Daniel Buren (Parigi, 1938) è un artista ipercelebrato e conosciuto in tutto il mondo. L’esordio giovanile è tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta, quando nell’ottica puritana imperante in quegli anni riduce la pittura a modello schematico e minimalista, basandosi su bande di 87mm, alternate a due colori. Fin dall’inizio, però, la sua estroversione e una positiva istanza di dialogo sociale lo portò a realizzare non solo opere pittoriche (cioè sviluppate su tela), ma anche installazioni ambientali o interventi all’aperto, in ambito cittadino. Il suo lavoro va pertanto inquadrato nel campo del pensiero concettuale e processuale, per poi svilupparsi, a partire dagli anni Ottanta, sull’interrelazione tra spazio pubblico e architettura. Daniel Buren ha basato la sua pratica di questi decenni, tra le altre cose, sull’idea di una pittura “zero degree”, che consiste nella negazione della pittura (su tela) come oggetto e la sua riduzione a componenti minimi, colore e supporto, secondo una logica che è stata propria di tutto il gruppo Support/Surface, per poi abbandonare questo radicalismo e allargarsi, a un canto cromatico e geometrico più articolato e più complesso.
Buren ha ricevuto, tra i molti riconoscimenti e premi, il Leone d’Oro della Biennale di Venezia nel 1986 e il Premium Imperial in Giappone nel 2007. Nel 1985 ha creato la sua installazione pubblica forse più controversa, Les deux plateaux, nel cortile del Palais Royal di Parigi, ma si comprende che lo scandalo fu determinato dalla vicinanza con le grandi memorie contenute nel vicino Louvre. Come dire, pretendere di dialogare con il sacro recinto delle memorie lì custodite, poteva sembrare azzardato alla mente quieta del buon borghese o, volendo vederla in altro modo, dopo molti decenni, la Nike di Samotracia (citata da Marinetti nel suo Manifesto del Futurismo e sopravvissuta alle sue bordate) colpiva ancora.
Nella sua carriera, Buren ha esposto nei più importanti musei e istituzioni del mondo tra cui il Centre Georges Pompidou di Parigi nel 2002 e il Guggenheim Museum di New York nel 2005. Nel 2012 la sua mostra Excentriques è stata presentata come parte del ciclo “Monumenta” al Grand Palais di Parigi. L’Observatoire de la lumiére, un intervento correlato all’edificio della Fondazione Louis Vuitton, è stato invece realizzato nel biennio 2016-2017.
Merita ricordare che Daniel Buren ha realizzato più di 3000 interventi pubblici in tutto il mondo, e questo a dimostrazione di una creatività davvero articolata, sebbene basata su un linguaggio minimale.
Per quanto riguarda l’Italia ricordiamo che a Colle Val d’Elsa, nell’ambito della riqualificazione del centro storico della città (su progetto coordinato dall’Atelier di Jean Nouvel), si è occupato della pavimentazione della Piazza Arnolfo di Cambio. Poi, nel 2005, su invito di Giuliano Gori (quello della Fattoria Celle) ha realizzato Partitions colorées per il Nuovo Padiglione di Emodialisi di Pistoia, realizzando anche La cabane eclatèe aux 4 salles proprio per la Collezione Gori. Nel 1999, a Torino, ha aderito al progetto “Luci d’artista” con l’intervento Tappeto volante, in piazza Palazzo di Città. In assoluto, la prima presenza in Italia, dell’opera di questo grande maestro della contemporaneità, è registrata, nel 1968, alla Galleria Apollinaire di Milano. L’esplosione del suo lavoro, in Italia, risale però all’anno 1974 con una serie di interventi in situ in più gallerie: Toselli di Milano; Art/Tapes 22 di Firenze; Sperone (nelle sedi di Torino e Roma); Modern Art Agency di Lucio Amelio, a Napoli.
Ora, la Galería Hilario Galguera propone una impegnativa personale di Daniel Buren: “Las cajas, trabajos situados, 2022”. Questa mostra è composta da venticinque opere ambientali, prodotte in Messico e progettate appositamente per la galleria, ed è tutta incentrata sulla figura del quadrato. Le pareti interne della galleria, coperte dalle colorate sculture modulari modificano l’esperienza e la comprensione dello spazio architettonico attraverso riflessi, geometrie e giochi di percezione che raddoppiano la dimensione virtuale dell’opera. I colori sono davvero molti: si va dal verde al giallo, dal rosso all’azzurro, in un canto vivace e immediato, e questa mostra è una ulteriore conferma della ricchezza cromatica che caratterizza il suo lavoro più recente.
Buren ha già collaborato, in precedenza, con Hilario Galguera, e specificatamente, nel 2014, aveva realizzato, su invito del gallerista, uno degli interventi più significativi della sua carriera presso l’Hospicio Cabañas nella città di Guadalajara, Jalisco. La configurazione architettonica neoclassica dello spazio, progettata da Manuel Tolsá, costituiva un’eco estetica dei disegni di André Le Nôtre, un architetto francese le cui opere hanno influenzato il lavoro di Buren. Questo intervento, insieme alla presenza dell’opera murale di José Clemente Orozco nella cappella principale dell’ospizio, ha segnato il compimento di uno dei cicli più significativi ed emotivi del corso della vita di Buren come creatore. Due anni dopo, nel 2016, Buren tornò in Messico, invitato dal governatore dello stato di Aguascalientes, Carlos Lozano de la Torre e da Hilario Galguera, per realizzare un’altra opera monumentale intitolata Como un juego de niños (“Come un gioco di bambini”) al Museo Espacio. Pertanto il dialogo di Buren con questo stupendo paese e grazie all’impegno del gallerista Galguera, continua a produrre i suoi frutti.
Bruno Sain
Info:
Daniel Buren, Las cajas, trabajos situados, 2022
2/02/2022 – 29/04/2022
Galería Hilario Galguera México
Francisco Pimentel 3
San Rafael 06470, Cuauhtémoc
www.galeriahilariogalguera.com
For all the images: Photo-souvenir: exhibition view of Daniel Buren’s “Las cajas, Trabajos situados/The Boxes, situaded works” 2022, Galería Hilario Galguera, Mexico. © Daniel Buren/ADAGP, Paris. Photo by José and Eduardo Rodriguez
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