Data / Ora
Date(s) - 19/11/2022
5:00 pm - 8:00 pm
Luogo
ranarossa 3.0
Categorie
La prossima esposizione della ranarossa 3.0 vede protagonista proprio la sua fondatrice, l’artista Ersilia Sarrecchia con una personale che prende il titolo da una serie di lavori realizzati a partire dal primo lockdown.
In CONFIDENZE, lo sguardo è rivolto al rapporto con l’altro, l’amore e la quotidianità indagati attraverso immagini di corpi che si sovrappongono, si cercano, si sfiorano. Riconosciamo la presenza della natura attraverso pennellate e sagome che alludono a vegetazioni seppure foglie e piante sono alle volte ben delineate cosi come lo sono le figure animali.
Il giardino in una stanza è il primo dipinto di questo nuovo ciclo di opere, l’unico dove la figurazione è più dettagliata, un autoritratto di grande formato, che vuole essere una rappresentazione di quel particolare stato d’animo, quel turbamento che probabilmente ha scosso ciascuno di noi, timore, ma anche nostalgia per la nostra vita precedente, mancanza di libertà ma anche del rapporto con la natura, e costretta tra le mura domestiche scorgiamo l’artista, seduta sul pavimento circondata da vasi e piante quasi a voler ricreare un giardino e, anche se color magenta e di plastica, troviamo anche una rana. A Questo dipinto fa da contraltare Il Sole in una Stanza, decisamente meno descrittivo, dove l’astrazione è evidente nelle pennellate dai toni gialli che fanno da sfondo alle figure gestite per lo più graficamente. E la voglia di tornare a sentire il calore del sole sulla pelle si palesa nella donna adagiata sul pavimento in una stanza inondata di luce. Si sovrappongono e intersecano al corpo nudo di lei le immagini di un uomo e di una coppia. Non sappiamo se stiamo assistendo ad un incontro amoroso o alla proiezione di ricordi, sogni, desideri o intenzioni, non sappiamo neppure se la donna è sola nella stanza, le uniche certezze sono le nudità tracciate da segni decisi e la luce. Emblematica l’opera Domatori di Animi Inquieti dove un leone campeggia al centro tra due figure, quella femminile si sdoppia così da rivolgere lo sguardo sia alla figura maschile che allo spettatore. Il leone in numerose culture è simbolo di forza, fierezza e coraggio ma rappresenta anche il selvaggio e simboleggia gli istinti non domati. L’amore, il contatto con l’altro, una carezza, possono placare le inquietudini, spegnere la rabbia, consolare e indurre a sagge riflessioni.
Ersilia Sarrecchia dunque, orienta prevalentemente la sua ricerca al mondo femminile e quello della natura in un dialogo serrato tra figurazione ed astrazione, i soggetti di matrice realistica sono inseriti in sfondi astratti e talvolta sopraffatti da pennellate libere e da cromie innaturali. I corpi sono quasi sempre nudi, poiché non vogliono appartenere ad uno spazio temporale a cui gli abiti indossati potrebbero far riferimento. E se da sempre nel lavoro dell’artista è presente l’uso della materia, le opere recenti vedono un ritorno al segno che dialoga con una pittura lirica, animata da macchie e sgocciolature.
Confidenze affidate a segni e colori, a tele e carte, custodi di pensieri si palesano e diventano voce, racconto.
Possiamo scorgere in queste opere una certa familiarità, può tornarci alla mente il ricordo di un gesto, un profumo, un sogno, ed ecco quindi che la rivelazione dei segreti, dei racconti intimi sussurrati in modo confidenziale dall’artista divengono i nostri. L’importanza del rapporto con l’altro e con la natura, il peso del passato e quello del futuro, costituiscono il percorso di questa mostra e di un’anima che trova sollievo nel processo creativo.
Opere nelle quali siamo invitati a entrare e sostare, opere che ci avvolgono e appartengono dove non mancano tra l’altro riferimenti a tematiche classiche come in Eden o in Venere.
In mostra anche una selezione della serie Carte Selvatiche, disegni realizzati su carte pregiate di alto spessore, nascono come appunti di lavoro, schizzi e idee, si trasformano presto in opere compiute. Il segno deciso, incisivo, si mescola, si sovrappone, scava e si alterna al colore, talvolta alla materia che lo spessore della carta riesce a trattenere. “Selvatiche” come i soggetti che ospitano: animali indomiti, liberi e selvaggi, nudi femminili, stralci di corpi e segni che riconducono ad anatomie che generano.
Sul lavoro di Ersilia scrive Francesca Baboni, curatrice e critica d’arte:
Animalità e femminilità che ritraggono l’essenza dell’essere vivente, come immagini archetipiche di una vita selvaggia ritrovata. Il tema del legame amoroso è in particolar modo legato ad una femminilità estrinseca, in cui un segno espressionista ma oltremodo armonico, gestuale e materico, va a delineare corpi che si mostrano nella loro più cruda nudità lasciando però trasparire un sentore di ambiguità.
L’intimità del corpo non è mai sfacciatamente esibita ma diviene veicolo di un’interiorità che si esplica attraverso il gesto. Protagoniste di una visione fiabesca e onirica, che si lascia alle spalle ogni bruttura dell’umanità, le sue creature animali lasciano spazio a sensazioni di tranquillità e pacatezza, come se avessero addomesticato la loro natura ferina, sebbene non manchino note di selvaggia violenza, nei colori crudi e pastosi. Come rimembranze che affiorano da un’età infantile, brani di ricordi di una edulcorata convivenza uomo-natura, i soggetti del suo particolare bestiario, cervi, lupi, leoni non sono mai ritratti in atteggiamento di attacco o di difesa, ma sempre in atteggiamento quasi umano e benevolo, mentre si rivolgono allo spettatore in attesa di una possibile rinascita.
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