Ritornano gli appuntamenti di SRISA Gallery of Contemporary Art a Firenze, che negli ultimi anni si è contraddistinta per un fitto calendario di mostre monografiche e collettive capaci di dare la temperatura della ricerca in città, con qualche valido sguardo al panorama italiano. La galleria, parte della Santa Reparata International School of Art, è un luogo prezioso perché capace di unire diversi contesti e attitudini offrendosi anche alla comunità grazie alla grande vetrata che fa dialogare la sala espositiva con l’esterno.
Uno spazio attraversabile o solo guardato, denso ma anche apparentemente lineare come l’intervento installativo di Eva Sauer, nuovo atto di un lungo e scomodo lavoro che la occupa da anni e che si insinua tra le maglie del rapporto tra stato e cittadini, verità e comunicazione. Le opere fotografiche, scultoree ed editoriali raccolte sotto il titolo The lizard’s tail (stay behind) lasciano trasparire la capacità dell’artista di organizzare il suo racconto, tra omissioni e rappresentazioni, attraverso diversi media che mettono costantemente lo spettatore in allerta. Una ragnatela di indizi apparentemente inconciliabili che ricostruiscono una scena frammentata, un abisso dai contorni inafferrabili. Il libro The State of Things (2023) mette in chiaro il contesto in cui ci stiamo muovendo, sia rispetto all’internazionalità della scuola, sia al tema che unisce le diverse opere. L’edizione in lingua italiana e inglese raccoglie alcune definizioni del termine “stato” riportate da diverse fonti, quali l’Enciclopedia Treccani, il Dizionario di Economia e Finanza, Wikipedia, The New Universal Dictionary (1969) e Britannica. Tutte, seppur con oscillazioni di contenuto, indicano quest’ultimo come l’insieme di leggi che definiscono il convivere di una comunità. In questa unità si differenzia la spiegazione proposta dalla Princeton University, una delle più celebri università della Ivy League americana, che in modo sibillino riporta il fondamentale ruolo degli enti sovranazionali (dalla Nato all’Unesco) in campo internazionale. Una concezione particolarmente aderente all’attualità odierna, che trova un suo corrispettivo nella famosa citazione di Francesco Cossiga «come ad alcuni piacciono i fiori, a me piacciono le spie», riportata in calce all’opuscolo, che rivela tutta la sua passione per le spie.
Lavora invece sul piano architettonico-sculturale Filtraggio Spaziale (Acoustic Mirrors), 2023, che delimita lo spazio, lo conforma e lo modifica, obbligando il pubblico ad attraversarlo. L’installazione, ispirata alle forme dei dispositivi passivi utilizzati per riflettere e focalizzare le onde sonore costruiti tra le due guerre mondiali a fronte dell’invenzione del radar, sottintendono un continuo sistema di sorveglianza e segnalazione occulto che ci circonda. L’inquietudine per la discrasia tra apparenza e realtà è messa in scena in modo esemplare dalle tre fotografie incassate in box di plexiglas fluo che illuminano di una luce spettrale i diversi soggetti rappresentati. Aperte ai lati, queste scatole verdi lasciano vedere la vera natura di ciò che conservano solo in alcune condizioni, in un parallelo con l’azione spesso mistificante dei mezzi di comunicazione. Anche gli scatti, che rappresentano un uomo, un lago montano e una pietra di silice, rivelano solo a fronte di uno sforzo di ricerca la connessione con le storie della giornalista Ilaria Alpi e di alcuni dei suoi informatori sull’inchiesta su traffici di armi e scorie radioattive che ne ha causato la morte. Sorte condivisa con le due gole profonde, Vincenzo Li Causi e Marco Mandolini, entrambi militari impegnati nei servizi segreti e parte della struttura di Stay-behind, un’organizzazione clandestina paramilitare promossa dalla NATO per contrastare un’eventuale invasione sovietica dell’Europa occidentale, in particolare del raggruppamento italiano conosciuto come Gladio. Rimane l’ombra delle loro vicissitudini solo nel titolo dell’installazione (Balad, 12.11.1993 | Mogadishu, 20.03.1994 | Livorno, 13.5.1995) che, in modo cinematografico, raccoglie il luogo e la data dei loro tragici decessi.
Senza volontà giornalistiche, né antropologiche Sauer disvela meccanismi politici, grazie a un sapiente uso dello spazio e del valore dell’immagine. Ci regala inoltre un’attitudine di attenzione ai dettagli che dovrebbe essere di ognuno di noi come parte integrante dello stato. Un’opposizione a quella volontà dei suoi apparati di invitarci a “rimanere indietro” che vengono messi in campo attraverso una costante capacità di coercizione, resistenza e trasformazione: come la lucertola in pericolo è capace di separarsi dalla coda, conscia che successivamente ricrescerà, così il sistema elimina chi, dapprima alleato, ha mostrato intenzione di rivelarne i segreti più intimi (The lizard’s tail).
Serena Trinchero
Info:
Eva Sauer. The lizard’s tail (stay behind)
10/10/2023 – 10/11/2023
SRISA Gallery of Contemporary Art – Santa Reparata International School of Art
Via San Gallo 53/R, 50129 Firenze
https://srisa.org/srisa-gallery-spaces/
Serena Trinchero è cultrice della materia e docente di storia dell’arte contemporanea presso IPH – International Programme in Humanities dell’Univerisità degli Studi di Pisa. Alla ricerca scientifica affianca la realizzazione di progetti curatoriali, didattici e di residenza tra arte performativa e visiva collaborando con diverse istituzioni a livello nazionale.
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