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Emilio Vavarella. Re/presentation: l’essere umano come codice genetico

Emilio Vavarella (Monfalcone, 1989) è approdato artisticamente all’esplorazione creativa e semantica della genetica nel 2019 attraverso il bando Italian Council, che gli ha permesso di concretizzare un’idea da anni oggetto della sua ricerca presso la Harvard University, dove sta attualmente conseguendo un dottorato in Film, Visual Studies e Critical Media Practice. L’ispirazione di partenza di questo excursus ancora in fieri, ovvero sperimentare le possibili traduzioni visive e materiche del codice genetico di un individuo, è sfociata nel 2021 nella mostra rs548049170_1_69869_TT (The Other Shapes of Me) a GALLLERIAPIÙ[1] e nel 2022 in L’altra forma delle cose (AAS47692 / Picea Abies)[2] a Casa Zegna. Nel primo caso si trattava di una traduzione tessile del suo stesso DNA, utilizzato come input per programmare una macchina tessitrice jacquard e un telaio elettronico, mentre nel secondo il codice sorgente che diventava ricamo artigianale, arazzo e stampa su tessuto era quello del Picea Abies, in omaggio al fondatore della casa di moda Ermenegildo Zegna che a inizio secolo nell’omonima Oasi aziendale mise a dimora migliaia di abeti rossi trasformando un territorio brullo in una rigogliosa foresta. La domanda di fondo su cui insiste questo complesso progetto è: cosa significa comprendere l’essere umano in quanto codice? Può la rispondenza di un analogo all’originale spingersi così a fondo nell’essenza di un essere vivente da diventare matrice per ricrearlo daccapo, ma con infinite sembianze diverse? Qual è il confine tra rappresentazione e riproduzione? È ancora determinante il discrimine tra realtà e finzione?

Emilio Vavarella

Emilio Vavarella, Re/presentation, 2023, exhibition view, GALLLERIAPIÙ, ph. Stefano Maniero, courtesy GALLLERIAPIÙ, Bologna

Nella mostra The Other Shapes of Me il codice genetico, inteso come destino ineluttabile in cui risiede l’unicità della persona, veniva interpretato con la metafora della tessitura in assonanza con il mito greco delle Moire, figlie della Notte, incaricate dagli dei di tessere il filo del fato di ogni uomo per poi svolgerlo e, infine, reciderlo decretandone la morte. A distanza di quattro anni l’artista torna a GALLLERIAPIÙ con Re/presentation, un’ulteriore trasformazione semantica dei presupposti del lavoro precedente e riparte sempre dalla trasposizione del proprio DNA in impulsi digitali, questa volta finalizzata a ottenere la sua visualizzazione sotto forma di sequenze di colori e pattern. Il risultato della rielaborazione tramite software dei dati genetici ricavati in un laboratorio specializzato dall’analisi di un campione di saliva è uno sterminato catalogo di possibilità di motivi astratti che, pur essendo esattamente identici nell’origine, assumono una parvenza differente a seconda delle dimensioni e delle forme dei pixel mediante i quali vengono trasformati in immagine. Il primo paradosso a cui dà adito quest’ipotesi di ritratto totale sta nel fatto che nel momento in cui si riesce a catturare nella sua interezza l’essenza genetica di una persona, questa non sia più visibile poiché la completezza in quanto dato nella rappresentazione diretta viene restituita come dispersione, come nulla inintelligibile ma allo stesso tempo predisposto per generare altri cloni di DNA, se si ipotizzasse di operare il processo a ritroso.

Emilio Vavarella, Re/presentation, 2023, exhibition view, GALLLERIAPIÙ, ph. Stefano Maniero, courtesy GALLLERIAPIÙ, Bologna

E ancora, ove abbiamo visto che la massima offerta implica una sottrazione altrettanto assoluta, anche la smaterializzazione più totale del soggetto arriva a coincidere con un’estensione potenzialmente illimitata della sua immagine, quando a essa si attribuiscono dimensioni misurabili, a livello sia micro e sia macro. Se tutto quello che nel DNA riporta all’unicità genetica di una persona viene tradotto in percettivamente, è davvero possibile un rapporto in scala 1:1 tra identità e rappresentazione pur negando quest’ultima in termini di verosimiglianza? Il diverso trattamento a cui vengono sottoposti i dati da parte di algoritmi diversi selezionati dall’artista assume qui il ruolo di una scelta di linguaggio espressivo, che evidenzia l’affinità di funzionamento tra il piano materiale, quello virtuale e quello logico, se li si pensa tutti come derivati da un codice che, in quanto tale, è sempre traducibile in ulteriori sistemi significanti. In questo vertiginoso incremento di traslazioni Emilio Vavarella continua a scandagliare la sua intuizione dell’esistenza di un’architettura di base delle cose spingendo ragionamenti e tecniche fino al limite del punto di rottura con esiti poetici e anche sottilmente ironici, come è costante nel suo modo di lavorare, ma senza mai perdere il controllo della molteplicità di effetti che ne conseguono.

Emilio Vavarella, Re/presentation, 2023, exhibition view (Veronica Veronesi gallery owner and Emilio Vavarella), GALLLERIAPIÙ, ph. Stefano Maniero, courtesy GALLLERIAPIÙ, Bologna

Il nuovo progetto in corso a GALLLERIAPIÙ è concepito come un laboratorio che, scandendo le tappe di questo inusuale processo di elaborazione dell’identità visiva, permette allo spettatore di addentrarsi nella fucina creativa dell’artista e di ripercorrere dall’interno il suo stringente e visionario discorso creativo. All’ingresso siamo accolti da un’anticamera “tecnica” in cui due pannelli esplicativi, un codice QR e una sequenza di geroglifici a pavimento (progettati da Gabriele Colia come tutti gli altri aspetti inerenti al design della mostra) orientano la visita e sintetizzano i sei passaggi di stato (Essere umani?; campionatura; DNA; codice; rappresentazione; ritratto) su cui si fonda la proposta di Vavarella. Nello stesso ambiente troviamo poi due stampe a sublimazione su alluminio della serie The Other shape of you (2021), i primi due ritratti con questa tecnica a lui commissionati da una coppia di collezionisti privati. Il criterio qui utilizzato per definire il pattern visivo è quello di stampare il massimo di colori per restituire nel minimo spazio possibile tutte le informazioni genetiche delle persone ritratte. La sfida è quella di comprimere al massimo le informazioni rispetto al medium, sperimentando quanto è possibile stringere il pixel senza che si rompa in fase di stampa, e coniugare quest’intenzione scientifica di risoluzione con l’imperscrutabilità sottesa alla nozione di ritratto. Agendo su questo doppio binario, scientifico e creativo, Vavarella manipola accostamenti cromatici e pattern per mettere in campo un’appassionata riflessione su uno dei generi artistici più frequentati della storia dell’arte, elaborando mediante l’assoluta piattezza delle campiture digitali il suo personale concetto di profondità.

Emilio Vavarella, Re/presentation, 2023, exhibition view, GALLLERIAPIÙ, ph. Stefano Maniero, courtesy GALLLERIAPIÙ, Bologna

Se i protagonisti della prima sala sono i due ritratti di collezionisti affiancati, che potremmo iperbolicamente considerare una rivisitazione con materiali e tecniche vicini alla sensibilità contemporanea di una delle icone del ritratto rinascimentale come il celebe dittico di Piero della Francesca conservato agli Uffizi raffigurante Federico da Montefeltro e sua moglie Battista Sforza, il secondo ambiente in cui si articola il percorso espositivo si configura come uno showroom aziendale allestito per accogliere i committenti del futuro. Qui la scansione del DNA dell’artista viene impiegata per ottenere un catalogo di possibili rielaborazioni applicabili a quello di qualsiasi altro individuo, che viene offerto in consultazione ai potenziali acquirenti come punto di partenza per progettare la propria personale effigie genetica, personalizzandola a seconda del gusto personale e anche del contesto a cui l’opera è destinata. A titolo dimostrativo, alla parete troviamo Genetic Self – Portrait (Fragments), 2023, una nuova tipologia di ritratto suddiviso in luminosi moduli di alluminio stampati in HD che, riproducendo una delle possibilità esibite nel catalogo, si colloca in posizione ambigua tra il campionario e l’edizione limitata. La collisione di queste suggestioni in un immaginario showroom, che in realtà è una galleria, sembra in ultima istanza voler estendere il controverso concetto di unicità veicolato dalle manipolazioni di Emilio Vavarella sulle rappresentazioni grafiche e materiche del DNA all’idea di produzione artistica contemporanea tout court, in un ulteriore sviluppo delle potenzialità di generazione semantica insite nel suo metodo.

[1] https://www.juliet-artmagazine.com/emilio-vavarella-rs548049170_1_69869_tt-the-other-shapes-of-me/

[2] https://www.juliet-artmagazine.com/emilio-vavarella-a-casa-zegna-laltra-forma-delle-cose/

Info:

Emilio Vavarella. Re/presentation
21/01/2023 – 18/03/2023
GALLLERIAPIÙ
Via del Porto 48 a/b, 40122 Bologna
www.galleriapiu.com


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