Opporsi alla confusione tra fatti e finzioni, mettere in discussione cosa e come vediamo, cioè i rapporti di potere implicati dal modo in cui l’informazione viene mediata e comunicata: questi gli obiettivi dichiaratamente politici che anche in pittura vanno perseguiti. Ne è convinta Jenna Gribbon, nata nel 1978 a Knoxville, Tennessee, ma trasferitasi a New York a ventiquattro anni, alla sua prima mostra personale in un’istituzione europea presso la Collezione Maramotti di Reggio Emilia. Così in effetti la pittrice si esprime in un video nel quale viene presentata la decina di quadri esposti nella Pattern Room della Collezione.
Gribbon fa risalire il suo più deciso impegno politico al 2016, ai tempi delle elezioni di Trump negli Stati Uniti, un evento evidentemente vissuto come disastroso dalla pittrice, fieramente appartenente a quell’universo oramai noto sotto l’etichetta a lunghezza variabile LGBTIQ+. Soggetto esclusivo dei suoi quadri è infatti la sua compagna di vita, la musicista Mackenzie Scott, ora ritratta in quadri assai grandi, più grandi di qualsiasi osservatore, ora in minuscoli rifacimenti di piccole foto dove la donna è colta in fuggevoli momenti quotidiani.
Visionandola viene certo da chiedersi quanto una simile ritrattistica d’origine del tutto intima e domestica abbia a che fare con la tensione politica rivendicata da Gribbon. La chiave per cercare, se non trovare, risposte a questa domanda è offerta anche dalla voce narrante che nello stesso video intercala le considerazioni della pittrice. Dei suoi quadri si dice infatti che rimettono in discussione le convenzioni e i tradizionali approcci dell’arte, maschile ed eterosessuale, specialmente quando si tratta di figure di donna e quando a essere ritratto è chi ci è più famigliare.
Così si comprendono meglio le intenzioni che motivano parecchi dettagli dei suoi quadri, sui quali altrimenti l’osservatore rischierebbe di sorvolare. I capezzoli del seno di Mackenzie Scott in molti dipinti rischiano apparire di un rosa tanto acceso da risultare di cattivo gusto? Ebbene è proprio questo l’effetto ricercato da Gribbon, che ha il preciso intento di rendere il corpo nudo rappresentato in tutta la sua nudità reale, anche a costo di sacrificarne l’alone artistico.
Here for you, il più grande quadro di tutta la serie, sembra mostrare una donna, sempre Mackenzie, su un letto chirurgico circondato da minacciose lampade per ispezionare ogni dettaglio? Se lo sguardo dell’osservatore diventa più attento, però, sempre secondo l’autrice, appaiono tutti i meno inquietanti elementi teatrali e performativi assieme alle implicite citazioni di dipinti simili dedicati a scene chirurgiche (quali quelli di Thomas Eakins). E se ci si chiede perché questo stesso quadro appare stranamente diviso in due da una netta striscia di demarcazione, la risposta è chiara: il riferimento qui è alla figura dell’assistente del mago in procinto di simulare il suo taglio in due pezzi.
Cosa ritenere poi del fatto ricorrente che tutte le opere esposte da lontano appaiono quasi invasivamente figurative, mentre da vicino risultano composte di pennellate che ricordano piuttosto la pittura astratta? Evidentemente, il fenomeno di quel miraggio che fa da cifra al titolo di tutta la collezione.
Che pensare infine della benda che in più dipinti copre in parte o in toto il volto della donna rappresentata? Simboleggia che il soggetto dipinto nella sua presenza ineffabile rievoca il tema della giustizia, proverbialmente cieca, per noi che osserviamo oppure allude alla nostra invisibilità per la figura che stiamo osservando? La risposta di Gribbon qui come altrove resta sospesa nell’indecidibilità cui porta ogni visione, dove inevitabilmente chi vede non è mai semplice spettatore, ma proietta sempre del suo.
Una straordinaria e straordinariamente intricata densità di metafore e richiami, filosofici, culturali, artistici e appunto politici, dunque, quella che caratterizza la pittura di Jenna Gribbon. Citando un lessico di altri tempi verrebbe da attribuirle la convinzione proto-femminista è che “il personale è politico”, nel suo caso aggiungendo che anche l’artistico, il pittorico lo è, quale che sia il bilancio ricavabile da quanto è conseguito da simile slogan di più quarant’anni in qua.
Info:
Jenna Gribbon. Mirages
23/10/2022 – 19/02/2023
Collezione Maramotti
Via Fratelli Cervi 66, Reggio Emilia
www.collezionemaramotti.org
Valerio Romitelli (nato a Bologna nel 1948) ha insegnato, fatto ricerche e tenuto conferenze in Italia e all’estero. Suoi ambiti disciplinari: Storia delle dottrine politiche, Storia dei movimenti e dei partiti politici, Metodologia delle scienze sociali. Tra le sue ultime pubblicazioni: L’amore della politica (2014), La felicità dei partigiani e la nostra (2017), L’enigma dell’Ottobre ‘17 (2017), L’emancipazione a venire. Dopo la fine della storia (2022).
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