“Villa Aquarama”. Da una semplice ricerca Google, il primo risultato utile rimanda a delle strutture di villeggiatura situate a Sanur, località costiera dell’isola di Bali, sfoggianti architetture che sembrano rivendicare l’instancabile intento di far sentire a casa la classica coppia di turisti alla Duane Hanson all’interno di ambienti traboccanti di un esotismo semplicemente costruito. Se l’obbiettivo viene sintetizzato in queste righe: «These villas have been made to gather western comfort and Indonesian life in an open space on nature. We wish you a pleasant and memorable stay in Sanur, Bali», difficilmente si sarebbe potuto pensare a scelte architettoniche differenti. È la funzione che determina la forma integrandosi perfettamente l’una con l’altra.
Ed è proprio attorno al binomio “forma-funzione” e, in particolare, alla dimensione narrativa, che si articola l’ultimo intervento “Villa Aquarama” di Clément Grimm (Svizzera, 2001) al Route du Port di Pully (Svizzera) promosso dallo Spazio ORR di Brescia. Fondato nel 2019 dall’artista Federica Francesconi, Spazio ORR ha sin da subito impostato un raggio d’azione e dichiarazione d’intenti ambiziosi e volti a instaurare un dialogo costantemente indagatorio e sfidante rispetto all’attuale scenario contemporaneo. Come viene spiegato: «La digitalizzazione sta cambiando il modo in cui vediamo e fruiamo la cultura. Le mostre d’arte contemporanea ne sono un esempio lampante: oggi, molte di esse vengono principalmente fruite online, attraverso blog o social network, anche se sono state inizialmente presentate come eventi fisici. […] Appurando il fatto che nessuna mostra sarà per sempre e nessuna opera sarà visibile per tutti, ecco che entra in gioco quindi la documentazione dell’arte, che può essere composta da libri, articoli, film o altre narrazioni impegnate in una ‘trasposizione’ per arrivare al grande pubblico. […] Invitando artisti affermati e di media carriera, l’obiettivo di Spazio ORR si concentra sull’indagine di alcuni temi relativi principalmente a tutto questo. L’obbiettivo è quello di superare le convenzioni o i limiti legati ai normali media artistici come scultura e installazione, sfruttando tutte le narrative collaterali come parte integrante di un’idea di mostra».
Perché allora Clément Grimm? L’intento di questionamento continuo del concetto di “mostra” in senso tradizionale e dello spazio espositivo in sé si sposa appieno con la volontà dell’artista svizzero di andare oltre le limitazioni spaziali e concettuali classicamente associate all’idea di attività espositiva, andando invece a focalizzarsi sulle potenzialità insite alla specificità del luogo e sul relativo, indefinibile, sistema di significati che diventa capace di generare. La narrazione è un elemento chiave alla base della pratica di Grimm, che si struttura entro un’eterogenea gamma mediale spaziante tra la scultura, l’installazione, i video e la fotografia. Tramite un approccio indirizzato alla libera associazione di oggetti (e non), l’obbiettivo di Grimm diventa quello di dare alla luce nuove possibilità interpretative, prospettive e visioni che si disancorino dalla staticità del reale e in cui le specificità e storie legate alle componenti della sua opera non sono da considerarsi nei limiti delle loro singolarità quanto invece nell’innovazione derivata dal loro accostamento.
Vere e proprie distorsioni ed enigmi si divincolano da qualsiasi temporalità prestabilita per definire orizzonti inesplorati capaci di far coesistere passato, presente e futuro tramite l’atto di espressione artistica. Particolarmente suggestiva è, a tal proposito, la metafora usata dallo stesso Grimm e che, a suo dire, meglio descrive la sua ricerca: «When I woke up, I found this note in my pocket». Il riferimento è a un evento traducibile secondo la logica: ci si ritrova un biglietto in tasca senza avere la minima idea di che cosa significhi e di chi possa avercelo messo. Non si ha alcun tipo di cognizione su che cosa è successo, sta accadendo e accadrà. E proprio questo senso di mistero perenne alimenta lo stimolo di Grimm per la perseverante messa discussione di una forma di temporalità comunemente intesa, come se ci si trovasse di fronte ad una storia senza inizio né fine.
“Villa Aquarama” s’inserisce a pieno entro questa visione. La casualità ha dettato sia la scelta del luogo su cui intervenire e sia l’agganciarsi – tramite la fisicità della scritta in forex PVC affissa sul pontile del lago per l’attracco delle imbarcazioni – all’immaginario di un hotel/centro benessere, di grande centralità per la concezione dell’artista. Come spiega lui stesso spiega, l’albergo è di per sé un luogo neutrale, uno spazio di passaggio dove qualsiasi cosa è transitoria e, di fatto, sconosciuta. Non si conoscono i suoi ospiti né tantomeno le loro storie, configurandosi pertanto come un mistero ininterrotto. L’evocatività generata dal contrasto tra l’insegna “Villa Aquarama” e la struttura su cui si appoggia – un tutt’uno che per Grimm si configura come l’opera in sé – sovverte drasticamente la consequenzialità logica per cui da una funzione debba derivare necessariamente una forma. Di fronte a “Villa Aquarama” (cioè ad un punto di attracco che però rimanda a un hotel) questa fissità non vale.
Ecco che invece mediante l’azione associativa, Grimm offre allo spettatore l’occasione di definire una molteplicità interpretativa all’interno dell’aurea apparentemente inamovibile del presente in cui si ritrova. Un’apertura che induce dunque alla creazione di tanti nuovi immaginari quanti saranno, di volta in volta, gli osservatori che, anche per un attimo, vi sosteranno di fronte declinando quello specifico accostamento semantico sulla base delle proprie esperienze individuali. Quasi si va a conferire dunque una dimensione concreta a quell’hotel che in realtà è soltanto una costruzione mentale, punto di incontro tra un flusso ininterrotto di individui e storie. Il dato esperienziale, pertanto, è fondamentale per la sovversione del rapporto tra forma e funzione, posti in collegamento tra loro tramite la narrazione generata, a sua volta, dalla libera associazione di elementi (e quindi significati) differenti.
A tal proposito Grimm spiega: «I think that form and function can communicate through the narration that we bring to them, as for example with the Villa Aquarama, the gesture of simply annotating, or giving a title to a place/object gives it a different reading, I think that if we give the title ‘Cheeseburger’ to a sculpture, we will necessarily be influenced by this title and try to connect the title to the object. It’s just a game, and if you want something to look like something unrelated, just say it another way». Per certi aspetti, Grimm ci offre una prospettiva paradossalmente tanto semplice nella sua concezione, quanto difficoltosa a concretizzarsi, ovvero che il “cambiamento”, in ogni sua forma, può partire anche dal più piccolo dei gesti. Basta iniziare a chiamare le cose in maniera differente e, nell’attimo di uno sguardo, si può davvero nel nostro piccolo “mettere al mondo il mondo”. O per dirla come Grimm: «an attempt to open doors without even having the keys».
Info:
“Villa Aquarama” – Clément Grimm
Route Du Port, 1009 Pully, Svizzera
Spazio ORR, Brescia
9/01– 9/02/2023
www.linktr.ee/SpazioORR
Con una laurea specialistica in Economia e Gestione dei Beni Culturali e appassionato all’ambito dell’arte Contemporanea, alla sua dimensione economica e, più in generale, alle dinamiche caratterizzanti il mercato dell’arte, Gabriele ha maturato nel corso del tempo esperienze in contesti quali gallerie d’arte contemporanea, start-ups ed Art Advisory. Attualmente lavora nella casa d’aste Art-Rite come assistente di dipartimento di arte Moderna e Contemporanea.
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