Per la prima volta il museo Guggenheim dedica a Marcel Duchamp una mostra e lo fa celebrando la creatività di un artista fuori da qualsiasi schema. A cura di Paul B. Franklin, studioso indipendente tra i maggiori conoscitori dell’artista, Marcel Duchamp e la seduzione della copia presenta una sessantina di opere realizzate tra il 1911 e il 1968. I lavori iconici tra dipinti, fotografie e ready made indagano il rapporto tra originale e copia nell’opera di Duchamp, ed è proprio questa relazione il focus della mostra.
Marcel Duchamp (Blainville-Crevon 1887- Neuilly-sur-Seine 1968) è tra gli artisti più influenti del XX e del XXI secolo. Ancora oggi non è possibile immaginare un’apertura sul mondo dell’arte che non sia stata agevolata dalla sua visione geniale. Precursore del concetto legato allo smantellamento dell’opera d’arte in quanto tale, anticipatore di un pensiero artistico che guarda l’opera come oggetto ripetibile e non unico, Duchamp ha scardinato l’aura dall’opera d’arte e ce l’ha mostrata così come realmente è, un oggetto comune alla portata di tutti. L’opera d’arte diventa qualcosa di semplice, di banale, diversa ma sempre autentica nelle sue riproduzioni. In suo nome il concetto di opera d’arte è stato totalmente sovvertito e dopo di lui tutto è stato possibile, anche che un orinatoio diventasse un capolavoro. Il ready-made, l’oggetto già pronto, dislocato dal luogo di origine ed esposto al museo è quanto di più geniale si possa fare. Il fatto cruciale non è tanto l’azione in sé, ma la distruzione e la ridicolizzazione, se vogliamo, di un pensiero legato all’opera d’arte come qualcosa di intoccabile e venerabile.
Aver convinto il popolo che un ready made è un’opera d’arte è la cosa più geniale che sia stata regalata agli artisti futuri e a tutti noi. Il non dover necessariamente trovare una spiegazione all’oggetto artistico sta alla base della visione di Marcel Duchamp, l’artista più sociale e politico mai esistito che ha lavorato duramente alla soppressione dell’originale a favore della copia e della riproduzione in quanto simboli dell’abbandono completo all’idolatria dell’opera d’arte. Se è riproducibile allora non è autentico, se è possibile riprodurre tante copie, allora non ha valore. A queste regole Duchamp si è fermamente opposto, dimostrando con le sue opere che non esiste differenza tra originale e duplicato e se qualcosa da lui abbiamo imparato è proprio il non dover giudicare. Quello della copia è il tema seduttivo (proprio come rimanda il titolo) della mostra presentata al Guggenheim dove la riproduzione è esasperata e tante delle opere in sala sono mostrate in più copie con piccole variazioni, come ad esempio l’emblematica Monna Lisa con i baffi: L.H.O.O.Q., termine francese che mira a provocare il capolavoro di Leonardo. Duchamp mette i baffi alla Monna Lisa e poi glieli toglie. La copia della copia che torna originale senza esserlo insomma.
L’apice di questo suo fare emerge in Scatola in una valigia (Boîte-en-valise). Si tratta di una serie di riproduzioni di opere dello stesso Marcel Duchamp, concepita dall’artista come un’opera in sé e presentata nel 1941. Una valigia in pelle contenente copie in miniatura, riproduzioni a colori e fotografie delle principali opere di Duchamp con aggiunte a matita, acquerello e inchiostro, le riproduzioni sono sistemate all’interno della valigetta in modo meticoloso e funzionale. L’idea era quella di costruire una sorta di album in cui raccogliere le riproduzioni di tutte le sue opere realizzate fino a quel momento. Una sorta di catalogo portabile delle opere d’arte che diventa esso stesso opera d’arte. Un’opera non opera dove la pittura è sostituita con un’idea di pittura. Ed è proprio l’idea di pittura la grande rivoluzione del suo pensiero. Un’opera d’arte non deve essere ammirata ma deve essere uno stimolo per le nostre idee. L’opera d’arte è in continuo divenire, proprio come il suo più grande capolavoro La sposa messa a nudo dai suoi scapoli (titolo originale Mariée mise à nu par ses célibataires, même), più nota come Il grande vetro (Le Grand Verre), realizzata tra il 1915 e il 1923. Emblema dell’innefabile, questa opera ci pone davanti a nuovi quesiti. Rappresenta la nuova sensibilità dell’estetica dell’arte. Non può esistere un’interpretazione assoluta. Questo è il più grande insegnamento di Marcel Duchamp ed è così che dovremmo vivere l’arte, come un oggetto sottoposto al caso e alla libera associazione di idee.
Flavia Annechini
Info:
Marcel Duchamp e la seduzione della copia
14/10/2023 – 18/03/2024
A cura di Paul B. Franklin
Collezione Peggy Guggenheim
www.guggenheim-venice.it/it/
Classe 87. Editrice freelance, appassionata di arte contemporanea e in particolare all’interazione tra le arti visive. Si laurea al DAMS di Bologna nel 2013 con una tesi su Futurismo e Moda. Ha collaborato per diversi anni con D’Ars Magazine (ora archivio) e attualmente collabora con ViralWave come responsabile arte e con Juliet Art Magazine.
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