Data / Ora
Date(s) - 20/06/2024 - 14/07/2024
6:30 pm
Luogo
Gallerie delle Prigioni
Categorie
Fondazione Imago Mundi aderisce alla campagna di comunicazione #WithRefugees promossa dall’Agenzia ONU per i Rifugiati (che ha dato il suo patrocinio alla mostra), volta a celebrare la forza, il coraggio e la resilienza di milioni di persone costrette a lasciare le proprie case in cerca di sicurezza e una vita migliore.
Grazie a 110 nuove opere – nel classico formato 10×12 cm di Imago Mundi Collection – realizzate da 102 artisti, l’esposizione “Out of Place. Arte e storie dai campi rifugiati nel mondo” (alle Gallerie delle Prigioni, Treviso, fino al 14 luglio 2024) completa ora la mappatura globale della situazione degli artisti rifugiati nel mondo.
Questa seconda fase della ricerca ha visto infatti l’esplorazione di luoghi e storie in America, in Africa, in Europa, soffermandosi su vicende e percorsi che ancora non erano stati indagati. La condizione di rifugiato si conferma come accidentale nella vita degli artisti, non ne esaurisce l’esperienza umana ma ne rappresenta invece solo uno dei molteplici aspetti. Con questa integrazione, nuove testimonianze si aggiungono a quelle già raccolte, in modo da offrire una rappresentazione ancora più corale della condizione dei rifugiati, in cui ogni singola voce trova il suo spazio di espressione.
Così, il visitatore viene condotto lungo i corridoi di migrazione dell’America centrale e meridionale, quelle vie che da Paesi come Guatemala, Honduras, El Salvador, Venezuela portano verso il Messico e da lì verso gli Stati Uniti. A caratterizzare il fenomeno migratorio in queste regioni sono le grandi carovane di persone che si muovono in gruppo nella speranza di non cadere vittime di violenze. Lo slide-show dell’artista Guillermo Arias cattura alcuni momenti di questa drammatica migrazione. La mostra presenta testimonianze di artisti attualmente ospitati in cinque centri di accoglienza temporanea in Messico e Colombia. Tra questi artisti, il guatemalteco Mario Antonio Rivas ha composto un breve diario della sua vita in formato 10x12cm e invita l’osservatore a sfogliarlo, per accompagnarlo nelle complicate tappe del viaggio che lo ha condotto in Messico; Yusneicy Mora aveva una galleria d’arte in Venezuela, ma ha dovuto lasciare il Paese per la grave crisi economica, e nella sua opera dipinge una donna che toglie la maschera della tristezza per far posto alla fioritura e alla rinascita.
La visita alla mostra continua in Africa, nel campo di Smara e in quelli ad esso adiacenti in Algeria, che accolgono rifugiati Saharawi e si trovano in una delle aree più inospitali del pianeta, l’hammada del Sahara occidentale, quel tipo di deserto composto da altipiani rocciosi e aridi. Nel campo di Smara, le case sono tende o dimore di fango costruite a mano. L’artista Menina Alkeihel, oggi settantenne, nell’essenziale ricamo che costituisce la sua opera ricorda le tende di peli di capra o di cammello della sua infanzia, e pensa che la tenda sia un elemento identitario per il popolo nomade dei Saharawi; Mina Mohamed e Minatu Lehbib celebrano invece una tradizione molto antica e radicata, quella della cerimonia del tè, rimasta nel tempo un rituale sociale che riunisce i membri della famiglia, li vincola ad essere presenti e a godere della reciproca compagnia. Dall’Algeria ci si sposta in Malawi, nel campo di Dzaleka, originariamente luogo di reclusione per detenuti politici che col tempo ha accolto rifugiati provenienti dalla regione dei Grandi Laghi. Qui la comunità artistica è molto vivace e si compone di pittori, ballerini, musicisti, poeti, artigiani, fotografi, stilisti e creatori di gioielli. Tra di loro, il giovane Joseph Ibila Kililo, scultore nato nel 1997 nella Repubblica Democratica del Congo; Florybert Aksanti Murhebwa ha invece lasciato la sua casa insieme alla madre e agli otto fratelli dopo l’uccisione del padre e nel campo ha potuto iniziare una nuova vita, diplomandosi in arte.
Il percorso espositivo si conclude con luoghi a noi geograficamente più vicini: l’Ucraina, dove, a seguito dello scoppio della guerra nel 2022, milioni di persone hanno dovuto lasciare le loro case e cercare protezione e rifugio ad ovest; tra loro, Bogdan Tomashevsky, la cui opera è composta di frammenti di materassini su cui gli sfollati sono costretti a dormire. Ogni materassino rappresenta una storia personale, sogni e speranze per il futuro; Olena Pronkina rappresenta l’esperienza di abbandonare la casa e di adattarsi a un ambiente nuovo e sconosciuto attraverso lo sguardo sperduto dei suoi personaggi, la loro apparente impotenza e la solitudine. Infine, la visita conduce lungo la rotta centrale del Mar Mediterraneo, che interessa Algeria, Egitto, Libia e Tunisia, e, oltre ad essere la più battuta, è anche la più pericolosa, con le traversate compiute su imbarcazioni di fortuna sovraccariche di persone che fuggono da guerre, povertà e disastri naturali causati dal cambiamento climatico. Uno di loro è Samb Djiby, artista senegalese giunto in Italia nel 2015, la cui opera raffigura una madre il cui sguardo rivela tutta l’instabilità della sua situazione e l’incertezza verso il futuro che aspetta lei e il suo bambino, caricato sulle spalle.
La mostra Out of Place. Arte e storie dai campi rifugiati nel mondo rimane aperta fino al 14 luglio 2024.
Out of Place. Arte e storie dai campi rifugiati nel mondo
a cura di Claudio Scorretti, Irina Ungureanu e Aman Mojadidi
Con la collaborazione di Mohamed Sleiman Labat (campi Saharawi), Timothy Wandulu (campo Nyabiheke, Rwanda), François Bangwe (campo di Dzaleka, Malawi), Guillermo Arias (America centrale e meridionale) Mohamed Keita (Rotta del Mediterraneo)
7 marzo – 14 luglio 2024
Gallerie delle Prigioni, Piazza del Duomo 20, Treviso
ingresso libero
venerdì: 15:30—18:30
sabato e domenica: 10—13 e 15:30—18:30
www.fondazioneimagomundi.org
NO COMMENT