Le città nascondono reti invisibili di connessioni e analogie, al loro interno le cose sono collegate da sottili filamenti di senso e da impercettibili magnetismi pronti a sovvertire le gerarchie dello sguardo e ad aprire nuove voragini panoramiche. Una crepa nell’intonaco, una disconnessione nel lastricato e ogni altro elemento divelto dalla propria sede per degrado o vandalismo potrebbe essere il varco d’accesso a un diverso sistema di segni, inaspettatamente pervasivo. Come le anime di ferro dei piloni in cemento armato, se lasciate a vista per incompiutezza o riportate alla luce dall’obsolescenza, proiettano nello spazio direttrici esplose e incoerenti rispetto al piano edilizio che erano chiamate a supportare, così la decostruzione mentale che Crisa applica allo scenario urbano ne amplifica ogni interstizio trasformandolo in un incalcolabile ambiente grafico.
Ogni dettaglio appare improvvisamente sconfinato, ma allo stesso tempo anche la coerenza dell’insieme, pur ampliandosi su più fronti, diventa più stringente. Esemplificativo in tal senso è Destrutturazione (2020), uno dei più recenti interventi ambientali realizzati dall’artista nel sud della Sardegna all’interno di un cortile-deposito disseminato di detriti e di residui edilizi. Qui Crisa ricompone visivamente i frammenti dispersi della struttura originaria attraverso una disseminazione espansa di segni vegetali e tribali che esplicitano le sotterranee relazioni tra quelle entità a prima vista separate. A questo modo l’artista ridisegna letteralmente lo spazio urbano e materializza un habitat di confine tra la premonizione e la progettazione, rimodellando con lo sguardo in funzione della propria visione tutto ciò che incontra.
Questo approccio immaginifico e intuitivo costituisce il presupposto anche di Periferie dell’anima, personale di Crisa attualmente in corso alla galleria Portanova 12, in cui l’artista trasferisce il suo concetto grafico su supporti pittorici bidimensionali, come la tela o vecchie mattonelle in ceramica. Entrambi i materiali sono stati preparati con uno strato bituminoso di fondo poi coperto da una palette mimetica, diversa per ogni dipinto, che richiama le gamme cromatiche dei materiali più ricorrenti nello spazio urbano, come il cemento, il rame ossidato, l’acciaio, l’intonaco o l’asfalto. Su questa patina superficiale poi l’artista interviene operando delle incisioni che riportano alla luce in sottili filamenti la brillantezza del bitume e che fanno emergere dal fondale un’ossessiva scrittura continua di case, strade, tralicci, antenne paraboliche, ma anche alberi, foglie ingigantite e lunghe graffiature che non rimandano ad alcun referente figurativo.
In alcuni dipinti lo sviluppo di questa distopica baraccopoli contemporanea satura tutta la superficie disponibile in una sorta di gemmazione infestante del segno, mentre in altri la sua espansione è arginata da campiture stratificate che richiamano cieli plumbei o limacciosi specchi d’acqua, la cui illusiva profondità sembra voler comprimere ulteriormente la bidimensionalità del paesaggio grafico. In altri lavori frammenti dispersi di segno sembrano galleggiare privi di peso nel magma cromatico retrostante, assieme a parole sradicate dal loro linguaggio originario come sporadici affioramenti di senso. In altri ancora, il fondale e le sue incisioni “rupestri” si allontanano visivamente dal primo piano a causa di perentorie pennellate gestuali che ne schermano la vista rigettando anche quegli accenni di figurazione nel regno del sogno e dell’invisibile.
Questi segni liquidi e larghi, che in un solo movimento percorrono tutta la superficie collegandone gli estremi, sono gli stessi che negli interventi outdoor dell’artista ridisegnano le superfici ambientali manifestando, forse sulla tela più chiaramente che nel contesto urbano, la loro natura di ideogrammi metropolitani che derivano la propria forma da una libera stilizzazione di quegli stessi elementi che poi andranno a interpretare e ri-codificare. E proprio l’acuta sensibilità di Crisa nell’estrapolare atmosfere, dettagli e cifrari dall’inestricabile intreccio del caos visibile della città per ibridarli nei suoi avvincenti paesaggi emozionali credo sia la caratteristica più interessante del suo lavoro, che non subisce compromessi nel passaggio dalla strada alla fine art.
Info:
Crisa. Periferie dell’anima
a cura di Antonio Storelli e Massimo Cattafi
02/10 – 22/11 2020
Portanova 12
Via Portanova 12 Bologna
Crisa, Destrutturazione, 2020
Crisa, Caos, 2020
Crisa, Sabbie bianche, 2020
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
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