A chi segue sentieri già battuti, rinunciando alla ricerca di una propria, e altra, strada da percorrere coraggiosamente, Ekaterina Panikanova tende la mano per accompagnarlo ad attraversare il suo giardino, dove ogni passo non conduce a una meta ma è esso stesso meta, nel momento in cui fa procedere in avanti.
Attraversando il mio giardino, la mostra a cura di Marina Dacci, sembra essere la concreta messa in opera della risposta all’interrogativo che il senso comune ha adattato dal capolavoro di Gauguin: Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo? E in un certo senso la soluzione, una, è racchiusa nella polarizzazione, forse tra le più distintive del campo umano, tra natura e cultura.
Nata nel 1975 in Russia e diplomata all’Accademia di Belle Arti di San Pietroburgo, da più di vent’anni Panikanova vive a Roma, teatro della sua puntuale ricerca di libri, quaderni, testi scolastici e divulgativi che trova nei più che tradizionali mercatini delle pulci e dell’usato. Tutti inerenti all’istruzione, all’educazione o alla religione, quelle sfere dunque che indirizzano gli individui a un ideale comportamentale ipotetico, conformandoli a una serie di codici convenzionalmente riconosciuti, questi scritti vengono ripresi e ricontestualizzati dall’artista che li dipinge a china e acrilico con una serie di soggetti che riemergono dalla sfera intima dei suoi ricordi di infanzia.
All’ingresso del suo giardino Panikanova dispone un video-cameo che stimola un ricordo del movimento planetario, che da sempre affascina la mente umana. E come sullo schermo i due palloni fluttuano lentamente nell’acqua di una piscina, così ci si muove verso l’opera a parete site specific intitolata Sopra(v)vento. Sviluppato su tre livelli differenti, la carta acquerellata, i libri su di essa inchiodati e una proiezione video, il lavoro impone di concentrarsi sul vento come elemento naturale, ora proiettato su carta dopo che l’artista lo ha filmato quando soffiava con forza nella campagna dell’Agro Pontino, facendo stormire le fronde degli alberi di eucalipto.
Conoscitrice dell’habitat che la circonda, Panikanova non ha scelto casualmente l’eucalipto ma, ormai naturalizzata, sa di quell’antica credenza – radicata fin dai tempi della bonifica – che gli attribuiva proprietà purificatrici. È così, con il suono e il movimento tanto vigorosi da ipnotizzare, che solletica chi guarda a prendere il sopravvento, liberandosi della costrittiva repressione del proprio inconscio. Ormai schiuse le porte della dimensione immaginifica, l’attraversamento del giardino sembra concretizzarsi quando si raggiunge la grande installazione con cui l’artista si mette alla prova, sperimentato il medium e l’uso di materiali finora a lei estranei.
I palazzi di bicchieri, veri e propri contenitori di ricordi che resuscitano memorie infantili e tradizioni familiari, insieme alle torri di libri pieni di storie, gli elementi del regno animale, le macchie monocromatiche che riportano al test di Rorschach, i nidi portatori di vita e quei merletti, riprodotti in ceramica e porcellana sul modello dell’umile attività femminile, così uguali a funghi e muffe da confondere: ogni cosa dà forma al tappeto del giardino chimerico di Panikanova in cui il ciclo naturale sembra compiersi armoniosamente.
Forse anche inebriati dal senso di benessere che pervade uno spazio dove natura e cultura sono complici e non si escludono, sollecitati ad accogliere l’idea di fine come trasformazione, non resta che passarci attraverso per poter davvero indagare la propria personalità, vagliando il funzionamento del pensiero, esaminando la realtà e misurando la capacità di rappresentazione corretta di sé, e degli altri, nelle relazioni. La delicatezza e la complessità che definiscono la passeggiata inducono a proiettarsi fuori da sé.
Verso L’Altrove, per esempio, come suggerisce il titolo dell’altro video-cameo, a pochi passi dall’installazione, dove una bambina su un’altalena dà le spalle a chi la guarda mentre un’altra figura, femminile seppur invisibile, li osserva. Liberati da qualsiasi interferenza, è questa la prima, e concreta, occasione che si offre per mettersi alla prova e rapportarsi a una presenza altra. Chi è? Non è dato sapersi. Come del resto mai conosceremo la forma di quell’istanza che inevitabilmente ci direziona e ci modella. Possiamo, al massimo, ipotizzarla.
E viene il dubbio che essa somigli a un libro, nero in superficie, come quello che Panikanova ha inchiodato al muro in ingresso. Simile a quel libro, solo in apparenza l’individuo è definito da un insieme di proprietà, secondo una logica meramente proprietaria e disgiuntiva: oltre ci sono tutte quelle relazioni tra opposti che si implicano reciprocamente e che chiamano a sempre nuovi, anche se nascosti, processi di identificazione. Attraversare il giardino di Panikanova significa allora scoprirli e scoprirli significa che Io è (libero di essere) altro – prendendo in prestito – e trasformando – le parole che scrisse Arthur Rimbaud.
Info:
Ekaterina Panikanova. Attraversando il mio giardino
A cura di Marina Dacci
20 giugno – 31 luglio 2019
z2o – Sara Zanin Gallery
Via della Vetrina 21, Roma
Ekaterina Panikanova. Attraversando il mio giardino, 2019
Installation view, room 1
Ekaterina Panikanova. Soprav(v)ento, 2019
disegno su carta, libri, acrilico, inchiostro, chiodi, video, loop dimensioni site specific
Installation view, room 2
Ekaterina Panikanova. Attraversando il mio giardino, 2019
Installation view, room 3
Ekaterina Panikanova. Attraversando il mio giardino, 2019
Installation view, room 3
For all images: Courtesy z2o Sara Zanin Gallery, Rome
Ph. by Giorgio Benni
Crede che l’arte sia una continua ricerca di forme espressive per raffigurarsi il mondo in modi che ancora non conosciamo. Laureata in Lettere, prima si è specializzata all’Università degli Studi di Bergamo con una tesi su cosa resta di una performance, poi ha frequentato la scuola curatoriale presso l’Università di Malta. Dal 2013 collabora con associazioni, spazi espositivi e gallerie come cultural producer e curatrice indipendente.
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