Il tempo ordinario della quotidianità ha un andamento lento, procede per accumuli e sovrapposizioni che silenziosamente ingombrano il nostro spazio mentale e innescano un infinito processo di costruzione ed erosione che forma la materia dei ricordi. Il nostro rapporto con il mondo è mediato e attutito da questo agglomerato di massa inerziale che cresce, si amalgama e si consuma nei nostri retropensieri a prescindere da ogni controllo e volontà. È possibile e ha senso opporsi all’ottusità di questi lacerti di passato incapienti e rileggerli come tracce nuovamente significanti? Cosa può scaturire dall’isolamento di frammenti di realtà dormiente e dalla loro ricomposizione plastica in occupazione di uno spazio e di un luogo estranei al contesto che li ha prodotti?
Queste suggestioni sono alcune delle possibili chiavi d’accesso al progetto Relighie presentato ad Adiacenze da Daniele Gagliardi e Giorgia Minoli, entrambi formatisi all’Accademia di Belle Arti di Bologna e accomunati da un’affinità di indagine che con modalità esecutive differenti si avvale del prelievo di materiali ordinari la cui domesticità viene destrutturata per creare nuovi sistemi di senso. Il titolo della mostra, parola di nuovo conio liberamente afferente ad ambiti semantici discordanti, come religio (religione), legere (legare) o reliquiae (avanzi, resti) esprime lo spaesamento degli oggetti reali o virtuali che sono stati sottratti alla latenza per diventare opera la cui inconfutabile presenza fisica si contrappone al flusso della consunzione e dell’oblio. Gli artisti, muovendosi nel territorio incerto delle potenzialità con interventi giocati sul filo della marginalità espressiva, concepiscono il loro lavoro come un cavallo di troia congegnato per scardinare dall’interno le certezze su cui fonda il nostro vivere quotidiano. Le loro azioni danno voce alla sotterranea resistenza delle cose private della loro funzione e del loro originario ambito di appartenenza per esplorare il non-detto e il non-visto del nostro rapporto con il mondo inteso come susseguirsi di contingenze e accadimenti che si stratificano in conglomerati afasici. In costante oscillazione tra implosione e dispersione, gli artisti intervengono su materie prime trovate e lasciate volutamente grezze frammentandone i legami interni per osservare a quali nuovi accorpamenti daranno adito le loro sopravvivenze.
Daniele Gagliardi, autore di due interventi installativi ambientali sui due livelli in cui si articola lo spazio espositivo, lavora su materiali di recupero, in questo caso provenienti dai depositi dell’Accademia e dai magazzini di Adiacenze (che prima di essere galleria d’arte era un laboratorio per la lavorazione dei tessuti), per creare sculture effimere con una forte impronta architettonica. Al piano superiore troviamo una sorta di muro/barriera di altezza crescente composto da vari oggetti, tra cui si riconoscono tavole di legno, lamiere, piani di lavoro, battiscopa, tavolozze, ante d’armadio e una porta, che sembrano accatastarsi l’uno sull’altro in precario equilibrio raccordati da una labile progettualità iniziale. In realtà ciascuna sovrapposizione racconta e fissa nello spazio (attraverso chiodi mimetizzati nelle superfici polverose e ruvide) il processo creativo dell’artista che si appropria dello spazio procedendo per tentativi, rinunce, ripensamenti e accorpamenti che riscrivono l’ambiente e ridisegnano il ruolo di ciascun elemento utilizzato in funzione di quelli ad esso contigui. A questo modo una somma di decadimenti e di inerzie genera una struttura dotata di una nuova e misteriosa resistenza che immobilizza la naturale decadenza delle sue materie costitutive in un principio di precipitazione che non arriva mai ad essere definitivo. La sospensione è ancora più accentuata nella torre/cascata collocata al piano inferiore che evoca (e costruisce) il crollo senza portarlo a compimento sublimando l’abbandono totale in una nuova necessità di sostentamento e di tenuta.
Se Gagliardi forza la memoria degli oggetti azzerandone il vissuto nonostante le tracce lasciate a vista in stridente contrasto con la loro obsolescenza per recuperarli dal punto di vista intellettuale e micro-emotivo, anche i video di Giorgia Minoli impongono un’analoga privazione di senso a filmati preesistenti attraverso manipolazioni digitali che inficiano la riconoscibilità delle immagini per stravolgerne l’ordinarietà con imprevedibili aperture di senso. L’artista applica infatti le sue rielaborazioni a una serie di filmini di famiglia che mostrano lei, la sorella gemella e i parenti nelle più classiche situazioni di festa e svago solitamente immortalate in questo genere di documenti.
Semplici espedienti tecnici, come sdoppiamenti, zoom, fuori fuoco e sgranature, annullano la componente affettiva delle scene trasformandone i protagonisti in allucinati oggetti metamorfici che mettono a nudo la discrepanza tra il soggetto filmato e la sua incerta esistenza sotto forma di immagine registrata. Anche qui al centro dell’indagine c’è il nostro rapporto con l’esterno e i frammenti di quotidianità prelevati (questa volta virtuali), vengono utilizzati come escamotage per esplorare i resti di un significante reso balbuziente da una violenta sottrazione di materia. In questo caso la rottura dell’ordine prestabilito sembra definitiva e il vago antropomorfismo delle sagome mobili e trasparenti che si muovono sullo schermo di un televisore vintage o che si confondono con le crepe della parete su cui sono proiettate non basta a identificarle come vestigia familiari. L’alienazione totale fa emergere una nuova struttura elastica che sembra generata dalla forza di attrazione reciproca dei pixel finalmente liberi di dichiarare la propria vitalità prima costretta dalla funzione rappresentativa e di muoversi sopra le righe di una partitura irriverentemente disarmonica.
Info:
Daniele Gagliardi e Giorgia Minoli. Relighie
4 maggio – 9 giugno 2018
Testo critico di Simone Pellegrini
Adiacenze
Vicolo Spirito Santo 1 Bologna
Daniele Gagliardi, Untitled, 2018, (detail) mixed media, environmental installation
Daniele Gagliardi, Untitled, 2018, mixed media, environmental installation
Daniele Gagliardi, Untitled, 2018, wall drawing
Giorgia Minoli, Rizoma, 2018, video, 8 min. (still frame)
Giorgia Minoli, RidonDance, 2018, video projection, 6:20 min. (still frame)
Giorgia Minoli, Vestigia Edeniche, 2017, video, 8 min. (still frame)
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
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