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Escher. I labirinti della mente a Palazzo Bonaparte (Roma)

Incongruenze prospettiche, paradossi ottici, iterazioni della medesima figura verso l’infinitamente piccolo, uccelli negativi di pesci, metamorfosi interspecifiche, illusioni e distorsioni del reale danno caleidoscopico sfoggio nelle eleganti sale espositive di Palazzo Bonaparte: sono il capzioso e geniale marchio grafico del maestro olandese Maurits Cornelis Escher, in mostra a Roma fino al 5 maggio 2024, in celebrazione del centenario dalla sua visita nella Capitale (1923). L’esposizione, firmata Arthemisia, offre un’approfondita e variegata retrospettiva dell’opera dell’artista, articolata in otto sezioni che, a partire dagli esordi influenzati dalla cifra stilistica Art Nouveau, indagano le modalità di riempimento dello spazio: dalle tassellature, debitrici del fascino delle decorazioni moresche dell’Alahambra di Granada, all’uso di frattali in espansione o contrazione (Limite del cerchio III, 1959), simmetrie, rotazioni, traslazioni, fino a vari approcci e tecniche di modificazione della struttura dello spazio stesso in chiave non euclidea.

Maurits Cornelis Escher, “Cavaliere”, 1946, xilografia, 239 x 449 mm, Collezione M.C. Escher Foundation, Paesi Bassi

Spiccano nelle sezioni anche chicche meno note, tra le quali si annoverano certamente le xilografie e litografie di vedute italiane, di cui si ricordano quelle di Piazza San Pietro e degli interni della Basilica (che Escher ottenne il permesso di ritrarre dal vero), così come la scena naturalistico-grottesca ritraente dei Sacerdoti mummificati a Gangi, Sicilia (1932). Inediti tanto quanto le pregevoli opere de I giorni della creazione, in cui la stilizzazione e contemporanea ricchezza di dettagli biologici (Creazione dei pesci e degli uccelli) o la coesistenza delle sinuosità pompose e ritmate delle onde con la radialità tagliente della pioggia (Separazione delle acque) offrono ottime opportunità di approfondimento dell’opera del Maestro, rispetto ai più noti capolavori, comunque ampiamente presenti in mostra.

Maurits Cornelis Escher, “Stelle”, 1948, xilografia di testa, 320 x 260 mm, Collezione M.C. Escher Foundation, Paesi Bassi

Primo tra tutti, Metamorfosi II (1939-40), evoluzione di una scacchiera in poligoni, che a loro volta prendono vita in lucertole stilizzate, progressivamente realistiche, poi semplificate in esagoni da alveari, sviluppati in una schematica e fluida congerie di trasmutazioni faunistiche, indi architettoniche (i tetti della città di Escher), fino a tornare all’incipit della scacchiera. Ciclicità che si ritrova nel continuum del Nastro di Möbius, ingannevole solido a due facce, in realtà unica superficie ritorta su sé stessa, su cui camminano all’infinito formiche ritratte da modelli appositamente costruiti o i personaggi azzurri su fondo rosso e viceversa del Cavaliere (1946).

Maurits Cornelis Escher, “Mano con sfera riflettente”, 1935, litografia, 318 x 213 mm, Collezione Rock J. Walker / Walker Fine Art, USA

E, ancora, la celeberrima Mano con sfera riflettente (1935), emblema antropocentrico specchiato – debitore dei riflessi convessi del Ritratto dei Coniugi Arnolfini, o della mano dell’Autoritratto del Parmigianino – così come Buccia (1955) e Vincolo d’unione (1956), sineddochi di volti basate sul principio percettivo della Legge della continuità, protagoniste di alcuni dei punti ludico/interattivi inclusi nel percorso espositivo, mirati, tramite l’utilizzo di telecamera, a rendere il pubblico protagonista di alcune delle opere in mostra.

Maurits Cornelis Escher, “Limite del cerchio III”, 1959, xilografia, diametro 415 mm, Collezione M.C. Escher Foundation, Paesi Bassi

Di indiscussa valenza politica è poi, certamente, la pluralità di punti di vista di Relatività (1953) che – come le arpie sul portico multidirezionato (ora verso il paesaggio lunare ora, contemporaneamente, verso lo Spazio) di Altro mondo (1947) o il cortocircuito (rap)presentativo di Mani che disegnano (1948) – stimola visioni differenti, facendo sì identificare lo spettatore negli uomini che camminano eretti, ma spronandolo anche a mettersi nei panni degli omini deambulanti su altri piani e portando lo sguardo a scivolare su una parete che, nel suo estendersi, diviene pavimento, tal quale una porta può essere voragine sul piano di terra. Un’oscillazione che è, in primis, grande esercizio mentale, come tipico nella fruizione delle opere di Escher, stimolazione empirica all’utilizzo del pensiero laterale e alla valutazione di prospettive altre: quasi una mimetizzazione critica col (s)oggetto di volta in volta preso in esame, che ci ricorda i prìncipi della mimesi per eccellenza, i camaleonti protagonisti di Stelle (1948), abbarbicati a una stella a dodici punte che spicca in un cosmo alchemico-geometrico-metafisico in monocromo.

Maurits Cornelis Escher, “Relatività”, 1953, litografia, 277×292 mm, Collezione M.C. Escher Foundation, Paesi Bassi

A corredare la mostra, oltre a una ricostruzione dello studio olandese di Baarn dell’artista, si trovano esposti anche i poster hippy, le psichedeliche copertine di vinili, gli abiti e gli accessori dell’ultima sezione, Eschermania, dedicata agli epigonismi pop del poliedrico genio escheriano.

Info:

Escher
31/10/2023 al 5/05/2024
Palazzo Bonaparte
Spazio Generali Valore Cultura
Piazza Venezia 5, Roma
https://www.mostrepalazzobonaparte.it/mostra-escher.php


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