Data / Ora
Date(s) - 29/07/2022 - 29/09/2022
10:00 am - 6:00 pm
Luogo
Acquario Romano
Categorie
AcquAria – Featuring the sculture habitat
Mostra collettiva di scultura
Acquario Romano, Piazza Manfredo Fanti 47
Dal 29 luglio al 29 settembre, ore 10 – 18
Ingresso gratuito
E coloro che furono visti danzare
vennero considerati pazzi
da quanti non potevano
sentire la musica.
Nietzsche
AcquAria – Featuring the sculture habitat (29.07 – 29.09) è una mostra collettiva di scultura a cura di Andrea Guastella e dello Studio di scultura M’Arte ed esposta all’Acquario Romano – Casa dell’Architettura, nella galleria del primo anello. Saranno esposte le opere di Alessandro di Cola, Alessia Forconi, Antonio Tropiano, Cristian Vigliarolo, Cristina Giorgi, Davide Dormino, Ferruccio Maierna, Filippo Tincolini, Fulvio Merolli, Hiroyuki Asakawa, Isabella Noseda, Laure Boulay, Mattia Savini, Reinhard Pfingst, Stefano Sabetta.
Dal Novecento a oggi, non vi è stato artista – pittore, scultore o architetto – che non si sia interrogato sul rapporto tra la propria disciplina e l’idea di spazio. Magari declinata, come nell’arte di Picasso, in relazione con il tempo.
Cambia, in una parola, l’approccio all’opera, che cessa di essere oggetto da fruire solo per sé stesso, e guarda al contesto. A differenza di quanto accadeva nell’antica Grecia, dove – lo scrive Heidegger in Corpo e spazio (1967) – “le opere architettoniche e scultoree dei grandi maestri parlavano da sé. Parlavano, ossia indicavano il luogo a cui l’uomo appartiene”, non ha più una dimensione omogenea e misurabile.
Oggi è piuttosto l’artista che, interagendo con uno spazio sempre nuovo, “dispone dello spazio, […] orienta in esso sé e le cose e così custodisce e protegge lo spazio come tale”.
Ma cosa significa “disporre” dello spazio in un’epoca in cui il reale e il virtuale si confondono, con una tendenziale prevalenza del secondo? Cosa significa “custodirlo” e “proteggerlo” quando l’architettura dei musei è vuota, la scultura non si vede e gli occhi si aprono esclusivamente sulle fogge, ripetute all’infinito, del nostro quotidiano?
In questo orizzonte, desolante, di spazio pubblico abolito, quattordici scultori contemporanei hanno accolto l’invito dello Studio M’arte di presentare un proprio lavoro presso l’Aquario Romano: edificio nato a fine Ottocento come acquario, ma usato ben presto come cinema, teatro e deposito per il Teatro dell’Opera, sino al recupero, completato ai primi del Duemila, e alla sua trasformazione in Casa dell’architettura.
Al secondo piano di questa “casa” fitta di memorie, le loro opere occupano un anello completo, simmetrico e speculare, che dialoga attraverso una loggia col grande vano centrale.
La struttura, a pianta ellittica, ricorda da vicino monumenti romani quali il Pantheon, dove lo spazio è inventato dalla luce; edifici che si pongono come spazi assoluti; e cos’altro è un acquario se non un minuscolo ecosistema artificiale, autonomo e autoreferenziale?
Certo in una vasca i pesci si muovono e noi restiamo fermi. Qui le creazioni degli artisti rimangono statiche, ma in un percorso ciclico percorribile in più sensi.
E se davvero le sculture presentate in questa mostra sono pesci in un acquario, non ci resta che attendere, fissare lungamente, come quando si contemplano le onde sulla spiaggia o le fiamme nel camino.
L’arte non si commenta, si rivive.
Descrizione delle opere
Ciascuna opera in mostra, come ogni pesce, ogni roccia, ogni pianta dell’acquario, è portatrice di una propria storia: di un’eredità che, in Quel che resta di Davide Dormino, è affidata a una pagina bianca, a un foglio accartocciato. Ciò che è fragile, delicato diventa metafora di ciò che è fatto per durare: se guardiamo alla scultura da una certa angolazione, sembra quasi di scorgere una Piramide; l’unico edificio umano, con la Muraglia cinese, che sia possibile avvistare dallo spazio. La scultura può dunque convertire il fuggevole in eterno, ma a patto di interrogarsi sulla densità della materia e sullo scorrere del tempo, rovesciando la leggerezza nel suo esatto contrario. Quale folata di vento riuscirà a sollevare il marmo di Dormino?
In direzione opposta si orienta l’Appendihabitat di Antonio Tropiano: anziché rendere monumentale il quotidiano, l’autore immagina un mondo in cui le api impiantino le proprie celle nelle nostre abitazioni. Un mondo non per forza apocalittico: le celle esagonali, in cui ogni ape si limita a costruire la sola parete mancante rispetto alle cinque in comune, sono emblema di condivisione. Quella, per intenderci, che abbiamo sperimentato in piena pandemia, quando praticavamo la solidarietà senza ritorno o cantavamo tutti insieme dai balconi, ma che, a pericolo scampato, o meglio a tensione indefinitamente prolungata, abbiamo abbandonato: per appenderla al gancio, come un abito in disuso.
Il cuore, come nella scultura Ab imo pectore di Alessandro di Cola e Isabella Noseda, si è contratto, è diventato un osso. Ma guai a interpretare il cambiamento – e ciò vale per tutte le opere in mostra – in senso preordinato. L’Osso di cuore non batte più in petto, non pulsa sangue irrorando le vene e donando la vita; ciò non toglie che, esposto come un feticcio, esso inviti a raccogliersi, ad elevarsi, riconoscendo nella bellezza l’unica resurrezione possibile, la sola salvezza auspicata.
Viene insomma a stabilirsi, tra l’opera e il suo destinatario, un flusso di idee e sentimenti che esalta e trasfigura gli elementi del rapporto. È quanto avviene in The star gate di Hiroyuki Asakawa, dove la “porta del cielo” è la bocca di un avatar, di una betoniera, di un telescopio, di un occhio rovesciato. “Vedere il mondo in un granello di sabbia e il cielo in un fiore selvatico, tenere l’infinito nel palmo della mano e l’eternità in un’ora” (W. Blake): quale altro potrebbe essere, fatta la tara del lirismo – il lavoro di Asakawa ha forse un che di ironico – il fine dell’autore?
Di sicuro è questa l’aspirazione di Stefano Sabetta, nelle cui forme organiche si legge, come egli stesso afferma, un solo scopo: fermare il tempo, cogliere l’attimo che fugge come un fiore da terra. Il suo Elysium, una sorta di pianta marina agitata dai flutti, cristallizza nel marmo “l’effimero della bellezza e la bellezza dell’effimero”. E cos’altro è l’arte se non, lo predicava Adorno, “magia liberata dall’obbligo di essere verità”?
Neppure il Fiore immaginario di Mattia Savini, sebbene sia possibile individuare somiglianze con questa o quella pianta, è uguale a nessun altro. E tuttavia, dato un numero infinito di mondi possibili, in uno dovrà essere reale. E se un fiore di marmo e ottone che sboccia in un numero infinito di mondi possibili è reale in uno di essi, dovrà esserlo per forza in tutti gli altri.
Il senso dell’arte non risiede, come sa bene Reinhard Pfingst, il cui Eolo è, più che una statua, un accordo musicale, in un dettaglio fisico, ma in “un’armonia superiore dell’Universo, che non può essere spiegata ma evocata e contemplata”. In questo senso “l’arte arriva all’occhio come la musica all’orecchio”.
Arriva, come nell’opera di Ferruccio Maierna A fior di pelle, assemblando materiali d’uso quotidiano – fusti riciclati di olio da frittura – che rappresentano, secondo l’autore, “tutti gli eventi ed esperienze, sia positivi sia negativi, con i quali ci siamo confrontati durante la nostra esistenza e che lasciano dei segni nella nostra parte conscia e inconscia”, o piuttosto, come in The seed of energy di Cristian Vigliarolo, attraverso una frattura che dischiude il seme dell’origine – una palla di cannone – ovvero il mistero non ancora svelato: il colpo che ha prodotto la rottura.Come il senso di una poesia non riposa nella lettera ma nel ritmo, nel respiro, nel silenzio tra le parole, anche quello di una scultura va cercato tra le sabbie mobili del sogno.
Da un sogno di Cristina Giorgi è nato, appunto, il corpo dimezzato di un adolescente, che urina un denso liquido dorato. Nella scultura manierista, ad esempio nella Saliera di Cellini, le figure umane sono d’oro. In Oro della Giorgi il metallo prezioso è invece una forza che viene dall’interno. “Oro”, spiega l’artista, “è un nuovo inizio, un salvatore, in questo caso non divino ma umano”.
Un salvatore necessario se persino il pinguino di Filippo Tincolini ha bisogno di un gonfiabile – Inflatable è il titolo dell’opera – per scampare alle conseguenze del clima cambiato. Nella partita doppia che lo lega alla natura, l’uomo di oggi ha accumulato un passivo sconcertante. E non è che nei rapporti coi suoi simili la situazione sia migliore. Come tenere un atteggiamento distaccato nei confronti di qualcuno che ci sta per assalire?
L’indifferenza non è contemplata. Perciò le mani femminili di Laure Boulay gridano il Basta! di tutte le donne contro chi le disprezza, le picchia, le violenta, rompendo il muro di ipocrisia e ignoranza, sovente mascherato dalla fede, che le rende schiave.
Per la tradizione giudaica, Lilith, la prima moglie di Adamo, era stata così in contrasto col marito da abbandonare il Paradiso: era divenuta un demone. Ma Lilith, col suo coraggio e la sua energia indomabile, è il modello universale della donna emancipata. Lo è a tal punto che, nella sua Lilith, Alessia Forconi ha scelto di immortalarla con fattezze berniniane, quasi fosse una Teresa rediviva.
Come Bernini nel volto della Forconi, la Nike di Samotracia si reincarna in Jet Back di Fulvio Merolli: la sua creatura alata non è però una donna ma un uomo, e il suo corpo, anziché mostrare a vista le ferite del tempo, sembra formarsi gradualmente – anche la testa e le braccia potrebbero spuntare – dal liquido elemento.
Andrea Guastella
Curatore della mostra AcquAria – Featuring the sculture habitat
Bio degli artisti e delle artiste
Alessandro di Cola – La sua ricerca si concentra prevalentemente sull’espressione “dell’anima” che reagisce a vissuti, a sensazioni provate e completate attraverso la loro stessa realizzazione. Ricerca e diventa testimone della deformazione e della modulazione delle superfici e dei volumi, così come delle inversioni grafiche di colorazioni anodiche, simile ad uno sviluppo fotografico, attraverso l’utilizzo e l’unione di agenti naturali come il fuoco e l’acqua che insistono sulle superfici, cambiando e alterandone lo stato fisico. Un concetto ed una ricerca sull’azione “generatrice” che hanno i fenomeni naturali sulla materia. Dalla scultura alla scenografia ha di recente allargato la sua ricerca anche al mondo della moda e del design.
Alessia Forconi – Nel 1995 s’iscrive al corso di scultura dell’Accademia di Belle Arti di Roma. Nel mondo dell’arte romana frequenta gli atelier di diversi scultori, e, affascinata dal marmo e stimolata ad un contatto più diretto con la materia, decide di ultimare i suoi studi accademici a Carrara presso la cattedra del prof. P.G. Balocchi, dove trova un ambiente lavorativo vivace e fertile. Svolge la pratica anche nei laboratori della città: lo “studio Nicoli” e la “Statuaria Marmi”. Nell’ottobre 2001 si laurea presso l’Accademia di Carrara con la votazione di 110 e lode. Attualmente insegna modellato all’Accademia di Belle Arti di Sanremo “Isadora Duncan”. L’esperienza espositiva va avanti dal 1996, parallelamente agli studi e al lavoro d’insegnante.
Antonio Tropiano – Compie i suoi studi tra Bologna e Firenze, dove prosegue le sue ricerche nel campo della filologia medievale e rinascimentale. Collabora con una nota casa editrice come saggista nel campo della storia dell’arte e delle lettere umanistiche. Fin da ragazzo mostra una certa predilezione per la creazione plastica e per la naturale versatilità del legno, che proprio nella scultura sembrano trovare il giusto grado di conciliazione. Ha avviato da tempo un’accorta attività espositiva, partecipando a numerose collettive e tenendo mostre personali con installazioni site-specific in diverse sedi italiane, come il Castello Estense di Ferrara, Spazio Mondadori a Venezia e il Milano Art Galley Pavilion. Nel 2015 partecipa alla Pro Biennale di Venezia su invito di Vittorio Sgarbi. Collabora, inoltre, con diverse gallerie d’arte contemporanea.
Cristina Giorgi – artista italiana le cui opere sono spesso dedicate alle donne e colgono le diverse sfaccettature e la complessità dell’universo femminile. Diplomata all’Accademia di Belle Arti di Roma, è pittrice, scultrice e fotografa. Nel 2019 partecipa al progetto Star/Mondadori di Angelo Crespi. Nel 2020 partecipa alla rassegna di eventi artistici di Sant’Oreste a cura di Ilaria Paccini. Nello stesso anno partecipa con l’opera “Silentium” al progetto online delle Scuderie Aldobrandini di Frascati.
Cristian Vigliarolo – È nato nel 1974, a Roma. Si diploma al Liceo Artistico “V Liceo Artistico” di Roma nel 1994. Inizia lo studio delle tecniche della pietra presso lo studio di scultura di Roma 1996-2000. Nel 2002 a Frascati fonda un Atelier di scultura con altri 2 scultori, con i quali collabora a tutt’oggi. Nel 2003 ha partecipato alla creazione di un’Associazione Culturale dell’arte, con intenti di divulgare nel territorio. Nel 2003 Il Comune di Frascati ha selezionato il suo atelier per la realizzazione di una scultura monumentale per un parco pubblico, realizzata nel 2004. Dal 2003 al 2010 partecipa a diversi simposi internazionali di scultura. Dal 2010 a tutt’oggi lavora tra Ciampino e Zagarolo dove collabora con lo studio M’arte.
Davide Dormino – La sua ricerca si esprime principalmente attraverso la scultura e il disegno. Cerca nuove forme attraverso una ricerca continua sulle possibilità liriche e plastiche di materiali come il marmo, il bronzo e il ferro. Nei suoi lavori di arte pubblica troviamo una ricerca di monumentalità (Poltergeist, 2019) e di presa di possesso dello spazio (Naviganti_Monumento all’immaginazione, 2017); in ogni suo lavoro, inoltre, compare una ricerca di senso attraverso il riferimento a tematiche imprescindibili per l’Uomo (Atlante, 2019). Ha realizzato opere ambientali permanenti in Italia e all’estero, “Breath” (2011) ad Haiti realizzato ad un anno dalla catastrofe del terremoto, per incarico delle Nazione Unite che è istallata permanente nel North Lawn of the United Nations a New York. Lavora a Roma ed insegna Scultura e Disegno alla R.U.F.A. Rome University of Fine Arts.
Ferruccio Maierna – nato ad Amsterdam nel 1969, ha vissuto in Belgio fino al 1997 e poi si è trasferito in Italia dove vive e lavora. Dal 1987 al 1996 ha frequentato l’Ecole des Arts d’Ixelles (Bruxelles) e l’Academie Beeldende Kunsten Anderlecht (Bruxelles), dove ha appreso varie tecniche di lavorazione della lamiera. Ha partecipato a numerose mostre collettive e mostre personali sia in Italia che all’estero (Belgio, Olanda, Lussemburgo, Spagna, Polonia ) e ha vinto numerosi premi e riconoscimenti. L’ultimo nel 2017: The Lewton- Brain – Foldform Competition (USA).
Filippo Tincolini – Completa gli studi all’Accademia di Belle Arti di Carrara dove si è diplomato nel 2001 in scultura. Terminati gli studi accademici organizza il SIEMA (Simposio Internazionale di Majorca, tra le bellezze delle Isole Baleari) e, l’anno successivo, il SINSP (Simposio Internazionale di Scultura) a Menorca realizzando, con altri artisti, un parco di sculture monumentali nella riserva di biosfera dell’isola. Nel 2004 fonda il Laboratorio d’Arte Contemporanea‚ TorArt, spazio moderno e innovativo, aperto al design e al restauro e all’uso delle più moderne e sofisticate attrezzature per la lavorazione di marmo, pietre e materiali duri di diversa natura.
Fulvio Merolli – segue un rigoroso percorso di studi artistici dal liceo fino all’Accademia di Belle Arti, prima quella romana e poi quella di Carrara. Dopo la laurea gli viene affidata la Cattedra di Anatomia Artistica dell’Accademia di San Remo che lascia dopo 2 anni a favore di un lavoro formativo professionale presso gli studi più prestigiosi di Carrara della lavorazione artistica del marmo, collaborando allo sviluppo tecnico e produttivo delle opere di alcuni artisti di riferimento dell’arte contemporanea. Nei primissimi anni 2000 fonda insieme ad altri 2 artisti lo studio conosciuto come M’arte scultura, nei pressi di Roma. Firma opere in importanti spazi pubblici e privati sia storici che di nuova concezione e costruzione.
Hiroyuki Arakawa – nato nel 1951 ed è stato ampiamente ispirato in modo creativo dagli anni ’70. La sfera artistica degli anni ’70 era caratterizzata dal desiderio di evolversi e rafforzarsi, in risposta ai tanti conflitti del decennio precedente. Uno dei movimenti più centrali degli anni ’70 è stato il Concettualismo, che è apparso come una propaggine del minimalismo, mentre il viaggio sperimentale e creativo dell’arte di processo si è concretizzato combinando caratteristiche essenziali del concettualismo con ulteriori considerazioni sull’arte stessa. Attualmente vive e lavora tra l’Italia e il Giappone.
Isabella Noseda – Regista, Art Director, Performer (Como, 1986). Usa la poesia fisica (performance, danza contemporanea, intellectualesque), le immagini, (autoritratti fotografici, visual dreams, fashion film, videoarte, videoclip), le parole (sceneggiature, racconti), le forme (costumi di scena, accessori, scenografie, oggetti di design) per raccontare storie. Vive la sua ricerca come una vocazione, mettendosi al servizio di qualcosa che viene da un altro mondo e deve essere detto.
Laure Boulay – inizia a lavorare la creta a Roma, nel 2005, da autodidatta. Precedentemente aveva una carriera da giornalista.
Mattia Savini – nato a Siena 1982. Nel 2007 si diploma all’Accademia di belle arti di Carrara. Dal 2007 al 2019 fa parte della coppia di artisti Affiliati Peducci Savini. Dal 2019 vive e lavora a Siena come singolo artista.
Reinhard Pfingst – Cresce ad Amburgo e compie diversi viaggi, visitando il Giappone, gli Stati Uniti, il Brasile e l’Italia. Terminato il liceo, nel 1984 si trasferisce a Roma, dove s’iscrive alla Facoltà di Architettura. Dal 1996 ha partecipato con regolarità a mostre ed esposizioni personali e collettive a Roma e in diverse altre città d’Italia e, occasionalmente, anche in Germania e Austria, realizzando in prevalenza lavori astratti. Nel 2005 ha iniziato la collaborazione con l’allora giovane studio di scultura M’Arte. Negli anni più recenti, e accanto al lavoro di scultore, ha cominciato a coltivare maggiormente il suo interesse per la scrittura, pubblicando nel 2015 con Aracne Editrice il primo racconto dal titolo “Le annotazioni di Lang”.
Stefano Sabetta – Nato a Roma, ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Roma nel 1997 specializzandosi in design scultoreo. Nel 1998 si trasferisce all’Accademia di Belle Arti di Carrara, acquisendo esperienza nella lavorazione e nella tecnologia del marmo e frequentando i più importanti laboratori dei maestri. Nel 2001 si diploma all’Accademia di Belle Arti di Carrara. Il suo percorso artistico è ricco di diverse attività: mostre, eventi e realizzazione di opere monumentali pubbliche e private in marmo, granito, travertino, ferro e bronzo in Italia e all’estero. Le sue sculture s’ispirano alle forme della natura, sublimando la poesia della creazione in materiale marmoreo con particolare attenzione alla tradizione formale dell’arte classica italiana. Le sue opere sono presenti in più di 20 paesi in tutto il mondo.
AcquAria – Featuring the sculture habitat
Organizzazione: Acquario Romano S.r.l.
Direzione artistica: Studio di scultura M’arte
comunicazione@acquarioromano.it
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