Tra le giovani presenze nel mondo dell’arte contemporanea, Daniele Di Girolamo, classe 1995, incarna quella sensibilità percettiva che si fa ricerca artistica attraverso i suoni e le visioni di una natura umana e paesaggistica dedita alla sua stessa evoluzione. Un’evoluzione che, nella mostra Correct ways to misunderstand, presentata presso la Traffic Gallery di Bergamo, dal 1° ottobre al 31 dicembre 2022, si fa fraintendimento, diventandone protagonista assoluto. Ma cos’è il fraintendimento? Se dovessimo analizzarlo dal punto di vista linguistico-interpretativo, lo definiremmo come l’errore di comunicazione che si crea quando, tra il mittente e il destinatario si presenta uno squilibrio comunicativo. Da quando l’espressione si è fatta parte integrante del nostro sistema comunicativo, anche il fraintendimento è diventato un elemento importante nella nostra vita quotidiana. Ma perché, non vedere questo “errore” come un evento positivo dal quale trarne vantaggi per studiarne tutte le componenti che lo rendono un interessante punto di svolta all’interno della comunicazione stessa? Ed ecco che entra in gioco l’esposizione di Daniele Di Girolamo, curata da Leonardo Regano e accompagnata dal contributo testuale della critica e curatrice Francesca Marcaccio Hitzeman. In mostra, il giovane artista abruzzese presenta il prodotto del periodo di ricerca svolto durante le proteste di Hong Kong (avvenute tra settembre e novembre 2019), dove il disallineamento linguistico, culturale e interpretativo offre nuove visioni e interpretazioni.
Antonella Buttazzo: Ti andrebbe di parlarci della tua esperienza a Hong Kong?
Daniele Di Girolamo: Nel 2019 ero lì per uno scambio di studi (ero con Manrico Pacenti, artista e al tempo compagno di accademia). La situazione delle proteste era decisamente più grande di quello che arrivava in Italia. È stato un periodo intensissimo dove forse avrò capito l’1% di quello che stava veramente succedendo. Lo scarto tra quel che accadeva e quel che non ho capito è stato il punto principale su cui ho costruito la mostra presentata poi presso la Traffic Gallery: il fraintendimento, elemento che può aprire a nuove percezioni e interpretazioni.
A cosa paragoneresti il fraintendimento? O meglio, cosa è per te il fraintendimento se dovessi descriverlo con un’immagine?
Illudermi di possedere un fiume riempiendoci cento secchi. Credere che una frase detta corrisponda a un’emozione eterna, ma in realtà mutevole. È una grande pretesa capire la realtà delle cose, che ci è invece sempre un po’ sfuggente. Però con quei cento secchi d’acqua posso annaffiarci l’orto, che in fondo non è un male.
In che modo l’arte può essere fraintesa?
Credo che ci sia sempre uno scarto tra l’intenzione dell’artista e lo spettatore. Questa è la parte più bella di un lavoro, altrimenti risulterebbe troppo chiuso e sterile. Certamente serve un contesto, una piccola chiave di lettura, altrimenti il lavoro rischierebbe di diventare un contenitore vuoto a proprio uso e consumo, esposto alla strumentalizzazione. Questo è il vero rischio, ma per il resto è molto più interessante la ricchezza nella diversità delle percezioni.
Il fraintendimento, in arte, porta necessariamente a una rottura drastica degli schemi comunicativi tra opera e spettatore?
Il fraintendimento c’è sempre. Questo sistema comunicativo poi può farcelo percepire come errore. Quando si deve parlare di un lavoro ecco che lo riduciamo a un concetto sintetizzato in poche righe, con cui siamo soddisfatti e illusi di averlo preso. In realtà non esiste un modo corretto o sbagliato (univoco) di leggere un lavoro, anzi, il lavoro funziona quando fa risuonare qualcosa in chi lo osserva, quando apre a nuove percezioni della realtà in cui viviamo e a nuove domande piuttosto che chiudere un discorso. Altrettanto può fare la comunicazione, diventando una chiave invece di un pacchetto.
Quanto le tue opere giocano con le percezioni?
Cerco sempre di trattare i lavori come degli inneschi di un’esperienza piuttosto che come sintesi di un ragionamento conclusivo. In particolare mi trovo soddisfatto quando quest’esperienza è la percezione di un’atmosfera sia esterna che interna, di cui ogni lavoro ne è un frammento. Le forme ambigue, i suoni, i fraintendimenti, le interpretazioni letterali sono solo alcuni tra gli strumenti che mi aiutano ad aprire questo spazio interpretativo non fisso. Tutto quindi è legato al come si percepisce un materiale, un suono, una forma.
Info:
Daniele di Girolamo, Correct ways to misunderstand
a cura di Leonardo Regano
testo critico di Francesca Marcaccio Hitzeman
01/10/2022 – 31/12/2022
Traffic Gallery
Via S. Tomaso 92, 24121 Bergamo
trafficgallery.org
Dopo aver conseguito la maturità linguistica, ha proseguito gli studi laureandosi in Storia dell’Arte presso l’Università del Salento, con una tesi bilingue sui Preraffaelliti. Da allora, contribuisce attivamente come articolista e collaboratrice con blog nazionali e con riviste e programmi TV locali.
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