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Da 15 anni lo sguardo sul mondo: Festival della Fo...

Da 15 anni lo sguardo sul mondo: Festival della Fotografia Etica di Lodi

«Quindici anni di storie uniche, emozionanti, necessarie». È questo il legittimo mantra della quindicesima edizione del Festival della Fotografia Etica di Lodi. E, sicuramente, tra i tre aggettivi sottolineiamo la necessità di un evento che focalizza lo sguardo sul mondo, restituendoci piccole e grandi storie che hanno il gravoso e necessario compito di raccontarci il mondo contemporaneo. Una delle sedi espositive di quest’anno celebra i primi quindici anni dell’iniziativa riproponendo i quindici reportage di copertina. Il festival è curato da Progetto Immagine, un gruppo fotografico lodigiano che ebbe l’intuizione vincente di inventare, in una piccola realtà italiana, una kermesse che nel tempo si è allargata al punto di coinvolgere l’intero territorio cittadino  in cui vedere piccole mostre da circuito oltre a 11 sedi ufficiali (tra cui una all’aperto nella piazza centrale di Montanaso Lombardo), oltre ad avere un poderoso grappolo di sponsor e partenariati  (quest’anno anche una mostra extra curata dalla Fondazione Sella su Vittorio Sella, fotografo maestro della montagna vissuto a cavallo del 1900).

Vittorio Sella, “Sua Maestà la Regina Margherita e il suo seguito sul Lysjoch, Dufourspitze, punta Gnifetti”, 1893, catalogazione AL 1590 Fondazione Sella, © Vittorio Sella, courtesy Festival della Fotografia Etica, Lodi

Soprattutto, dalle tre mostre della prima edizione del 2010, giungere alle quasi venticinque del 2024, inglobando anche, per il quarto anno consecutivo, il premio WRA – Documenting Humanity (World Report Award, suddiviso in 7 sezioni) e diventando sede italiana anche del World Press Photo, presumibilmente il concorso internazionale di fotogiornalismo più prestigioso al mondo. Siamo di fronte a uno sguardo che è visivo ma anche antropologico su guerre, catastrofi ambientali, drammi sociali individuali e collettivi, e le sempre più frequenti migrazioni conseguenza di questo elenco. Del resto, campeggiano e aleggiano su molte mostre le parole dell’antropologo calabrese Vito Teti: «Partire e restare sono i due poli della storia dell’umanità. Al diritto di migrare corrisponde il diritto a restare, edificando un altro senso dei luoghi e di sé stessi». In un mare magnum di scatti fotografici esposti, forse l’unico elemento comune riscontrabile salvo eccezioni, è quello della totale e giustificata assenza di elementi estetici. Ha ragione il direttore Alberto Prina quando afferma che le storie del Festival sono emozionanti, nell’accezione più drammatica e turbante che occorre dare a questo aggettivo. Sia i reportage sia i singoli scatti che il visitatore ha l’opportunità di vedere sono, nei fatti, schegge drammatiche di una narrazione che vede al centro di tutto l’abominio dell’uomo sull’uomo e dell’uomo sulla natura.

Giles Clarke, dalla serie “Haiti in turmoil”, 2021-2024, © Giles Clarke, courtesy Festival della Fotografia Etica, Lodi

Smarcata la necessaria premessa introduttiva e di contesto, chi vi scrive preferisce soffermare l’attenzione su ciò che, a proprio e soggettivissimo parere, ritiene di maggiore interesse, all’interno del mare magnum già citato, piuttosto che percorrere una carrellata nozionistica di cronaca da tutte le sedi del Festival. Seguendo questo personalissimo filo, non si può non riportare il reportage vincitore master del WRA: Haiti in Turmoil (Haiti in subbuglio) di Giles Clarke, un intensissimo viaggio nel cuore della violenza civile che tormenta il piccolo Paese caraibico. Gli scatti esposti ci portano per mano dentro la sofferenza, la paura, la devastazione umana e sociale e anche dentro inspiegabili quanto luminose aree di respiro. Il reportage di Clarke è generale sulla vicenda haitiana; c’è anche un focus monografico che riguarda l’attore forse principale di questo drammatico caos, ovvero Jimmy Chérizier (detto Barbecue), ex poliziotto d’assalto e oggi alla guida di uno dei gruppi, la Famiglia G9, tra i più feroci nello scacchiere haitiano.

Ingmar Björn Nolting, “Senza titolo”, dalla serie “An anthology of a changing climate”, 2023, © Ingmar Björn Nolting, courtesy Festival della Fotografia Etica, Lodi

Interessante è anche il racconto di come la Germania stia affrontando il nodo della crisi climatica. Ingmar Björn Nolting ci racconta le ambiziose strategie tedesche contro la crisi e come, di recente, la spinta si sia affievolita, per cui la transizione alle energie rinnovabili sta ricevendo sempre meno impulso dall’alto delle leggi governative e in seno all’opinione pubblica più tradizionale. An Anthology of Changing Climate (Un’antologia del cambiamento climatico) è un reportage che ha ottenuto la menzione speciale al WRA anche perché mostra una società che, come un Giano bifronte, da un lato si incatena agli alberi pur di non farli abbattere, dall’altro aumenta vertiginosamente il numero dei voli da jet privato, notoriamente ad alto tasso di inquinamento. Il Mozambico è protagonista al Festival in almeno un paio di circostanze e sempre per una ragione sconosciuta ai più: si tratta della vittima perfetta della crisi climatica. Pur concorrendone in misura infinitesimale, il Paese lusofono dell’Africa è ormai da tempo flagellato da cicloni, violente alluvioni e processi di desertificazione. Quell’elemento assente dell’arte estetica già accennato qui è in parte presente nel progetto Africa Blues di Edoardo Delille e Giulia Piermartiri. In questo reportage colpisce la parte narrativa di un territorio flagellato di continuo da fenomeni climatici fino a qualche decennio fa semisconosciuti e colpisce anche il gioco di sovrapposizione di una casa abitata che, attraverso una proiezione dal vivo, diviene un inquietante scenario di devastazione.

Patryk Jaracz, “Kids learning how to ride a bicycle in the fields of Ukraine” Rivne Region. Vincitore sezione Single Shot Award del World Report Award 2024, © Patryk Jaracz, courtesy Festival della Fotografia Etica, Lodi

La fotografa polacca Kasia Strek è stata premiata nella sezione Spotlight Award del WRA – Documenting Humanity per il suo reportage, esteso a molti stati del mondo, sulle difficoltà, sulle sofferenze e in alcuni casi sull’impossibilità incontrate da chi decide di abortire. Il progetto fotografico The Price of Choice (Il prezzo della scelta) è una disamina anche laterale dell’inasprimento delle leggi sul diritto di scegliere che, secondo quanto esposto, coinvolge almeno una donna su tre in tutto il globo. Tra gli scatti singoli, denominati anche single shot, il mare magnum allarga i propri confini. La fotografia che campeggia ufficialmente sulla copertina del catalogo del Festival mostra un gruppo di bambine in un campo agricolo alle prese con una bicicletta, mentre sullo sfondo e sopra i tetti di un villaggio, vortica una colonna di fumo conseguente a un’esplosione. Siamo in Ucraina e lo scatto Kids Learning How to Ride a Bicycle (Bambine che imparano ad andare in bici) di Patryk Jaracz ha vinto il Single Shot Award, pur essendo naturalmente parte integrante di un progetto fotografico più ampio.

Lalo de Almeida, “Senza titolo”, foto scattata per il quotidiano “Folha de São Paulo”, dalla serie “Amazonian Dystopia”, 2011- 2021, © Lalo de Almeida, courtesy Festival della Fotografia Etica, Lodi

Ha qualche elemento dadaista sul viso La parrucchiera afghana di Silvia Alessi. In realtà i cartoncini che coprono porzioni del volto della donna sono necessari per non identificarla, dato il costante restringimento dei diritti che il regime talebano sta attuando in quello sfortunato Paese asiatico. Altrettanto impressionante anche dal punto di vista più propriamente artistico è lo scatto del fotografo palestinese Mohammed Salem che immortala a Gaza una Pietà contemporanea: una donna vestita con una lunga tunica blu e il viso coperto tiene in posizione michelangiolesca il corpo sigillato nel lenzuolo bianco del nipote. Lo scatto, intitolato Una donna palestinese stringe il corpo di sua nipote, ricorda appunto la grande tradizione artistica occidentale, ma fa a pugni con la mancanza di pietà umana dei carnefici. Infine, sempre tra i singoli scatti da raccontare (anche questo, come tutti, singola tappa di un reportage più ampio), è per davvero emozionante, proprio nel senso drammatico che dobbiamo attribuire a questo aggettivo, la camminata sconsolata di un pescatore tra una riva e l’altra di un ramo del Rio delle Amazzoni completamente prosciugato dalla siccità. È impressionante vederlo e pensare come un popolo abituato ad attraversare il fiume su una veloce piroga, possa ora spostarsi da una sponda all’altra a piedi. Lo scatto è intitolato Siccità in Amazzonia ed è del fotografo brasiliano, profondo conoscitore di alcune tribù indigene amazzoniche, Lalo de Almeida. Completa il Festival l’omonimo catalogo cartaceo pubblicato dall’editore emuse.

Info:

Festival della Fotografia Etica 2024
Aperture nei weekend dal 28/09 al 27/10/2024 dalle 9:30 alle 20:00
10 sedi a Lodi e una a Montanaso Lombardo
www.festivaldellafotografiaetica.it


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