Andare alla de-riva (gioco di parole obbligatorio quando si parla dell’artista) lungo le forme liquefatte delle opere in mostra da Cellar Contemporary è un percorso controcorrente, scontornato, weird.
Denis Riva nasce nell’indefinito “Ganzamonio” nel 1979 ed è un artista legato al quotidiano e al semplice, dati l’impegno nella rigenerazione di spazi abbandonati, la coesistenza col territorio e il Lanificio Paoletti, l’uso di materiali come carta e legno. Con una punta di orgoglio – ben riposto – ci ricorda che non viene da una formazione accademica, che non insegna, che le sue fonti di ispirazione visiva sono muri scrostati e macchie d’olio sull’asfalto.
Tutte queste rielaborazioni inconsce però rischierebbero di rimanere semplici avanzi, se il nostro artista non fosse riuscito a trasformarli in “stati di avanzamento”; non sono cioè rimasti semplici ritagli di introspezione quotidiana ma ritagli di ciò che di avanzamento esistenziale c’è in quegli stessi avanzi di quotidiano. In questa puntualità personalistica le opere di Riva possono rivelare, volontariamente o meno, un afflato universale: i paesaggi sono mentali, le geografie interiori, gli arrangiamenti di colore relativamente poco studiati. Ma proprio per questo il liricismo dell’autore è in grado di parlare a tutti.
Questo discorso ci viene rivolto nel modo più prolifico possibile, ossia tramite il silenzio. È il silenzio che regna indiscusso sui fogli di carta ed è il silenzio che segna la commistione fra uomo e natura. Le figure umane sono quasi sempre ridotte a silhouette di colore, a un contenitore senza contorni ripieno di emotività, a una pura vibrazione che risuona fra un esterno naturale carico di ricordo e un interno di animale (umano e non) che ad esso risponde. La distinzione fra i due è debole, quasi nulla, e per questo motivo schizzi di colore, colature, strappi e filamenti di tempera si rincorrono sul foglio, sovrapponendosi l’un l’altro. Non sono altro che brandelli di emozioni quelli che vanno a scontrarsi con gli elementi naturali in secondo piano.
Così questo fondale diventa partecipe e corresponsabile dell’emotività, uno specchio dove si innestano giochi di rimandi colorati di azzurro, giallo e verde. È nel colore che si trasformano anche le scene di comunicazione effettiva, rappresentate fra sagome umane e animali, ma anche dal basso verso l’alto, tese verso un destinatario indefinito e da cui non si attende nessuna risposta.
È il caso dell’opera Ultimo pensiero, dove una figura umanoide e svuotata lascia scivolare via i suoi colori interiori verso un cielo slavato; o di Diventare luce, dove la metamorfosi animale diventa anch’essa un avanzamento e, per una volta, addirittura un salto dello spirito.
Sono questi i motivi per cui, di fatto, gli stati emotivi dell’artista si muovono a piccoli passi fra le acque fredde che tentano di riportarci a valle. “Questo innesco avvenuto molti anni fa sembra essere un lento, mastodontico, fragile e complesso macchinario”, osserva Riva ripensando al suo lavoro, e le opere in esposizione presso Cellar Contemporary – oggi trasferite in una mostra online sul sito cellarcontemporary.com, non sono altro che un avanzamento di una composita macchina organica ed esistenziale.
Nel loro complesso, rappresentano un traguardo avanzato sia per l’artista, sia per chi l’osservatore, e lo fanno senza distruggere quello che trovano sul cammino, ma stratificando e rarefacendo con paziente lavoro una articolata composizione.
Giacomo Del Colle
Denis Riva, Acqua che vuoi diventare, tecnica mista su tela, 100 x 150 cm, courtesy Cellar Contemporary, Trento
Denis Riva, Uscire dal bosco, tecnica mista su tela, 100 x 100 cm, courtesy Cellar Contemporary, Trento
Denis Riva, Diventare luce, tecnica mista su legno, 50 x 99 cm, courtesy Cellar Contemporary Trento
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