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“Contrappunti per Germano Sartelli” in mostra a Bologna

Arte e vissuto autobiografico si intrecciano nell’esistenza di Germano Sartelli (Imola, 1925 – 2014) in un continuum indissolubile senza possibilità d’arresto. Nato sulle colline dell’Appennino imolese, dove cresce a stretto contatto con madre natura, maestra indiscutibile e inesauribile fonte d’ispirazione, inizia appena tredicenne l’apprendistato nel laboratorio dell’intagliatore Gioacchino Meluzzi. Un’esperienza altamente formativa accompagnata dall’osservazione di alcune pratiche sperimentali e radicali già avviate in Europa da artisti quali Pablo Picasso, Pablo Gargallo e Julio Gonzáles. Autori studiati attraverso «un libro aperto sotto gli occhi da Don Meluzzi che avrebbe cambiato, per sempre, per lui, il corso della storia» – come attentamente individuato da Michela Scolaro in un suo saggio critico. Uno studio che servirà a forgiare la vis creativa dell’artista che approderà a quella sua personalissima poetica attraversata da un informale in bilico tra Burri e Dubuffet. Ne saprà intercettare il talento, un raffinato critico come Maurizio Calvesi che lo presenta nel ‘58 presso il Circolo della Cultura in occasione della sua prima personale a Bologna, poi seguita da quella a Roma nel ‘62, tenutasi presso la Galleria Alibert, a cui nel ‘63 farà seguito l’invito alla Biennale di Venezia.

Germano Sartelli, Contrappunti per Germano Sartelli, veduta della mostra, Galleria de’ Foscherari, Bologna, 2022. Courtesy Galleria de’ Foscherari

Durante la XXII kermesse lagunare Sartelli espone un paio di imponenti sculture in ferro concepite nella Rocca di Imola dove qualche anno prima aveva allestito il suo studio. In realtà i primi lavori realizzati con questo materiale furono ideati attorno al ‘53 in una ex sala da bagno riconvertita a studio, assegnatagli all’interno di un’area dell’Ospedale psichiatrico Luigi Lolli di Imola dove, a partire dal ‘52, Germano era stato invitato a insegnare pittura agli ospiti della struttura, in sessioni laboratoriali in cui venivano esplorate le prime esperienze di arte terapia nostrane, sulla scia delle pratiche francesi. Anche le pluriennali lezioni tenute ai degenti, ovvero a coloro che erano considerati diversi ed emarginati dalla società, costituivano motivo di fioritura, messa a profitto del talento, valorizzazione di ciò che altri rifiutavano perché “non conforme”. In un certo senso questo percorso si presentava in linea con la corrente dell’Art Brut, che abbraccia quella naïveté, quell’istinto innato e quella non convenzionalità estranea a qualsiasi logica connessa con il sistema istituzionale. Proprio con la stessa sensibilità e intuizione Sartelli sceglieva e dava nuova linfa agli objets trouvé manipolati o inseriti nei suoi assemblage: opere costituite con materiali presi a prestito dalla natura, o artificiali, di scarto e riciclo: fiori, ragnatele, pezzi di legno, paglie, vimini, retaggio di una realtà contadina, ma anche lamiere, reti, fili di ferro, carte gettate, cartoni, stracci, lattine, mozziconi di sigaretta. «Il senso dell’oggetto rifiutato (…) dimenticato, trascurato», chiosava Calvesi nel ‘62, «è tutt’uno con il senso del riposto e del segreto con la felicità tutta privata e interna della scoperta e della degustazione silenziosa con un intimismo velatamente lirico».

Germano Sartelli, Senza titolo, 2009. Courtesy Galleria de’ Foscherari

A otto anni dalla scomparsa di Germano Sartelli, la galleria bolognese de’ Foscherari dedica all’artista “Contrappunti per Germano Sartelli”, una mostra in due atti. Il primo è incentrato sulla sua produzione pittorica più sui generis e consta di ventuno opere, eseguite tra la fine degli anni ‘50 e ‘70, mentre l’atto attualmente in corso presenta ventitre lavori scultorei, e non. Nella prima tappa, composizioni fitomorfe realizzate con fiori, foglie, sterpi, terriccio, fieno si intervallano a nature morte costituite da cartine di sigarette dalle bordature bruciate, cumuli di mozziconi allineati o scomposti generanti visioni aniconiche e materiche. Alle pareti: paesaggi filanti formati da ragnatele e muffe, prelevate con cura e riposte in teche come antichi ricami, disegnano scenari gotici e misteriosi, mentre garze stropicciate creano sbuffi e decori. Archivi intimi registrano le tracce di oggetti che sono entrati in contatto col vissuto dell’artista, restituendo al fruitore visioni pregne di uno stupore primigenio perduto, scevre da ogni sovrastruttura ma filtrate da uno stile ben connotato, capaci di creare connessioni inedite e provocare emozioni d’ingenua purezza. Sartelli si serve dell’ordinario e ne intercetta il mistero; si fa portavoce di una visione poetica del quotidiano avvicinandosi quasi con dieci anni d’anticipo ai principi dell’Arte Povera.

Germano Sartelli, Contrappunti per Germano Sartelli, veduta della mostra, Galleria de’ Foscherari, Bologna, 2022. Courtesy Galleria de’ Foscherari

L’excursus allestitivo attualmente in corso abbraccia un arco temporale che dal ‘58 arriva al 2009 (data che coincide con l’ultima mostra di Sartelli tenuta alla de’ Foscherari), e accoglie opere “senza titolo”, a sancire la volontà dell’artista di lasciare al fruitore il completamento della stessa, per una lettura più libera e di condivisione. In questa esposizione predominano opere che possiamo considerare scultoree, sebbene siano anche presenti alcuni lavori a parete che donano l’illusione d’appartenere ai territori della pittura, ma che in realtà accolgono pochi interventi propriamente afferenti a tale medium; sono infatti costituiti da collages di carte sovrapposte e poi strappate e incollate o bucate con la fresa. In vetrina una grande installazione racchiude una composizione di ceppi, mentre sulla soglia ci accoglie una scultura astratta di metallo con struttura e volumi dinamici richiamanti il Futurismo; in essa sembra risuonare la frase di Andrea Emiliani: «Sono corpi violentemente frenati in una loro folle rincorsa, per sempre bloccati in un sinistro accavallarsi, in un’animazione già impetuosa, anche se ormai gelida». Appoggiate alle pareti bianche, spiccano sculture affusolate lignee, macchiate di verderame e fumo dalle quali germogliano fiori metallici e decori di terracotta e gesso; strane figure antropomorfe bucherellate e affusolate occupano piedistalli, nate da fiamme ossidriche che dalla corrosione originano forme. Una rete metallica ricurva che simula un tronco insieme a una grande foglia a parete, realizzata sempre con fili di ferro, ospitano fiori di latta imprigionati in una curiosa tessitura; poi alberi, forme vegetali, arbusti plasmati in acciaio creano un piccolo bosco incantato, mentre un’opera il cui vetro smerigliato fa affiorare l’immagine figurativa sottostante, mostra la sagoma di una borsa sopra una sedia. «È una poesia umile quella di Sartelli», osservava sempre Maurizio Calvesi negli anni Settanta, «umile come le carte cenciose, come i detriti metallici che usa; propriamente la poesia di questo mondo.»

Info:

Germano Sartelli, Contrappunti per Germano Sartelli – II atto
16/12/2022 – 18/02/2023
Galleria de’ Foscherari
Via Castiglione 2B, 40124 Bologna
defoscherari.com


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