La mostra “New Space / New Entries” alla Fondazione Collegio Artistico Venturoli presenta i lavori realizzati da Barbara Baroncini, Irene Fenara, Giacomo Gresleri, Simona Paladino e Davide Trabucco durante un periodo da loro trascorso presso lo stabile in qualità di borsisti beneficiari della residenza artistica, le cui opere entrano a fare parte della collezione del Collegio. Ma facciamo un passo indietro. Per chi non conoscesse la Fondazione è lecito anzitutto spiegare che è stata fondata nel lontano 1822 “con il lascito e secondo il volere dell’autorevole architetto bolognese Angelo Venturoli (1749-1821), il quale ha dato residenza e insegnamenti a giovani studenti nel settore delle Arti”. Situata in una delle zone più antiche e strategiche di Bologna, via Centotrecento, il collegio si è sempre occupato di sostenere i giovani artisti, attraversando importanti e difficili avvenimenti storici, come ad esempio le due guerre mondiali.
Che dire? Già una grande storia! Ancora più incredibile, però, è stato per me scoprire e poi esplorare per la prima volta gli spazi del Collegio qualche settimana fa. Infatti, oltre a ospitare attualmente la mostra “New Spaces / New Entries”, lo stabile si presenta attualmente al pubblico ripristinato e rigenerato grazie all’intervento di Nicola Melinelli, il quale ha mirato a valorizzare e preservare l’anima del luogo, un luogo zeppo di anni di storia, mutamenti e infinite opere d’arte. Durante il nostro incontro Melinelli chiarisce il suo intervento: “Il lavoro iniziale ha riguardato il giardino; era in una situazione pressoché di abbandono e quindi sono partito da lì, da zero. A parte gli alberi, che già erano presenti, qui, oggi, sono state accolte moltissime varietà di piante”. Quello che mi si presenta davanti, infatti, è un vero e proprio lavoro sulla biodiversità. Alcune piante sono già ormai radicate, altre invece solo il tempo ci dirà che movimenti acquisiranno. Poi siamo passati all’interno del Collegio, attraversando per primo lo spazio che oggi ospita la mostra. Come mi spiega Nicola, si tratta di un luogo adibito in origine alla conservazione di gessi, che attualmente hanno trovato ubicazione in un’altra stanza del comprensorio. “L’obiettivo che ci siamo dati durante i lavori è stato quello di rispettare il più possibile l’atmosfera dell’ambiente e il tentativo di recuperare e preservare un po’ la storia del Collegio. Ad esempio, ci sono tre livelli di pavimenti diversi. Ho cercato di conservarle tutte andando a creare dove ho potuto questa sorta di geografia unica”.
La sala che a oggi possiamo definire come gipsoteca, si trova in stretto dialogo con il giardino e la sua luce, che viene filtrata dell’enorme vetrata che separa i due luoghi. Anche qui, a livello espositivo, è stato scelto di mostrare attualmente solo una parte della vastissima collezione del collegio. Il giro continua, tra stanze con affreschi austriaci e statue antiche. A raggiungerci è stato anche il presidente, che mi ha confidato altri segreti che non svelerò in questa sede, altrimenti toglierei la parte più bella del poter visitare fisicamente un luogo così sacro. Collegio Venturoli è dunque una location unica, rinnovata e ricca che ospita una delle mostre più interessanti e coinvolgenti di Bologna.
Ritornando alla mostra, infine, tra le opere che mi hanno più colpita troviamo sicuramente la documentazione fotografica dell’opera del 2014 di Barbara Baroncini, Contare sulle persone. Si tratta di un’installazione generata da un sistema che proiettava sull’architettura del Collegio un numero all’entrata di ogni visitatore all’interno del cortile. La facciata si riempiva di un pattern di numeri come rappresentazione della presenza di ciascuna persona. Il pubblico era protagonista e affidatario della creazione dell’opera, avendo la possibilità di ridefinire il luogo e sentirsi parte di esso.
Proseguendo si incontra una delle artiste bolognesi ormai più conosciute, ovvero Irene Fenara, presente con l’opera Supervision (2023). Essa è la super visione alterata di una macchina che rivede il mondo che la circonda in maniera autonoma, anche attraverso la presenza fisica della sua lente. Colori acidi e pixel giganti sono soltanto uno dei modi in cui vedono le videocamere di sorveglianza, strumenti di controllo ambientale accessibili da remoto utilizzando codici di sicurezza standard mai modificati dai proprietari.
Infine Senza Titolo di Simona Paladino, opera-libro del 2012 che raccoglie alcune delle ricerche grafiche su carta dell’artista. “Ogni pagina costituisce una variazione sul concetto di punto, che è stato tracciato, impresso o disegnato con diversi strumenti. Il punto è un’entità geometrica senza dimensioni, appena percettibile. Come segno di interpunzione indica una pausa, un momento di silenzio. Il punto è il segno grafico che più si avvicina al grado zero, all’assenza. Le pagine sono state forate, incise, punzonate: azioni che generano leggeri spessori sulla carta, di appena qualche millimetro, ma sufficienti ad alterare la bidimensionalità del foglio. Da superfici piatte e astratte, le pagine diventano come sottilissime sculture, dove uno scarto d’ombra rivela la trama di segni che vi è impressa”.
Info:
NEW SPACES | NEW ENTRIES
Barbara Baroncini, Irene Fenara, Giacomo Gresleri, Simona Paladino, Davide Trabucco
Fondazione Collegio Artistico Venturoli
Via Centotrecento 4, Bologna
21/10/2023 – 15/12/2023
www.fondazionecollegioventuroli.org / info@collegioventuroli.191.it
Nasce a Genova ma attualmente vive a Bologna, città dove si è laureata all’indirizzo CITEM con una tesi sulla videoarte. Lavora nel mondo degli eventi nel settore della produzione ed è cultrice della materia di Studi Visuali all’UNIBO.
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