La ricerca artistica di Eva Marisaldi (Bologna, 1966) è incentrata sull’esplorazione dei differenti processi creativi e cognitivi che scaturiscono dall’osservazione sghemba e inusuale di situazioni apparentemente banali. Avvalendosi di una vasta gamma di mezzi espressivi, come disegno, performance, installazione e video, l’artista indaga la dimensione privata di oggetti fisici e mentali che appartengono al quotidiano per svelarne i lati solitamente nascosti da una coltre di abitudini mentali sedimentate. L’obiettivo è suggerire nuove prospettive di approccio al reale proponendo originali alternative di senso in spiazzante equilibrio tra imprevedibilità e plausibilità razionale. Il visitatore, invitato a entrare “nello spazio e nel tempo dell’opera” da esili impressioni sonore, visive e ambientali, è parte di un processo aperto costellato di scarti logici e linguistici che conducono a una molteplicità di potenziali esiti significativi senza fissarsi in una risposta univoca. In linea con questi intenti la pratica dell’artista, più che configurarsi come un’azione programmata a un fine preciso, si muove sul terreno del dubbio, dell’allusione, del gesto imperfetto e quasi pudico che riesce a trovare un misterioso punto d’incontro tra moderne tecnologie e abilità manuali di stampo artigianale. Per questo motivo il suo lavoro, nonostante sia estremamente variegato dal punto di vista tematico e non inquadrabile in un unico genere artistico, è estremamente coerente nell’attenersi a uno specifico grado di intensità comunicativa che si assesta in un’affascinante sussurro emesso appena al di sotto delle normali percezioni sensoriali. Rifiutando il gesto eclatante e la dichiarazione assertiva, Marisaldi individua nella precarietà l’habitat ideale dei propri interventi sfuggenti, che trovano nell’insinuazione e nell’accenno una modalità di interazione molto più efficace della prevaricante determinazione che il mondo esterno sembra ostentare.
La mostra Surround, che la Galleria De’ Foscherari dedica all’artista nella sua città di residenza, è ampiamente esemplificativa dei tratti salienti della sua poetica e riunisce opere realizzate con media diversi che inseguono linee di pensiero parallele raccordate da un allestimento ambientale improntato su tre piani orizzontali. Il livello mediano, collocato a parete ad altezza di sguardo, è costituito da una successione di disegni accostati in modo da circondare il visitatore con una linea grafica continua che collega le tre sale espositive. La serie grafica principale è ispirata alle immagini del capolavoro giovanile di Roman Polański Il coltello nell’acqua, claustrofobica sceneggiatura imperniata sui rapporti di forza e attrazione in un trio di personaggi riuniti in una barca che veleggia nei laghi Masuri. Nel loro insieme i fogli individuano un orizzonte circolare che delimita lo sguardo impedendogli di spaziare oltre e imbastiscono una narrazione paratattica strutturata come uno storyboard. Se nel film in bianco e nero i due protagonisti maschili si affrontano con il pretesto di contendersi la donna e un coltello a serramanico, qui l’oggetto del desiderio sembra essere il blu oltremare delle onnipresenti acque in cui veleggia la barca e in cui si immergono le sagome appena tratteggiate dei personaggi. Anche l’ondulazione delle carte che supportano il disegno contribuisce a ricreare un pervasivo paesaggio acquatico, che finisce per spodestare gli umani dal centro dell’azione declassandoli a comparse. Trionfa invece un’impressione di condensazione spaziale (lo spazio interno dell’opera si dilata senza che i suoi confini possano espandersi) e di esotismo, che viene accentuato da altre carte che raffigurano uccelli dalle piume variopinte, unico altro elemento caratterizzato cromaticamente.
Il racconto principale si interseca a tratti con altre serie parallele di disegni che scorrono sopra e sotto l’orizzonte, la maggior parte dei quali illustrano la filiera produttiva della carta, dal taglio della legna al trasporto e imballaggio del prodotto finale, soffermandosi su mezzi sovraccarichi di oggetti ingombranti e scenografici accumuli di materiali inerti. Le due storie, a prima vista irrelate, trovano insospettabili intersezioni in certi elementi che spuntano quasi per caso nell’apparente ordinarietà delle situazioni ritratte, come macchie della stessa tonalità di blu su alcuni cartoni ripiegati a onda o un coltello tagliacarte ambiguamente simile a quello che nel film scatena il dramma finale che infrange il precario equilibrio dei personaggi. La seconda serie grafica, inoltre, ha la funzione di collegare la linea-orizzonte dei disegni al livello inferiore, anticipando la presenza e l’essenza delle sculture-oggetto collocate a terra. Sin dagli esordi Eva Marisaldi è affascinata dal potenziale espressivo delle scatole di imballaggio delle merci e da sempre questi materiali di recupero poveri e antiestetici compaiono tra i capisaldi del suo vocabolario artistico. Gli Spostati, scatole di cartone modificate con cartapesta, fissano in scultura la transitorietà di un materiale di per sé effimero e destinato allo smaltimento in forme che coniugano rotondità organiche e geometriche modularità. Se da un lato queste vestigia di oggetti disseminate sul pavimento potrebbero ricordare il design minimale di certi arredi funzionali, l’insistente filtrare di suoni flebili ma reiterati dalle loro cavità interne rivela la loro più complessa natura di entità senzienti protese verso il mondo esterno. Ibridi volutamente imperfetti che non raggiungeranno mai una definizione compiuta, si avvalgono di tecnologie software e meccaniche per protrarre all’infinito il loro primario balbettio esistenziale.
L’impercettibile vitalità sotterranea degli Spostati fa da contrappunto al movimento elicoidale della scultura aerea che conclude idealmente la mostra: la struttura, ispirata a un modello scientifico utilizzato in ambito accademico per spiegare il propagarsi dell’energia, attraversa il soffitto della galleria come un’onda instancabile che rimbalza nello spazio per ripartire nuovamente da se stessa. L’interazione di tutti questi livelli visivi e concettuali è orchestrata dall’artista con la peculiare logica sincopata ed emotiva che la contraddistingue e che le permette di individuare inspiegabili fili conduttori nelle trame di un mondo caotico a rischio di afasia. Il suo sguardo sensibile riesce a potenziare insignificanti frammenti di realtà alla deriva per trasformarli in attimi di commovente bellezza che dischiudono preziose associazioni ermetiche e delicate fantasie dal sapore quasi fiabesco raccordandole in un unico disegno che richiede di essere completato dall’empatia dello spettatore.
Info:
Eva Marisaldi. Surround
14 ottobre – 31 dicembre 2017
Galleria De’ Foscherari
Via Castiglione 2 Bologna
Eva Marisaldi, Surround, installation view, courtesy Galleria de’ Foscherari
Eva Marisaldi, Surround, installation view, courtesy Galleria de’ Foscherari
Eva Marisaldi, Surround, installation view, courtesy Galleria de’ Foscherari
Eva Marisaldi, Surround, installation view, courtesy Galleria de’ Foscherari
Eva Marisaldi, Surround, installation view, courtesy Galleria de’ Foscherari
Eva Marisaldi, Surround, installation view, courtesy Galleria de’ Foscherari
Laureata in storia dell’arte al DAMS di Bologna, città dove ha continuato a vivere e lavorare, si specializza a Siena con Enrico Crispolti. Curiosa e attenta al divenire della contemporaneità, crede nel potere dell’arte di rendere più interessante la vita e ama esplorarne le ultime tendenze attraverso il dialogo con artisti, curatori e galleristi. Considera la scrittura una forma di ragionamento e analisi che ricostruisce il collegamento tra il percorso creativo dell’artista e il contesto che lo circonda.
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