torna nella sua città natale per la sua terza mostra personale alla Galleria Acappella dal titolo TERZA SERIE, accompagnato da un magistrale testo di Fabrizio Maria Spinelli. Con un numero esiguo di oli su tela – otto per la precisione, tra il piccolo e il grande formato – Coltorti espone l’ultimo atto di una ricerca senza fine. Dopo le precedenti mostre Tele e Dialogo, come personaggi di una trilogia cinematografica, le opere appaiono mature nella loro freschezza, opache nella loro lucentezza. Il concetto liminale tra astrazione e figurazione viene soverchiato come raggiungimento di una pura interpretazione, senza suggestioni o suggerimenti. Come nel caso di Corpo Libero, in cui l’intuizione di mani lasciano preda forme apparentemente amorfe e prive di riferimenti. Questo titolo d’opera è un leitmotiv nei lavori esposti, uno svincolamento canonico che disinibisce il pennello e fa prevalere il colore.
La pittura di Claudio Coltorti è vivida, trasfigurata, emozionale. Della tensione morbida di saturi colori trasforma in immagini realtà emotive e non razionali. Empatizza con la tela per un’affinità elettiva verso l’altro.
Info:
Claudio Coltorti: Terza serie
20/01 – 05/03 2024
Galleria ACAPPELLA
Vico S. M. A Cappella Vecchia 8/A, Napoli
www.museoapparente.eu
Art Curator e Art Advisor, laureato in Arti Visive e Mediazione Culturale, con Master in Pratiche Curatoriali, classe ’95, vive a Napoli. Collabora con Gallerie e Spazi Indipendenti, la sua ricerca è incentrata principalmente sulla Pittura Emergente, con uno sguardo attento e propenso anche su altre forme di linguaggio estetico.
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