Data / Ora
Date(s) - 16/11/2023
6:00 pm - 8:00 pm
Luogo
Spazio b5 Studio Store
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Una serie di quaranta collage costituisce l’articolato corpus di inediti che Silla Guerrini (Ferrara, 1967) presenta nelle sale della galleria Spazio B5.
Le opere sono state tutte create durante il periodo di reclusione dovuto all’emergenza sanitaria e questo aspetto ne determina sia l’ambito linguistico che quello concettuale. La scelta di utilizzare come medium il collage, a mio avviso, richiama direttamente, e non a caso, l’atmosfera di forte inquietudine e incertezza dell’Europa centrale degli inizi del Novecento.
Come linguaggio il collage, nella sua forma autentica e originaria, risente del forte impulso di disarticolare e ricostruire in modo nuovo le fondamenta stesse del nostro essere nel mondo. Inoltre assume il vagito, la formalizzazione inarticolata e balbettante come possibilità altamente espressiva. La capacità di dissolvere e superare una cristallizzata visione, e il pensiero altrettanto statico che la sorregge, è alla base di questo linguaggio “rivoluzionario”.
Nei mesi in cui l’artista componeva e assemblava le sue opere il mondo esterno sembrava in procinto di scomparire, mostrando inequivocabilmente la sua fragilità e costringendo un po’ tutti a guardare allibiti questo amaro ma potenziale scenario. Alcuni attendevano fiduciosi, benché impauriti, che a questo processo di disgregazione seguitasse la riformulazione, la nascita di un mondo nuovo.
Probabilmente tale speranza è intessuta in filigrana in queste carte che sono in definitiva un tentativo di immaginare che il mondo, i suoi enti e contenuti possano senza soluzione di continuità morire e rinascere eternamente in una danza incomprensibile e misteriosa.
Formalmente i lavori in mostra sono composti da tutta una grammatica casalinga e domestica, ovvero i materiali di cui l’artista disponeva nel momento in cui ha creato. Semi di sesamo, carta combusta dal pane cotto nel forno, riviste ritagliate, lettere ricevute e mai spedite, fotografie tagliate col bisturi, foglie d’oro zecchino, impronte di unto, stesure di caffè, vino, tracce di colore, ecc.
Rappresentazioni atemporali dell’universo interiore, dove la processualità dell’atto o del rito quotidiano è evocato dal gesto che crea una forma sulla carta. L’insistita manualità, che contraddistingue le opere, va letta come forza propulsiva di spostarsi lontano da un presente troppo oscuro per risplendere. La casa, la stanza dove l’artista lavora, diventa allora una sorta di astronave che la conduce lontano da tutto ciò che è conosciuto e familiare.
L’ambito del domestico è oggi molto banalizzato perché ritenuto poco glamour, tuttavia fu proprio il più anticonformista dei poeti, Arthur Rimbaud (1854 Charleville-Mézières – 1891 Marsiglia) nel suo celebre “Una stagione all’inferno”, a sottolineare la fatalità di questa dimensione tutt’altro che innocua.
Un’ultima cosa può essere detta sulla piacevolezza stilistica di questi collage che vanno inquadrati non tanto in una visione estetica occidentale, dove la grazia formale è spesso sinonimo di leziosità e mancanza di contenuti, quanto piuttosto in un ambito orientale, dove il più abissale pensiero si cela nello splendore di una superficie decorata a foglia d’oro. Insomma lo sappiamo tutti che niente è quello che sembra.
Marcello Tedesco
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