“Pensavo di non poter vivere senza di lui ma ora so che posso e che lui ne sarebbe orgoglioso. Questa è l’unica cosa che ho sempre voluto”.[1]
Ho avuto il piacere di ri-conoscere e riscoprire Matteo Messori e la sua ricerca non molto tempo fa, a numerosi anni di distanza rispetto al periodo degli ignari e sfuggenti sguardi scambiati tra i caotici corridoi dell’Istituto d’Arte Toschi di Parma. Non potreste pertanto minimamente immaginare l’immenso piacere provato – per cognizione di causa e per sintonia – nel riscontrare il progresso di un ex-compagno di scuola e osservarne la maturazione umana e artistica, riscoprendo un amico. Questo riavvicinamento ci ha portati, peraltro, a lavorare insieme per uno dei suoi più recenti progetti: Blueline.
Il lavoro di Matteo mi ha da sempre colpito per il forte accento posto sulla dimensione dell’esperienza e dell’anatomia effimera dell’essere umano che da essa scaturisce, sia attraverso il filone Antiforma, veicolato principalmente attraverso la pittura e sia Formastante, tradotto attraverso scultura e installazione.
Dalle esperienze della vita dell’artista, forma e materia si rigenerano e si trasformano continuamente per modellare nuove fisionomie che riflettono talvolta speranza, talvolta presenza ed elementi di vita vissuta, talvolta momenti di spaesamento, mancanza e profonda crisi. È proprio l’ultima sensazione che descriverebbe l’ultima mostra personale dell’artista, ROOF, a cura di Nicola Bigliardi, presso la Galleria Parmeggiani dei Musei Civici di Reggio Emilia.
Partendo dal concetto di “crisi della presenza” – elaborato per la prima volta dall’antropologo Ernesto De Martino ne Il mondo magico (1948) – in quanto “stato di spaesamento come conseguenza di eventi imprevisti spesso dolorosi”[2], Messori ci ha mostrato un percorso di transizione personale e artistica. Alla luce di un evento tragico quale la recente scomparsa del padre – tradotto nell’emozionante omaggio di Ultimo fiato, 2021 – l’artista osserva, interpreta e trasforma con una toccante lucidità e sensibilità le forme e gli elementi che hanno contraddistinto fino ad ora la sua ricerca. Ne è un esempio Autoritratto, 2020, una serie di mattonelle rotte, percorse da una linea blu. Originariamente pensate per essere disposte in un quadrato[3], in questo caso sono allestite secondo una nuova fisionomia, proprio come in Roof, 2019, dove una pila di tegole dipinte si trova in questo caso spezzata, distrutta. Oppure come in Arazzo lunare, 2020, in cui una tela in denim dipinta penzola all’interno di una cassetta di legno per la raccolta dei pomodori, evocativa del ricordo della famiglia.
Le opere in mostra sono chiare espressioni dell’inquietudine e del forte spaesamento che attraversano gli spazi della galleria in varie misure e secondo varie interpretazioni.
La vita animata dal fiato, l’interpretazione della sua perdita e il rinnovamento che da esso scaturisce mi hanno fatto tornare in mente il romanzo Molto forte, incredibilmente vicino scritto nel 2005 da Jonathan Safran Foer e adattato a pellicola nel 2011 da Stephen Daldry. Il romanzo racconta la storia del piccolo Oskar il quale perde il padre, con il quale aveva uno speciale rapporto di complicità, negli attentati dell’11 settembre 2001 alle Torri Gemelle di New York e in altri punti strategici degli Stati Uniti. A seguito della tragedia, il bambino si imbatte in un oggetto lasciato dal padre, che lo porterà a compiere un percorso, esterno e interno, alla ricerca di un ultimo segno da parte del genitore. Al termine del percorso Oskar arriverà ad accettare il suo lutto e a riscoprire se stesso sotto nuovi punti di vista. L’accostamento del romanzo all’esperienza della mostra ROOF non è casuale, Matteo Messori, come Oskar, è andato alla ricerca di un contatto, uscendone profondamente rinnovato e consapevole, come artista, persona, figlio e amico.
Guido Grignaffini
[1]Jonathan Safran Foer, Molto forte, incredibilmente vicino, Ugo Guanda Editore, Parma, 2016.
[2]Ernesto De Martino, La fine del mondo, Giulio Einaudi Editore, Torino, 2019
[3]Il riferimento è a Status, 2020, mostra personale di Matteo Messori, a cura di Maria Letizia Paiato, allestita presso Nerola Factory, Pescara
Info:
ROOF, Matteo Messori
A cura di Nicola Bigliardi
Galleria Parmeggiani dei Musei Civici, Reggio Emilia
11/12/2021 – 27/02/2022
musei@comune.re.it
Cover image: Matteo Messori, Ultimo fiato, 2022, olio su tessuto, misure variabili. Photo credits Adam Speziale, courtesy l’artista
Matteo Messori, Autoritratto, 2020. Smalto su mattonella, 80 x 96 cm. Courtesy l’artista, ph Adam Speziale
Matteo Messori, Arazzo lunare, 2020. Intonaco e smalto su denim, misure variabili. Courtesy l’artista, ph Adam Speziale
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