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Crudele e tenera: la fotografia di Martin Parr approda al Mudec di Milano

Osservare gli scatti del fotografo inglese Martin Parr, significa assistere a uno spettacolo al contempo crudele e tenero del consumismo contemporaneo. Al centro della sua poetica c’è quasi sempre l’essere umano, colto nel gesto di consumare qualcosa: un elemento della natura, un bene materiale, un servizio pubblico.

Martin Parr, “Banchetto inaugurale del sindaco di Todmorden, Inghilterra, West Yorkshire, Todmorden”, 1977. Da “The Non-Conformists” © Martin Parr/Magnum Photos, courtesy MUDEC di Milano

Non fa eccezione “Short & Sweet” la retrospettiva in vita dedicatagli dal MUDEC di Milano e curata dal fotografo medesimo. Nove sezioni per cinquant’anni di scatti dedicati quasi integralmente al mondo nativo, quello dei britannici con le proprie ossessioni e il proprio comportamento nel mondo contemporaneo e globalizzato, che Parr coglie e declina in una narrazione tragica e discreta che è domestica e assolutamente anti esotica. La prima sezione del percorso espositivo racchiude alcuni scatti in bianco e nero del progetto “The non-Conformists”. Siamo dentro luoghi religiosi di stampo metodista dove fedeli di tutte le classi sociali riescono a mangiare (anche abbuffandosi), sotto lo sguardo severo e immortale di un Cristo in sacrale ultima cena.

Martin Parr, “Inghilterra, New Brighton”, 1983-85. Da “The Last Resort. Photographs of New Brighton” © Martin Parr/Magnum Photos, courtesy MUDEC, Milano

Sempre in bianco e nero è la seconda serie tematica della mostra, quella che immortala la reazione britannica all’ossessione nazionale del meteo. “Bad Weather” è il titolo di questa parte che mostra appunto l’atteggiamento quotidiano di un cittadino britannico alle prese con la costante (e proverbiale) furia piovosa di quei luoghi. Questi due progetti già mostrano in nuce alcuni elementi della poetica fotografica di Martin Parr: il consumo e la reazione umana ai fenomeni esterni. Elementi che iniziano a esplodere nella terza sezione (a colori, come tutte quelle che la seguiranno), “The Last Resort”. Qui, l’elemento di degrado tragico inizia a lievitare perché Parr ritrae le vacanze di famiglia di classe medio-bassa in località balneari in declino. Si prende il sole su ‘spiagge’ di cemento (le passeggiate dei porticcioli), si immergono i piedi in un canale di scolo, si consuma un pasto frugale a pochi centimetri da cestini dei rifiuti ancora stracolmi. Esplode il colore ma esplode anche lo sguardo crudele e mai distante di Parr.

Martin Parr, “Common Sense”, 1995-1999 © Martin Parr/Magnum Photos, courtesy MUDEC, Milano

“Small World” è un progetto tematico che descrive come il turismo di massa, sicuramente facilitato dai viaggi low cost e dal digitale, alla fine rende tutti più simili, in un impasto omogeneo di gusti (spesso kitsch), tendenze (spesso di superficie senza desiderio di approfondire), coordinate geografiche (luoghi di tendenza e sovraffollati). “Common Sense” (1999) è un affresco fotografico polifonico: due enormi pannelli mosaicali composti ciascuno da 117 coloratissime fotografie formato A3. È il punto focale della mostra ed è il progetto per cui Parr si è definitivamente affermato. Già il titolo sintetizza in maniera magnifica molti degli elementi della sua poetica, quel senso comune e quotidiano della vita di tutti noi, fatto di ossessione per le enormi unghie di gel, giganteschi hamburger, infinite bottiglie di plastica, mozziconi di sigaretta ovunque, occhiali da sole barocchi e tanti altri orpelli dell’essere umano che compongono un puzzle di incredibile impatto visivo ed emotivo.

Martin Parr, “Sigaretta”, da “Common Sense”, 1995-1999 © Martin Parr/Magnum Photos, courtesy MUDEC, Milano

Ritorna la quotidianità affacciata sulla costa marina con “Life’s a Beach”, insieme di ritratti inizialmente ambientati nelle spiagge del Regno Unito, dove non esiste luogo interno lontano più di 120 km da una spiaggia. Lo afferma lo stesso artista: la spiaggia è per lui luogo di eccellenza in cui osservare, da antropologo fotografico, il comportamento individuale in pieno spazio pubblico. Le tre sezioni finali della mostra sono, a parer mio, le meno interessanti: “Everybody dance now” (serie di scatti motivati da un’altra connaturata attitudine umana – secondo Parr – quella di danzare), “Establishment” (in cui il fotografo cambia direzione al proprio sguardo rivolgendolo alle classi alte e persino nobiliari del Regno) e infine “Fashion” (non avvincente sull’osservatore ma anch’essa timbrata da quel vistoso senso kitsch che accompagna la poetica di Parr).

Martin Parr, “La torre pendente, Italia, Pisa”, 1990. Da “Small World” © Martin Parr/Magnum Photos, courtesy MUDEC, Milano

Dice bene Roberta Valtorta, nella bella video intervista che, insieme a un catalogo prodotto da 24Ore Cultura, accompagnano la mostra: «Le foto di Martin Parr con quei colori vividi, sono ricche di crudeltà e ironia, in una sola parola, dolciamare».

 Info:

Martin Parr: Short & Sweet
10/02 – 30/06/2024
MUDEC – Museo delle Culture di Milano
www.mudec.it/martin-parr-short-sweet


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