Crossing Borders a Hrpelje-Kozina

C’era, fino a non molti anni fa, una linea che tagliava l’Europa in due parti: era la Cortina di ferro che ha cominciato a sgretolarsi con la caduta del Muro di Berlino, portando come conseguenza all’unificazione delle due Germanie e alla successiva adesione di nuovi stati al gruppo dei paesi UE. Questa cortina demarcava i due precedenti blocchi politici: il primo faceva capo ai paesi dell’area comunista a guida URSS e sottoposti al sistema di difesa detto Patto di Varsavia, il secondo a quelli che si riferivano a un sistema economico capitalistico posti sotto l’ala protrettrice degli USA e della Nato.

Esterno di Beka9 con la bandiera che svetta. Ph R.Grisancich

Il Muro di Berlino (in tedesco Berliner Mauer, ma il nome ufficiale che ne indicava le motivazioni era: Antifaschistischer Schutzwall, tradotto Barriera antifascista) fu un sistema di barriere attivo dal 1961 al 1989, eretto da parte del governo della Germania Est per impedire la libera circolazione delle persone verso l’Occidente. Più in generale, il clima della cosiddetta Guerra fredda rese impossibile, tra questi due blocchi, non solo la libera circolazione delle persone, ma anche delle idee e delle merci. Anni di pace e di sommovimenti culturali sono seguiti al crollo del Muro di Berlino, con la speranza (rivelatasi poi infondata) che i commerci e gli scambi culturali potessero avviare un processo di pace duraturo e ineluttabile. L’allargamento dei confini UE con l’incorporamento via via di sempre nuovi paesi ha ulteriormente fatto credere che questo sogno potesse diventare realtà. Abbiamo visto che non è così.

Bagrat Arazyan, “Frontier”, 2024, environment, variable sizes, paper, giclée print, stones. Ph courtesy Beka9

La frontiera, da intendersi non solo come linea di demarcazione, limite, delimitazione, divisione, termine, fine, estremità, barriera, sbarramento, ma anche come entità politica e sociale, cioè separazione formale di popoli, usi, leggi, costumi, burocrazia, timbri, bolli e passaporti, non è più rispettata. Non è rispettata dai migranti clandestini, non è rispettata dalla tracotanza di eserciti armati che vogliono imporre con la forza la loro volontà di dominio. Altro che democrazia e libere elezioni, altro che inno poetico di Alessandro Manzoni sull’identità di un popolo! Qui sembra che ormai lo slogan si sia impoverito, riducendosi a uno scontro tra gli alti ideali di pace e il sordido slogan (peraltro di stampo nazista) di Blut und Boden)!

Elisabetta Bacci, “Untitled”, floor installation 200 x 200 x 10,5 cm, from the cycle “Fracture” 2018. Ph courtesy Beka9

Per parlare di questi temi e per soffermarsi su questa realtà disastrata che stiamo vivendo giorno per giorno, non solo con lampi di guerra, ma anche con affermazioni tracotanti da parte dei più impresentabili leader politici, Nadja Bagaeva ha curato un progetto espositivo per lo spazio Beka9 di Hrpelje-Kozina, mettendo a confronto il lavoro di undici autori: Konstantin Adjer, Eva Alvor, Bagrat Arazyan, Elisabetta Bacci, Dušan Fišer, Lana Hasić, Tone Hellerud, Olga Kopeleva, Zoya Lebedeva, Lina Ledentcova, Marina Razheva. La mostra s’inserisce all’interno della prima edizione del Festival “Crossing Borders” che comprende interventi musicali e conversazioni con gli artisti. I lavori di questi autori (tutti ambientati in maniera molto efficace) adottano i linguaggi espressivi più disparati: si va dall’immagine figurativa alla pittura simbolica, dal video all’installazione, il tutto in sintonia con lo spirito articolato e molto soggettivo della contemporaneità.

Eva Alvor (Myrnychenko), “Bogi”, 2023, textile, acrylic, handmade embroidery, 140 x 270 cm. Ph courtesy Beka9

Lo spazio che accoglie la mostra è formalmente un ex presidio militare costruito a ridosso del confine che separava l’Italia dalla Jugoslavia, prima che si verificasse il disgregramento del paese e del sistema politico che lo teneva in piedi. Tanto per dare un’idea di quelli che furono gli strascichi della Seconda Guerra Mondiale, dobbiamo ricordare che il confine che correva tra la Jugoslavia e l’Italia, con le rivendicazioni deliranti da parte della destra nazionalista dell’epoca di un recupero delle terre perdute, fu sancito in maniera definitiva appena con il Trattato di Osimo, nel 1975, ben trenta anni dopo la fine della guerra.

Dušan Fišer, “Framing”, 2019, wood, plaster, mirror, 43 x 240 x 57 cm. Ph courtesy Beka9

Il fatto che poi questa mostra sia stata inaugurata nella data del solstizio d’estate ha un valore simbolico: indica un auspicio e apre a una speranza per un futuro dove almeno la cultura possa dialogare, al di là di qualsiasi divergenza e di qualsiasi differenza e di qualsiasi confine. Va infatti notato che questo progetto espositivo vede la partecipazione di due artisti ucraini e di quattro artisti russi. Prove di dialogo per un futuro migliore? Speriamo.

Fabio Fabris

Info:

AA.VV., Crossing Borders
20/06/2024 – 07/07/2024
Beka9 art space
Hrpleje-Kozina
www.beka9.si


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