Data / Ora
Date(s) - 15/12/2018 - 20/01/2019
6:00 pm - 8:15 pm
Luogo
Tomav - Torre di Moresco Centro Arti Visive
Categorie
Sabato 15 dicembre alle ore 18 si inaugura presso gli spazi del Tomav – Torre di Moresco Centro Arti Visive la personale dal titolo “Pure Graphite” dell’artista Riccardo Angelini. Riccardo Angelini (1980), diplomato all’Accademia di Belle Arti di Bologna, presenta con il titolo “Pure Graphite” una serie di opere realizzate site specific.
Oltre ad una ventina di lavori su carta, la mostra include una proiezione del videoartista Tibo Soyer.
Testo critico di Milena Becci
Progetto e organizzazione a cura di Andrea Giusti
La mostra sarà visitabile fino al 20 gennaio 2019 nei seguenti giorni: sabato e domenica ore 18 – 20
Pure Graphite. Le macchie impresse permangono
Via mistica, ovvero la contemplazione del mondo spirituale, e via razionale, la rappresentazione sintetica quindi dell’universo visibile, hanno da millenni ritratto un binomio dal quale è assai complicato prender le distanze. Scienza e religione son divenute due potenze separate che sublimano l’esistenza e creano differenze e varietà, verso una verità che non è mai per sua natura assoluta. Per la scienza tutto ciò che non viene passato al vaglio dell’osservazione empirica non rappresenta la realtà e questo non è di certo il pensiero che descrive il credo delle religioni. Ne L’Iniziazione, testo del 1904 che accoglie riuniti in un unico volume i saggi pubblicati da Rudolf Steiner, il Pensatore Veggente – così lo chiama Édouard Schuré – afferma che può succedere facilmente, per esempio, che taluno trovi che questa o quella notizia non si accordi con certi risultati scientifici dell’epoca presente; in realtà, non vi è nessun risultato scientifico in contraddizione con l’investigazione spirituale. In ogni uomo, secondo Steiner, esistono facoltà per accedere alla conoscenza dei mondi superiori e egli ne indica le modalità per avvicinarvisi. Un tentativo quindi di rendere tangibile e concreto questo processo di padronanza e consapevolezza di mondi altri che ogni uomo può raggiungere adoperandosi e sviluppando specifiche facoltà senza trascurare alcun dovere nella sua vita ordinaria. Il mondo dei sentimenti, dei pensieri e dei desideri è spesso inafferrabile e crea caos all’interno di ognuno, rimanendo in gran parte incosciente. L’irruzione dell’inconscio nella coscienza è talmente perturbatrice – perché poco adatta alla vita sociale – che la coscienza si ingegna a reprimere quelle manifestazioni verso le quali nutre un sentimento di vergogna […] scrive Aïvanhov; da qui la naturale riflessione su cosa, con grande forza, elimini totalmente questa vergogna e conduca spontaneamente ad una stretta connessione tra spirito e materia, ad uno sposalizio tra i due materialmente testimoniato, se non l’arte? A questi pensatori si lega il lavoro di Riccardo Angelini che ha approfondito la sua ricerca artistica attraverso un’indagine teorica che viene concretizzata nella forma. Dall’interno all’esterno, dalla sensazione alla realizzazione istintiva con l’uso della grafite fissata sul foglio. Ogni opera è un monotipo, è segno unico e irripetibile. Nella fase di produzione lo spazio è metaforicamente inserito nella rappresentazione segnica, influenza energetica di ciò che scaturisce dall’interno dell’Io. La grafite macchia il foglio con più forza in alcuni punti e con leggerezza ma caparbietà su altri, lontana da quella vergogna nata dai limiti sociali. Prevale il senso di libertà dell’artista che agisce con l’intenzione di trasportare lo spettatore in ascesa, all’interno di uno spazio che è più che idoneo a questo tipo di operazione. Nei quattro livelli della torre eptagonale di Moresco, infatti, si ascende dal tangibile all’immateriale, vivendo l’ambiente, raccolto in metratura ma sviluppato verso il cielo stellato. Il percorso spontaneo è la salita, con brevi soste ma senza fermata se non all’apice. Un grande disegno al primo piano, materico e pesante nel tratto, ricorda la forma del planisfero, del mondo empirico che è scienza ed entità fisica; salendo al secondo livello tutto poi si riduce, dalle dimensioni del foglio, al suo peso specifico, fino all’utilizzo minore della grafite e del carboncino. La materia si sta disgregando e trasformando per giungere alla terza altezza in cui tutto è ancora più ristretto e si modifica elevandosi, quasi eterea, fino ad arrivare all’ultimo stadio del viaggio in cui scompare e diviene protagonista la luce, colei che crea l’immagine: i disegni di Riccardo Angelini si mostrano alle pareti attraverso due videoproiettori muovendosi a trecentosessanta gradi, operazione realizzata grazie alla collaborazione con il videoartista Tibo Soyer.
Una sorta di automatismo, quello di Riccardo Angelini, che lo porta a rendere la materia campo di proiezione visiva in cui riconoscere forme ed entità che compaiono sul foglio e vivono espandendosi e fluttuando anche fuori dalla superficie della carta che non limita l’immaginazione. Un carattere quasi iniziatico ed alchemico che prende avvio da uno dei più importanti movimenti letterari ed artistici d’avanguardia nato a Parigi – città in cui l’artista vive e lavora – dopo la prima guerra mondiale, il Surrealismo. Nel 1925 Max Ernst scopre la tecnica del frottage, un metodo che esclude qualsiasi scelta mentale cosciente sovrapponendo il foglio di carta a corde, foglie d’albero, tessuti e tanto altro e sfregandovi poi la matita e il carboncino in modo che la carta, per la pressione esercitata, acquisisca lo schema irregolare sottostante. Pur con risultati diversi, Riccardo Angelini adopera la tecnica dello strofinamento che lo avvicina alle intenzioni principali del Surrealismo, automatismo psichico – così come viene definito nel Manifesto del 1924 di André Breton – libero da qualunque controllo di tipo morale, etico e culturale. Nascono così dalla mano di Angelini disegni totalmente spontanei che nel loro manifestarsi si avvicinano anche al lavoro di uno dei più grandi fotografi del Novecento, Mario Giacomelli, nato e vissuto nelle Marche – terra di origine di Angelini – e ai suoi lavori ricchi di contrasti esasperati in cui bianchi e neri sono portati agli estremi. Senza alcuna volontà di resa del paesaggio, Angelini trasla sul foglio gli eccessi del buio e della luce in una costruzione automatica e materica di un’interiorità lasciata libera di rapportarsi con una visione del mondo che è personale ed universale allo stesso tempo, che dal momento in cui fuoriesce si unisce con lo spazio circostante e contemporaneamente ne viene influenzata prima dello svolgersi dell’azione segnica. La materia diviene così il mezzo, e non il fine, per svincolarsi dalla ragione e le macchie impresse permangono all’infinito.
Milena Becci
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