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Di quando l’Accademia invase le vie di Bologna: Opentour e RiparAzioni

Dal 20 al 25 giugno, l’Accademia di Belle Arti di Bologna ha presentato la nona edizione di Opentour, curata, per il secondo anno consecutivo, da Carmen Lorenzetti e Giuseppe Lufrano. Un progetto unico nel suo genere, come ci ha raccontato Rita Finzi, presidente Accademia di Belle Arti di Bologna, durante la conferenza stampa la mattina del 19 giugno: «I ragazzi escono dalle aule dell’accademia ed entrano nella mischia, faccia a faccia con i galleristi, i critici, i collezionisti e il pubblico. Questa è un’esperienza formativa importantissima. L’accademia di Bologna unica in Italia ha inserito nel percorso formativo dei propri studenti questo momento e questo è stato possibile anche grazie alla grande e partecipata collaborazione dei galleristi della città».

Opentour, una delle aule dell’Accademia, 2023, photo courtesy Accademia di Belle Arti di Bologna

Non solo quindi esposizione all’interno delle mura dell’istituzione, ma anche al di fuori, per le vie della città; «28 tra gallerie e spazi privati, ognuno dei quali ospita una mostra specifica: protagoniste assolute, le opere di studentesse e studenti dei corsi biennali specialistici e dell’ultimo anno dei corsi triennali». Il tour all’interno dell’Accademia sarà visibile fino al 1° luglio e consiglio vivamente a tutti e tutte di partire proprio dal luogo dove tutto è stato concepito e realizzato. Oltre alle esposizioni, infatti, molto interessante per il pubblico sarà la possibilità di poter osservare con i propri occhi le aule e i laboratori dove le opere sono state realizzate dai ragazzi prima di venire esposte: scultura, grafica, fumetto, pittura, fotografia, design, fashion e da quest’anno anche il metaverso. «Opentour si conferma una bella e gioiosa festa dell’arte» come ha affermato durante la conferenza stampa Cristina Francucci, direttrice dell’Accademia di Belle Arti di Bologna. Ed è esattamente questa l’aria che si respira internamente all’istituzione e tra le vie del quadrilatero, passeggiando con la mappa di Open Tour in mano alla ricerca delle sedi espositive.

Opentour, una delle aule dell’Accademia, 2023, photo courtesy Accademia di Belle Arti di Bologna

L’apertura di Giovani talenti in galleria è avvenuta giovedì 22 giugno. Molte gallerie, inoltre, ospiteranno le opere dei ragazzi oltre la fine di giugno. Per citarne alcune, tra quelle che personalmente mi hanno colpito di più troviamo quella di Alchemilla 43 (visitabile fino al 29 giugno). Ospiti dal triennio di scultura gli artisti Ylenia Joiner Santuario, Chiara Marchesi e Giacomo Mallardo, a cura di Ivana Spinelli. La mostra dal nome ø, è un riferimento al simbolo matematico che indica l’insieme vuoto, «se si pensa all’insieme matematico come lo spazio di può pensare che ciò indichi il disabilitato, libero, deserto. I lavori sembra siano posti a margine, dove il margine è inteso come un luogo di possibilità». Il primo lavoro visibile entrando da Alchemilla è quello di Ylenia Santuario Joiner, dal titolo 105.001. L’opera è incentrata sul concetto della perdita di sé, elaborato attraverso la caduta dei capelli che avviene sotto la doccia. Nell’installazione i capelli sono appesi a dei fili della flebo, bagnati e alimentati di acqua continua. Il tutto riproduce il senso che si ha del capello bagnato nella doccia e del gocciolio che si produce automaticamente. Un magnifico senso di vuoto e di perturbante alimenta gli spettatori. “Finchè è in testa è importante ma poi?” ci domanda Ylenia, cedendo il posto all’opera Untitled di Chiara Mareschi. Installazione interamente incentrata sul concetto di subordinazione. La galleria, infatti, si ritrova, grazie all’artista, totalmente contaminata da colonie di funghi realizzati in cera e alluminio. Una vera e propria contraddizione: il fungo, la cui esistenza può solo dipendere da altri organismi, si trova qui invece ad avere vita propria. Ultima opera dal titolo Blu che tende al bianco e viceversa di Giacomo Mallardo è un gioco tra due tessuti ricamati, posti al centro di una delle sale della residenza: al centro della riflessione il rapporto dialettico tra introversione e necessità comunicativa.

Giuseppe Francalanza, Disertori, 2023, photo courtesy Studio la Linea Verticale

Proseguendo tra le gallerie non posso non citare Studio La Linea Verticale che presenta la bipersonale Virati l’ha nel foho. «Il fuoco è identificato nella mostra come simbolo del lavoro da parte dell’energia in greco, infatti, energheia significa al lavoro in azione», ed è eletto ad elemento di congiunzione tra i due artisti in mostra: Giuseppe Francalanza e Jacopo Risaliti. In dialogo quindi, nelle due stanze della galleria, le sculture di Risaliti e la pittura di Francalanza. Il marmo lavorato dal primo artista si fa portavoce, grazie all’uso talvolta della fuliggine, di movimento, di cambiamento e del concetto di lavoro. Nella pittura di Giuseppe, invece, il sole cocente corrode e silenzia una vita però chiaramente brulicante sotto di sé. Visitabile fino al 15 luglio 2023.

Francesca Rinaldi, Lieto e Triste (dalla serie “ricostruzioni metamorfiche”), 2023, dimensioni variabili, sasso, argilla, gesso, photo courtesy CAR Gallery

Terza galleria che non possiamo non citare è quella di CAR Gallery con la sua Keramikos (in mostra fino al 9 settembre). In questo caso, la mostra curata da Andrea Busto (direttore MEF Torino) e su segnalazione della docente dell’Accademia di Bologna Carmen Lorenzetti, invita la studentessa Francesca Rinaldi a porsi in dialogo con il progetto, pensando ad una serie di lavori inediti creati appositamente per l’istallazione. «Keramikos registra l’estrema vitalità dell’attuale produzione di opere in ceramica con la presenza di 20+1 artisti internazionali contemporanei. I punti di partenza sono T42 di Mona Hatoum e Coppette di Fausto Melotti, opere diametralmente opposte per poetica e ricerca». Ricostruzione 1 e 2 realizzate con sasso, argilla e gesso ragionano sul concetto della metamorfosi. Come ha specificatol’artista: «Questa trasformazione è per me libertà dell’essere; la forma rompe la propria gabbia e diventa ciò che per essa è più necessario».

Wang Xiaoxin, Bestia mitica della scoreggia, 2023, photo courtesy OTTO Gallery

Alla Otto Gallery, invece, troviamo Identità Dissimili, a cura di Giuseppe Lufrano (visitabile fino al 30 giugno). Il progetto, tra i più estesi, ospita ben sei studenti del Biennio di Arti visive – Pittura, i quali, hanno frequentato i corsi di Economia e mercato dell’arte e Allestimento degli spazi espositivi e sono stati inseriti in un contesto professionale dove mettere alla prova sperimentazioni linguistiche e modalità espositive. I ragazzi in questione: Sofia Fadda, Gloria Franzin, Filippo Mestroni, Miriam Spaggiari, Giorgia Toselli e Wang Xiaoxin.

Ri-tessere ad arte | Crossing Threads, laboratorio di fashion design, ph. Eleonora Piras, courtesy Accademia di Belle Arti di Bologna

Tra gli eventi e le iniziative lanciate dall’accademia il 2023 ha visto anche lo svolgersi di RiparAzioni, ideato per il programma PON Metro, Programma Operativo Nazionale Città Metropolitane, coordinato dal Comune di Bologna e finanziato dall’Unione Europea, che intende promuovere percorsi di welfare generativo con azioni finalizzate all’acquisizione di una coscienza critica e a una maggiore consapevolezza rispetto all’emarginazione sociale e alla risposte creative che l’arte con i suoi linguaggi può offrire. «Il titolo si ispira all’arte giapponese del Kintsugi, un sistema di riparazione mediante resina e polvere d’oro che mette in risalto crepe e fratture di oggetti rotti, la cui fragilità viene esaltata, impreziosita e non nascosta. Il significato metaforico di questa tecnica richiama i concetti di resilienza e rinascita a partire proprio da quelle fratture, personali e sociali, che, solo se diventano visibili e condivisibili, possono essere superate trasformandosi in occasioni di rigenerazione consapevole, sia individuale che collettiva». Le iniziative all’interno di RiparAzioni sono state molteplici: talk, laboratori, eventi, un’istallazione, una mostra, un libro, un fumetto, una sfilata e un film.

Flavio Favelli, Pulpito e altre figure, Piazza Roberto Raviola, Bologna. ph. Martina Platone, courtesy Accademia di Belle Arti di Bologna

Gli incontri avvenuti dal 3 aprile al 23 giugno hanno visto grandi protagonisti dell’arte e della cultura come: il filosofo Emanuele Coccia, il collettivo artistico ruangrupa, il regista e drammaturgo teatrale Armando Punzo, l’artista Adelita Husni-Bey, l’illustratrice Nora Krug e la regista Alice Rohrwacher. Per quanto riguarda l’installazione, invece, esibita in Piazza Raviola, è opera di Flavio Favelli. La scultura è la rappresentazione di molteplici palchi uniti e convergenti e che, in qualche modo, offrono ai passanti la possibilità di poter dialogare con lo spazio circostante ma diviene anche un ponte che unisce le “attività dell’accademia all’ambiente circostante”. Sabato 17 giugno, invece, sempre in piazzetta Raviola, gli studenti e le studentesse del corso di Fashion Design hanno reso visibili al pubblico gli abiti realizzati durante il corso con una sfilata dal nome: Crossing Threads. La chiamata alla sfilata è stata anche allargata ai cittadini e alle cittadine residenti nel quartiere.

Federica Casadei, Sazietà, frame video, La casa nel piatto, RiparAzioni, 2023, photo courtesy Accademia di Belle Arti di Bologna

Torna, per la sua seconda edizione, La casa nel piatto, a cura di Giovanna Caimmi e Valerio Dehò. La mostra nasce dall’idea di fare incontrare dei clochard di Bologna, grazie al supporto di ASP Bologna, con studentesse e studenti del Biennio di Arti Visive (in particolare del biennio di foografia).  «Alla base di questo progetto c’è una scelta, quella di considerare l’arte anche come uno strumento educativo, non solamente quindi un testo da studiare e analizzare, ma un pretesto per rafforzare le proprie risorse emotive e immaginative». Gli studenti e le studentesse hanno avuto la possibilità di conoscere e confrontarsi con persone senza fissa dimora, utilizzando il cibo come mediatore, recandosi alle mense e partecipando alla preparazione dei pasti. Ognuno di loro ha reinterpretato questi incontri con mezzi e tecniche artistiche differenti e i risultati sono stati esposti all’interno della mostra al Complesso del Baraccano visibile fino all’8 luglio: https://www.ababo.it/home-ababo/la-casa-nel-piatto. Oltre ad una mostra, il progetto ha generato anche un film, dal titolo film La città di cartone, coordinato dal docente Maurizio Finotto, in collaborazione con gli studenti e le studentesse del Corso di Linguaggi del cinema e dell’audiovisivo. La storia parla di una città di cartone, «una città parallela e semi-invisibile popolata da persone che non hanno una casa. Questa seconda città si estende negli angoli bui, nelle zone morte, negli interstizi della periferia. Gli insediamenti possono essere simili a un appartamentino, però virtuali: cucina, salotto, camera da letto, ma con le pareti trasparenti, solo immaginate, come anche l’ingresso, le porte, il soffitto, che può essere il cielo».

Info:

www.ababo.it/activities/riparazioni

www.ababo.it/activities/opentour/opentour-2023


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