Gli ideogrammi metropolitani del writer statunitense Keith Haring mostravano personaggi stilizzati in perenne vibrazione energetica che impersonavano in modo istintivo i grandi temi dell’essere umano, come l’amore, la morte, la vita, la paura e la pace. I suoi Radiant babies (omini che irradiano) e i Barkings dogs (cani che latrano), cellule di un flusso grafico continuo e inconfondibile, hanno invaso muri, carrozzerie di automobili, teloni in vinile, carta, plastica recuperata dagli scarti e tela in molte città del mondo. Il suo inedito linguaggio visuale perseguiva un modello di «arte per tutti» e il desiderio di coinvolgere il più grande pubblico possibile, portando l’arte fuori dai musei e dalle gallerie e ignorando le regole imposte dal mercato.
Esprimono questi valori anche gli acquarelli di Earl Rina, che innesta in questo substrato contemporaneo e metropolitano reminiscenze di Fernando Amorsolo, pioniere indiscusso della pittura nelle Filippine, il suo Paese natale, e sognanti atmosfere in cui vive il ricordo di Marc Chagall. Earl Rina è cresciuto a Cebu City, eletta dall’UNESCO città creativa del design, e ora si è stabilizzato a Winnipeg, MB (Canada) dove si è inserito in una composita rete di creativi di varie discipline. La natura, i paesaggi, gli animali e i fiori costituiscono per lui inesauribile fonte di ispirazione e diventano pretesti per gioiose avventure nel colore in cui le forme reali di partenza sembrano far esplodere i propri abituali confini per frammentarli in una nube dispersa di colore soffiato come nebbia o come luminescenza solare. La sua libertà di segno e di invenzione nasce dall’esigenza di narrare per rendere visibile la compresenza tra sogno e realtà, entrambi fatti di trame evanescenti come gli aloni dei pigmenti diluiti nell’acqua che incontrano la carta.
La sua ricerca figurativa sembra inseguire le tracce dei più antichi segni comunicativi dell’uomo: geroglifici, ideogrammi e stilizzazioni che ritornano spontaneamente per costruire i contorni dei suoi personaggi, vibranti di energia contemporanea come le creature di Keith Haring ma animati da una musicalità interiore in cui risuona l’anelito universale del mondo. Questo onnipresente lirismo musicale, che coinvolge sia gli andamenti delle linee sia le armonie dei colori, è pervaso di giocosa ironia e dà immagine e ritmo al racconto quotidiano e perenne dell’uomo in cerca del suo destino (individuale e collettivo) e della sua storia. Le sagome danzanti di Earl Rina quindi non sono apparizioni astratte fuggite o proiettate oltre la soglia del reale, ma espressioni dell’essenza più reale e veritiera della vita. In queste visioni apparentemente naïf l’artista prova a far incrociare il conscio e l’inconscio per armonizzarli in una narrazione in cui il segno diviene parola e immagine creando il ritmo e lo spazio insieme.
È difficile intuire (o forse non è nemmeno così necessario) se sia il colore a governare la mano e la mente del pittore o viceversa, tanto le sue immagini appaiono armoniche e naturali. I personaggi sono perfettamente integrati nelle ambientazioni che li ospitano, al punto da sembrare quasi genuine emanazioni dell’incantata bellezza che li circonda. Avere uno sguardo ingenuo e puro sulle cose senza pretendere di capirle e governarle è un dono antico, non molto valorizzato nella società occidentale e pochi ai nostri giorni riescono a mantenerlo pur rimanendo saldamente ancorati alla contemporaneità. Earl Rina è uno di questi: il suo talento per il colore trasfigura il paesaggio urbano e naturale con la medesima entusiastica curiosità e la sua tavolozza arcobaleno conferisce toni di favola anche alle circostanze più normali della quotidianità, come un ritrovo di persone in un caffè o un cane che si accoccola ai piedi della sua padrona in cerca di una carezza.
Il piano reale scivola felicemente nell’immaginifico senza bisogno di inventare nulla, senza voli pindarici e artificiali mistificazioni, semplicemente lasciando espandere sulla tela la gratitudine pura del pittore per essere vivo e connesso con le sue emozioni. Nessun personaggio dei suoi dipinti è da solo sulla scena perché, come ci hanno insegnato da bambini, nessuna gioia è tale se non è condivisa: lo ribadiscono con convinzione anche le creature di luce di Earl Rina, che si presentano come agili silhouettes umane circondate da scie di colore nebulizzato. Queste pennellate fluide sembrano assolvere una duplice funzione: da un lato prolungano le estensioni delle figure suggerendo gli andamenti e le direzioni dei loro movimenti, dall’altro permettono di visualizzare i loro sentimenti (di cui il movimento è la diretta emanazione) e fanno da tramite con il paesaggio, in un raffinato gioco di rispecchiamenti reciproci. Il rapporto tra linea, superficie, colore (per parlare degli elementi primari del linguaggio pittorico) e poi tra figura, sfondo e atmosfera (per passare al livello gerarchicamente più complesso delle loro combinazioni) si fonda su equilibri musicali più che su regole visive ed è per questo che l’animazione dei personaggi viene immediatamente letta come danza.
Earl Rina, Snow Graze. Painting, watercolor, 2019
Earl Rina, The Meet Up. Painting, watercolor, 2020
Non c’è distinzione di stile e di sostanza tra il paesaggio naturale e urbano, tutto sembra sbocciare in un’eterna primavera del cuore, anche quando oltre la finestra si intuisce la neve. La luce appare diffusa, fiabescamente indipendente da qualsiasi fonte di luce reale, come se stessimo guardando il mondo attraverso un magico filtro iridato, ma allo stesso tempo richiama con precisione stagioni, ore e condizioni atmosferiche reali, in un esplicito invito a squarciare il velo dell’abitudine per accorgerci dei piccoli miracoli che accadono appena oltre il campo visivo della nostra attenzione. La pittura di Earl Rina non vuole stupire e convincere con la prepotenza di un pensiero positivo a tutti i costi, ma vuole farci riscoprire quel senso infantile di meraviglia che un tempo tutti abbiamo provato di fronte a qualcosa e che la nostra società tende a tacitare perché lento, non utilitaristico e incompatibile con il mantra contemporaneo dell’ottimizzazione. Anche qui un valore non molto in voga oggi a causa delle sofisticazioni strategiche del sistema dell’arte, di cui si potrebbe ricominciare a tenere un po’ conto per riavvicinare l’arte a un pubblico più ampio e vivo.
Info:
Attore e performer, ama le arti visive in tutte le loro manifestazioni.
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